Riflessioni sui possibili parellelismi tra religioni

Riflessioni sui possibili parellelismi tra religioni

Federico II

Federico II

In occasione delle prossime Festività piace a OA pubblicare qualcosa di diverso dalle solite analisi geopolitiche: anche se le riflessioni (di qualcuno che ha vissuto a lungo in Medio Oriente), che seguono possono essere un percorso particolare per comprendere attuali vicende…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

  1. Riflessioni sui possibili parellelismi tra religioni

Dante apparteneva ai Fedeli d’Amore che “costituivano una milizia segreta e spirituale che aveva come scopo il culto della Donna Unica e l’iniziazione nel mistero dell’amore”. Tale donna, simbolo di gnosi, è Beatrice (che è quindi la filosofia nel senso lato) che significativamente appare a Dante con i colori rosso e bianco dei Templari e guida Dante verso la conoscenza, in un percorso che si sostanzia nella conoscenza di sé, nel cammino del guerriero che si confronta con le proprie tenebre per ascendere agli stati superiori del proprio essere (come la Jihad islamica, che non è assolutamente solo la ‘guerra agli infedeli’).

In sostanza, il cammino prospettato nella Commedia è un viaggio interiore verso la Luce, il viaggio dell’eroe o del guerriero, come gli antichi miti designano e Dante lo dice espressamente allorché dichiara: …e io sol uno m’apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e dì della pietade(Inf. II; 3 – 5): E’ il viaggio solitario (e iosol uno) in cui si affronta se stessi, in una guerra dove si combatte con la consapevolezza, prendendo atto di ciò che si agita nella profondità dell’anima, da scandagliare conficcando la spada senza indugiare.

Nel Purgatorio (canto XXVII) Dante si ricorda di avere assistito al supplizio di Jacques de Molay e di Geoffroy de Charnay sul patibolo il 18 marzo 1314, a Parigi: In su le man commesse mi protesi guardando il foco e immaginando forti umani corpi già veduti accesi… Questi due alti dignitari dell’Ordine del Tempio, arrestati su ordine del re Filippo il Bello, furono ingiustamente accusati d’eresia dall’Inquisizione del Papa Clemente V. Al pari dei Templari, che in questo Papa videro l’Anticristo, Dante gli assegna un posto nel suo Inferno (canto XIX): ché dopo di lui verrà di più laida opra, di ver’ ponente, un pastor sanza legge, . Nuovo Iasòn sarà, di cui si legge ne’ Maccabei; e come a quel fu mollo suo re, così fia lui chi Francia regge….

Ricordando il passaggio biblico del secondo libro dei Maccabei (4:7 – 9), nel quale è spiegato in che modo Giasone usurpò il pontificato, versando una grossa somma di denaro al re Antioco, Dante allude chiaramente alla maniera in cui Clemente V pervenne al papato, firmando un patto simoniaco con il re di Francia Filippo il Bello; re che compara dinanzi a Pilato nel Purgatorio (canto XX): …Veggio il novo Pilato sì crudele, che ciò non sazia, ma senza decreto portar nel Tempio le cupide vele…

        2. Uniti nella gnosi.

Disseminando le loro opere con simboli esoterici, Dante e i Fedeli d’Amore non fanno altro che richiamare la loro affiliazione allo spirito cavalleresco dell’Ordine del Tempio, che aveva posto la sua soluzione sotto il segno dell’esoterismo, che gli avrebbe consentito d’instaurare relazioni pacifiche con i musulmani.

I Templari furono accusati di essere conoscitori di Alchimia, di avere una regola segreta (…la tengono segreta, non la rivelano ai giovani…dal Registro Avignonese 48, deposizione n. XLV), di praticare riti eretici, tutti aspetti che denotano un livello esoterico dell’Ordine, quello che praticava la via interiore del guerriero.

Nel 1318, Dante termina la Divina Commedia, nella quale allude ripetutamente ai Templari, al loro martirio e alla loro resurrezione. Ad esempio, nel Paradiso (canto XXX), Beatrice, nell’empireo, è contornata e protetta dal convento de le bianche stole, che non sono altro che i cavalieri del Tempio, riconoscibili per i loro favolosi mantelli bianchi contraddistinti da un croce patente rossa sulla spalla.

Sempre negli ultimi Cieli del Paradiso, se Dante sceglie San Bernardo come guida (canto XXXII), è a causa degli stretti rapporti tra l’abate di Clairvaux con l’Ordine del Tempio; in effetti, nel 1128, circa 10 anni dalla fondazione, questo Ordine ricevette la sua regola dal Concilio di Troyes, e fu proprio Bernardo che, in qualità di segretario del Concilio, ebbe l’incarico di redigerla (completandola definitivamente solo nel 1131).

In seguito, Bernardo commentò questa regola nel trattato  De laude novae militae, nel quale espose con una magnifica eloquenza i termini della missione e dell’ideale di una cavalleria cristiana, definita “milizia di Dio”.

Ritroviamo spesso questi termini negli scritti dei Fedeli d’Amore, di cui Dante era un membro eminente.

