E’ un problema lontano dalle nostre menti ma esiste…e rientra nel quadro delle migrazioni obbligate con forza e uccisioni. Ci sarà mai giustizia per questa popolazione?
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
Il giorno 18 del mese trascorso la procuratrice generale della Corte Penale Internazionale dell’Aja (Tpi) comunica l’esame preliminare – iniziato sin dalla fine dell’anno 2017, su “presunti atti coercitivi che hanno provocato lo spostamento forzato del popolo Rohingya in Bangladesh dopo aver inferto privazione dei diritti fondamentali, uccisioni, violenze sessuali, sparizioni forzate, distruzione e saccheggi, persecuzione”.
Poiché il Myanmar non è uno Stato membro del Tpi ha rifiutato alla Corte le visite nel Paese per verificare le accuse.
La procuratrice ha precisato che “ne è membro però il Bangladesh per cui i giudici possono procedere perché questo Stato è parte in Causa e l’ufficio del procuratore “si impegnerà con le autorità nazionali interessate per discutere eventuali indagini e azioni giudiziarie pertinenti a livello nazionale”.
Nello stesso tempo, la premier del Bangladesh, Sheik Hasina, rende noto che Dacca presenterà una proposta di piano d’azione in cinque punti sulla questione Rohingya durante la 73°Assemblea generale ONU.
Se le cose andranno avanti e si aprisse un’inchiesta, i generali birmani – che un rapporto ONU ha chiesto che siano indagati per genocidio – si rifiuterebbero di andare a deporre con il rischio di essere arrestati.
Ma chi è condannato dal Tpi sa che l’eventuale mandato internazionale di arresto è eseguibile a qualsiasi frontiera e in qualsiasi territorio dei 123 Stati membri.
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