Putin in Medio Oriente…come da tradizione…

Putin in Medio Oriente…come da tradizione…

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Dunque Zar Putin è riuscito in una impresa geopolitica di valenza globale accordandosi, o meglio, imponendo al Sultano Erdogan la sua mediazione sulla tregua di una guerra che poteva deflagrare coinvolgendo tutto quel settore strategico, già fortemente indebolito dalla presenza di DAESH, non ancora totalmente vinto.

Bashar Al Asad rimane saldamente al potere ma con l’aiuto di Mosca, che lo protegge dal suo nemico turco. E come di tradizione, i curdi soccombono perché non vi è mai stato l’interesse internazionale a costituirne uno stato indipendente, mantenendoli divisi fra Siria, Iran, Iraq e Turchia, perché il loro territorio ha grandi giacimenti di petrolio e quindi…

Sembra strano ma tutto quel che sta accadendo origina proprio dalla fine della prima guerra mondiale, quando fu decisa la spartizione dell’Impero Ottomano, tra il 1919 e il 1923. Ricordiamo che nel novembre 1915, Sir Mark Sykes inglese e George Picot, francese, si incontravano per un accordo fra Francia e Gran Bretagna per la futura sistemazione di territori ancora parte dell’Impero Ottomano; zone che appartengono ora alla Giordania, all’Iraq, alla Siria e alla Turchia.

Finita la guerra, per regolare l’occupazione anglo-francese nel Levante e una pragmatica  influenza sui territori, tra le due potenze europee venne firmato a Londra il 15 settembre 1919 un primo accordo, in base al quale fu decisa la divisione della Siria in tre zone: una est (cioè la Siria interna con le città di Damasco, Homs, Hama e Aleppo), sotto amministrazione araba; una zona ovest (tutto il litorale siriano da San  Giovanni d’Acri a Iskenderun) e una zona nord (la Cilicia) sotto occupazione militare francese; e infine una zona sud, la Palestina sotto occupazione inglese. Questa divisione corrispondeva perfettamente alla spartizione in zone d’influenza e d’interesse tra le due potenze sui territori considerati ‘non turchi’, cioè arabi, ancora sotto il Sultano di Costantinopoli, concordata proprio con gli accordi Sykes-Picot del 1915, anche se in seguito non furono del tutto implementati.

Dal 1920 al 1946, quando ottenne l’indipendenza, la Siria fu un Mandato francese: forma coloniale politico-amministrativa prevista dalla Società delle Nazioni, per territori non pienamente sovrani.

L’Iraq, che ricadeva sotto la sfera d’influenza britannica, divenne indipendente formalmente nel 1932, dopo essere stato sottoposto a Mandato inglese dal 1920.

Dunque sono quasi cento anni che Francia e Gran Bretagna (alla quale si sono aggiunti, dopo il 1945, gli Stati Uniti che hanno affiancato e sostituito la presenza inglese nell’area) hanno i loro interessi politici e strategici nel Levante: il petrolio è ovviamente una delle ragioni portanti, insieme al gas naturale, di cui si scoprono sempre più giacimenti sulle coste mediterranee, come in Libano o al largo dell’Egitto. A questo si sono aggiunte ulteriori motivazioni degli ultimi decenni, dopo la vittoria in Iran degli sciiti, religiosi che per la prima volta nella storia hanno preso il potere politico in uno stato.

Recentemente si è aggiunta la Russia di Putin che persegue la stessa espansione di Pietro il Grande, Caterina di Russia…di tutti i Romanoff e …dell’Impero sovietico: le spinte geopolitiche sono sempre le stesse e per Mosca è quella di arrivare nel Mediterraneo.

Insomma, analizzando, la storia è sempre quella e al posto del ‘Concerto delle Grandi Potenze’ (cioè gli accordi di spartizione del potere mondiale sugli altri stati) che regolava la vita del mondo fino alla fine della Prima Guerra mondiale e fra le due Guerre, ora un ‘Concerto’ viene fatto, non sempre, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha per Statuto la responsabilità del mantenimento  della pace e della sicurezza internazionale, dove le Potenze che siedono in modo permanente sono quelle di prima (Francia, Gran Bretagna, Russia) insieme agli Stati Uniti e la Cina. Ognuna di esse può mettere un veto che pesa molto sulle decisioni generali, come sta accadendo anche ora per la questione siriana e autorizzare interventi che nel passato hanno avuto esiti forse non proprio positivi, per non dire chiaramente che furono molto negativi in quanto procurarono destabilizzazioni permanenti affatto contrarie a atmosfere di pace.