Nel museo di Vienna è esposta una medaglia con l’effige di Dante, realizzata da Pisanello, il pittore delle sette virtù. Le medaglie di questo grande artista dovevano assicurare l’immortalità della persona rappresentata; la raffinatezza del ritratto sul diritto esprimeva l’individualità e il carattere del personaggio, mentre l’allegoria sul rovescio ne completa la descrizione morale mediante una rappresentazione emblematica.

Sul rovescio della medaglia che rappresenta Dante è possibile leggere una strana sequenza di lettere: “F.S.K.I.P.F.T.”. alcuni pensano che queste iniziali possano riferirsi alle sette virtù care a Pisanello: Fides, Spes, Charitas, Justitia , Prudentia, Fortitudo, Temperantia, malgrado l’anomalia tipografica relativa alla lettera “K” (l’ortografia di Charitasnon può essere Karitasin latino); infatti, secondo Renè Guènon, queste lettere significano “Fidei Sanctae Kadosh Imperialis Principatus Frater Templarius”.

Disseminando le loro opere con simbolo esoterici, Dante e i Fedeli d’Amore non fanno altro che richiamare la loro affiliazione allo spirito cavalleresco dell’Ordine del Tempio, che gli avrebbe consentito d’instaurare relazioni pacifiche con i musulmani;

dei Fedeli d’Amore, di cui era membro anche Federico II di Hohenstaufen e della fondata ipotesi che Dante avesse rivestito un ruolo importante nell’Ordine del Tempio.

Fatta questa premessa, a prescindere se Dante fosse stato o meno membro dell’Ordine del Tempio, attraverso la sua opera maggiore, cioè la Divina Commedia, vediamo come il poeta metta in risalto la Filosofia (Beatrice), facendola proteggere idealmente da entità pure (le bianche stole, come s’è visto potrebbero rappresentare quella frangia esoterica dei Cavalieri del Tempio, o, addirittura, i Catari).

Ciò induce a citare il Sacro Corano nella Sura 56, quando dice:

  1. Sì, lo giuro per l’occaso degli astri
  2. e questo è giuramento solenne (se lo sapeste)
  3. che questo è in verità un Corano nobilissimo
  4. (contenuto) in un libro custodito (1)
  5. che solo i puri toccano (2)
  6. E’ una rivelazione del Signore dei mondi
  7. 81. Di questo discorso vorreste sospettare?

Note 1 e 2

“il Libro Custodito” o la “Madre del Libro”, a seconda delle versioni, sarebbe l’archetipo del Sacro Corano, l’Essenza Rivelazione stessa;

“i puri, secondo la tradizione islamica classica, sarebbero gli angeli ma in chiave esoterica si sa che i “puri” sono gli iniziati, in questo caso i Sufi, i quali attraverso il Dihkr(‘atto devozionale inerente alla pratica del ricordo di Allah mediante la ripetizione di una dataformula in maniera silente o udibile’: v. Wikipedia), arrivano al Barzakh  (periodo tra la morte di una persona e il Giorno della Resurrezione v. Wikipedia),  e quando possono accedere alla “Madre del Libro”.

D’altronde, relegare il ruolo dei “puri” ai soli angeli renderebbe impossibile all’essere umano, che dovrebbe essere reso consapevole degli insegnamenti divini, interloquire con entità spirituali senza neanche avere effettivo accesso al “Libro Custodito”.

Alla luce di quanto esposto appare ovvio che si tratta di un voler sottolineare a un numero ristretto di persone, che la gnosi, cioè la conoscenza (che è la Filosofia in senso lato), va difesa e protetta: ecco perché la “Madre del Libro” è ben custodita e solo i puri la possono toccare, così come Beatrice è protetta dalleBianche Stole

  1. Riflessione conclusiva.

Concludo con una citazione Dantesca:

O voi che avete gl’intelletti sani Mirate la dottrina che s’asconde Sotto il velame delli versi strani (inf. IX, 61, 61a 63)

E’ agli iniziati che Dante si rivolge, a chi ha gli intelletti sani, e è in grado di comprendere e sollevare il velo dei Misteri. Nel Convivio (Conv. Tratt. II, cap. 1,2) il sommo poeta fornisce l’interpretazione autentica dell’allegoria: il velo… è una veritade ascosa sotto bella menzogna, quindi, tutto ciò che appare non è, mentre il senso anagogico è il sovrasenso… de le superne cose de l’eterna gloria (Conv. Tratt.1, cap.1, 6).

Il viaggio di Dante inizia all’Equinozio di Primavera, il momento dell’equilibrio tra il principio maschile e il principio femminile, fra il giorno e la notte, il momento magico quando si apre una porta, quando avviene una morte e una rinascita: non a caso all’Equinozio di Primavera tutte le tradizioni parlano di un Dio che muore e rinasce, come la natura che si ridesta dal sonno invernale.

Ed è agli Iniziati che i versetti Coranici si riferiscono….

Ciò non vuol dire assolutamente che le religioni siano solo appannaggio per gli iniziati. Ovviamente, trattandosi di insegnamenti tratti da testi ottenuti per vie non convenzionali, esiste chiaramente una chiave superiore di lettura a cui non tutti hanno accesso, ecco perché il profeta Muhammad raccomandava: “parla al tuo prossimo in base alle sue conoscenze e ai suoi limiti”.

Una grande verità.

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