Crisi del Golfo: l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Oman un anno dopo.

Crisi del Golfo: l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Oman un anno dopo.

A Muscat (©firuzeh)

A Muscat (©firuzeh)

Un interessante articolo su Qatar, Arabia Saudita, Oman: poco si scrive sulle pagine dei giornali italiani di questi Stati e della politica del Consiglio di Cooperazione del Golfo che li raduna. Sono Stati ricchi e influiscono sulla stabilità regionale e mediorientale. Hanno anche loro problemi economici, nonostante la loro ricchezza!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Un anno fa abbiamo scritto, in un articolo dedicato alla crisi diplomatica sorta tra il Qatar da una parte, e l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, il Bahrein e lo Yemen dall’altra, che lo scombussolamento di un equilibrio già precario nella regione mediorientale avrebbe potuto, alla lunga, rivelarsi un boomerangper l’Arabia Saudita, promotrice dell’embargo contro il Qatar, piuttosto che per il Qatar stesso.

In realtà, e in punta di diritto internazionale, il Qatar non ha subito un vero e proprio embargo, bensì un blocco, giacché quando si parla di embargo si fa riferimento alla condizione in cui niente e nessuno può attraversare determinati confini, mentre la possibilità di andare in Qatar e poi da lì in Arabia Saudita è sempre sussistita.

Nello stesso articolo avevamo aggiunto che, nel caso in cui gli inviti a stemperare la tensione non avessero sortito effetto, non si escludeva a priori la possibilità che il Qatar si tramutasse in un’incognita su scala globale.

Prima di trarne un bilancio dopo un anno, è utile ricostruire le tappe più importanti.

Il 5 giugno 2017 l’Arabia Saudita, unitamente agli Emirati Arabi Uniti, all’Egitto, al Bahrein e allo Yemen, annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche e l’imposizione di sanzioni al Qatar.

Il tutto nasce per le accuse mosse al piccolo Emirato di finanziare i gruppi estremisti nei paesi confinanti, soprattutto nello Yemen, e di sostenere delle azioni terroristiche per fomentare il caosin tutta la regione mediorientale.

In particolare, al Qatar è rimproverato l’appoggio al gruppo palestinese Hamas, attivo dal 1987 con la prima Intifada contro Israele, in un crescendo di violenza e aggressività, peraltro ancora presente. Senza dimenticare il finanziamento ai Fratelli Musulmani, prima e dopo l’avvento di Moursiin Egitto.

Va da sé che Israele prontamente s’è schierato con l’Arabia Saudita, portando in dote altri paesi contro il Qatar tra cui la Mauritania, il Senegal, la Libia, Gibuti e, con una diversa gradazione, anche la Giordania.

Il Qatar, in parallelo con l’avvento al trono nel 1995 dell’Emiro Hamad bin Khalifa al Thani, inpochi decenni è riuscito a incrementare la propria autorevolezza internazionale.

In mezzo secolo da Paese povero, arretrato e prevalentemente agricolo, si è trasformato in uno Stato ricco e moderno potendo contare sui giacimenti di petrolio e di gas.

Un Paese diventato abile ad alternare e dosare la politica del cash power, del danaro, con quella del soft power, del gioco della contrattazione e della mediazione politica.

La volontà del Qatar di ritagliarsi un ruolo di mediatore in Medio Oriente è sempre stata chiara, approfittando della forzata assenza delle ex potenze regionali Egitto e Siria, con l’obiettivo – parzialmente raggiunto – di ottenere una capacità di manovra e un’autorevolezza internazionale superiori al suo reale peso storico e politico.

In qualche modo il Qatar ha anche beneficiato della crisi economica mondiale, investendo moltissimo all’estero, soprattutto in Europa.

Il risultato è una serie di relazioni privilegiate con gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna, la Francia ed anche l’Italia.

I rapporti con i paesi vicini sono sempre stati complicati, evidenziando il desiderio del Qatar di crearsi un’autonomia operativa.

Si ricorda che le dispute territoriali e confinarie con il Bahrein e con l’Arabia Saudita si sono sedate solo all’inizio degli anni duemila, dopo lunghi anni di controversie e litigi. La ricerca di un proprio autonomo ruolo strategico è il frutto di un’inadeguata sinergia con le altre monarchie del Golfo, tutte produttrici di petrolio, in particolare con l’Arabia Saudita riluttante nel realizzare degli oleodotti e dei gasdotti in comune. Una presenza, quella Saudita, poco collaborativa e scomoda per una serie di azioni in politica estera alquanto improvvide.