In questi giorni stiamo assistendo a quello che molti giudicano alternativamente una debolezza USA (‘America’s first’) o la sua forza ‘democratica’, una forza e un ritorno a seconda potenza del mondo della Russia di Zar Putin, una quasi sconfitta di DAESH. È l’ennesimo capitolo di una storia di potere e d’influenza che caratterizza l’epoca moderna e contemporanea; l’indubbia riapertura di problemi territoriali che si ritenne fossero stati risolti dopo la prima e la seconda guerra mondiale ma i nodi arrivano sempre al pettine. È una guerra ’per delega’ (proxy-war) in un ‘gioco’ geostrategico che non riguarda direttamente la Siria se non per le distruzioni e i morti.

Si può dire che Putin stia usando il territorio siriano per testare la propria forza nel Medio Oriente, nello stesso tempo sostenendo al Asad. L’Iran, attraverso hezb’allah, aumenta considerevolmente la propria influenza e controllo sul Medio Oriente, in particolare in Libano e in Siria, oltre a Yemen e Iraq

Il conflitto tra la Turchia e il YPG, (People’s Protection Units) al nord della Siria dopo il forte indebolimento dello Stato cosiddetto islamico si è riacceso con Ankara sempre più vicina alla Russia anche nell’acquisto delle armi…

La Turchia, al momento delle ‘primavere arabe’, era la stella nascente del Medio Oriente.

Erdogan, nonostante il suo autoritarismo interno, aveva portato la Turchia a un notevole livello internazionale. La sua politica estera era: nessun problema con i paesi confinanti. Agiva spesso come mediatore in conflitti inestricabili nell’area, soprattutto nel conflitto Siria-Israele.

Stava discutendo con un certo margine di successo la sua entrata nell’EU, trattative seguite con interesse da parte di tutto il Medio Oriente; trattative poi abortite nonostante i miliardi concessi da EU per evitare il flusso di profughi verso l’Europa balcanica.

In quel periodo cercava anche di applicare una integrazione economica di stile europeo: libero movimento di merci e persone dalla città di Kars (Turchia orientale) all’Atlantico e da Sinop (Mar Nero) alle coste del Golfo di Aden. Il cinema turco, di buon livello, aveva largamente diffuso nel mondo mediorientale l’idea turca di cultura e convivenza…ancora laica.

La Turchia, dalla doppia anima, europea e levantina cerca ancora un certo equilibrio interno.

La presidenza Erdogan ha spostato l’asse della propria politica estera in modo pragmatico, mettendo la laicità dello Stato in pericolo.

I Curdi sono di religione musulmana sunnita e l’origine della loro lingua è persiana. Nel XVI secolo sono divenuti parte dell’Impero Ottomano.

L’inizio del problema kurdo risale 1922/25: furono divisi fra quattro Stati, Turchia, Iraq, Iran, Siria di cui erano un terzo della popolazione all’epoca. Negli Anni 80 i Kurdi turchi hanno iniziato una loro battaglia con armi  definite ‘terroriste’ per ottenere una indipendenza

Ankara non è intenzionata a lasciare la questione curda nelle mani dei governi vicini: continua a rivendicare “il diritto alla sicurezza nazionale”, giustificazione utile anche a estendere la propria influenza sul futuro siriano, non attraverso, almeno attualmente, un’improbabile annessione di Idlib e Afrin, ma con il consolidamento di un blocco sunnita nelle due regioni.

Ankara non può ammettere ai confini l’insorgenza di una regione indipendente curda siriana, che appoggia il PKK, ritenuto ‘ terrorista’ della regione kurda turco-siriana.

Nel 2015 la Russia aveva già come obiettivo dichiarato, ma mai primo obiettivo, la sconfitta di DAESH e per questo è intervenuta in Siria. Putin ha sempre inteso assicurare il futuro di Bashar Al Asad, che con l’appoggio russo ha ripreso una parte di territorio prima sfuggito ai ribelli appoggiati dagli USA.

E’ indubbio che il successo di Putin consiste nell’aver minato gli interessi americani in Medio Oriente, stabilendo la Russia come il maggior potere influente nella regione strategica.

Ha sfidato USA con una presenza relativamente a ‘basso costo’, eliminando il timore di un cambiamento di regime a breve… Putin aveva già precedentemente  chiamato Erdogan per discutere sulla offensiva contro le milizie kurde appoggiate dagli USA nel nord della Siria.

Trump solleva vittorioso le sanzioni contro la Turchia ma chi ha vinto è Vladimir Putin, al momento l’unico statista di spessore internazionale, con buona pace di POTUS.

Sui Rojava v. anche

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