Per cercare di limitare l’isolamento regionale, il Qatar si è riavvicinato all’Iran, dopo due anni di “gelo” diplomatico, che oggi gli garantisce la fornitura di alcune risorse soggette al blocco. Una successiva espansione delle relazioni tra il Qatar e l’Iran è però condizionata dal “veto” americano, che non fa mistero di voler marginalizzare tutti coloro che trattano con Teheran.

Non manca, invece, e sin dalla prima ora, il sostegno della Turchia, anch’essa finanziatrice al pari del Qatar dei Fratelli Musulmani. Di certo tra i due Paesi non difettano le convergenze non solo dal punto di vista economico, ma anche strategico – militare.

Qualche mese fa, sempre nell’ottica di marginalizzare l’isolamento, il Qatar ha firmato un Memorandum d’Intesacon l’Oman per lo sviluppo d’investimenti e di scambi commerciali. L’Oman ha concesso l’utilizzo dei suoi porti per l’exportenergetico del Qatar; per contro Doha si è impegnata a investire nel settore delle infrastrutture omanite.

L’avvicinamento del Qatar all’Oman ha modificato l’assetto all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo, sempre più diviso in due blocchi contrapposti: da una parte il Qatar e dall’altra l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, con il Kuwait e soprattutto l’Oman non più neutrali ma spostati verso le posizioni catarine.

Si ricorda che il Sultano omanita Qaboos bin Said el Saidè sempre riuscito a svincolarsi dal controllo da parte dei sunniti dell’Arabia Saudita (l’Oman e un Paese musulmano ma non sciita, tanto meno sunnita, bensì ibadita) e, nel contempo, è stato abile a stabilire buoni rapporti prima con lo Shah e successivamente con gli Ayatollah.

L’Oman, tra tutti i paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, è l’unico a interagire apertamente con l’Iran, senza far arrabbiare l’Arabia Saudita e aggraziandosi gli Stati Uniti d’America.

Alla luce degli accadimenti succedutisi da giugno 2017 a oggi, possiamo affermare che il Qatar non rappresenta un problema a livello geostrategico per la Comunità Internazionale e che la contesa diplomatica non s’è trasformata in un vero e proprio boomerangai danni dell’Arabia Saudita e degli altri paesi, anche se non ne escono rafforzati nell’immagine.

Resta il fatto che il boicottaggio ha avuto ed ha delle conseguenze forse inferiori alle attese giacché l’Emiro al Thaninon è stato costretto ad alcun passo indietro, potendo contare sulla solidarietà e sulla neutralità di molti stati.

Il Qatar ha comunque pagato un conto salato sia a livello politico, sia economico, basti pensare ai cinque milioni e più di passeggeri della sola Arabia Saudita persi dalla Qatar Airways dall’inizio del blocco, al volume delle esportazioni in calo e alla difficoltà di far fronte ai faraonici investimenti pianificati per l’organizzazione della prossima edizione dei mondiali di calcio del 2022.

Quello che è stato per lungo tempo considerato il Paese più ricco del mondo oggi si trova ad affrontare i prodromi del combinato disposto degli strascichi della crisi economica e di quella politico-diplomatica.

Un Paese in sofferenza (con le Agenzie di Rating S&P’Se Fitchche hanno declassato il rating ad AA-, mentre Moody’s l’ha classificato Aa3), ma non al collasso.

Infatti, nel recente World Economic Outlookpubblicato dal Fondo MonetarioInternazionale, che classifica i paesi in base al loro Pil procapite basato sulla parità di potere d’acquisto, per il 2018 al primo posto, si è posizionato proprio il Qatar, peraltro sempre collocato nelle posizioni di testa dal 1980, anno della prima rilevazione.

Il boicottaggio ha dunque scalfito la disponibilità economica del Qatar ed ha ridotto la sua ingerenza negli affari interni di Arabia Saudita, Emirati, Egitto, Bahrein e Yemen.

Scalfita ma non compromessa la capacità economica, ridotta ma non eliminata l’influenza politica di un Qatar che continua “tranquillamente” a perseguire i propri obiettivi strategici ed economici.

Resta ancora da decifrare quanto è realmente vicina una fase di consolidamento delle nuove posizioni geopolitiche e quanto, invece, il quadro geopolitico attuale sia solo una tappa transitoria destinata ancora a mutare.

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Lo Sceicco del Qatar con il Presidente Mattarella

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