Evoluzione della politica in Medio Oriente e la storica visita del principe William in Israele e Palestina. Molto significativa per la Corona britannica e per la sua politica mediorientale.
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
1. Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Giordania, contro i palestinesi.
Il 26 corrente Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Giordania confermano al consigliere statunitense per il Medio Oriente Kushner l’appoggio del cosiddetto ”accordo del secolo”, con o senza i palestinesi, su cui sta lavorando l’amministrazione Trump.
Secondo il quotidiano filo governativo ISRAEL HAYOM, che riporta il giorno prima un’intervista a funzionari dell’Arabia Saudita, i quattro Stati hanno garantito al genero di Trump, nonché suo consigliere, Jared Kushner, il sostegno al piano statunitense. In questi giorni Kushner, insieme a Jason Greenblatt, inviato USA nella regione, è impegnato in un tour mediorientale che ha toccato tutti i paesi sopracitati, oltre a Qatar e Israele. Non si è recato però in visita a Ramallah, al palazzo presidenziale, per incontrare il presidente dell’autorità nazionale palestinese Mahmud Abbass dopo il rifiuto di quest’ultimo legato al riconoscimento unilaterale da parte USA di Gerusalemme come capitale d’Israele, compiuto lo scorso 6 dicembre.
Una rottura visibile anche nelle aperte critiche mosse da Kushner alla leadership palestinese, durante un’intervista rilasciata la scorsa domenica al quotidiano Al Quds (pare su consiglio dei leader arabi): …il presidente Abbass dice di essere impegnato per la pace e non ho ragione di non credergli – avrebbe detto Kushner -, tuttavia mi chiedo quanto Abbass abbia la capacità o la volontà di arrivare un accordo. Ha argomenti che non sono cambiati negli ultimi 25 anni e nessun accordo di pace è stato siglato in questo periodo di tempo… per fare un accordo entrambe le parti devono compiere un avanzamento e incontrarsi. Non sono certo che il presidente Abbass sia in grado di farlo.
… i responsabili dello stallo sono i palestinesi, a cui si chiedono compromessi che Israele al contrario non è disposto (e non lo hai mai stato minimamente) a compiere…Gli argomenti che Kushner addebita a Ramallah e a Tel Aviv diventano quelle ”clausole” che nessun governo israeliano ha mai deciso di togliere dal tavolo a favore della pace: lo status di Gerusalemme, il diritto al ritorno dei profughi, il controllo dei confini, lo smantellamento delle colonie.
Al genero di Trump risponde a stretto giro Saeeb Erekat, Capo negoziatore palestinese, che ribadisce la posizione assunta negli ultimi mesi: gli Stati Uniti non sono più considerabili mediatori del (presunto) processo di una pace…l’intervista del genero del presidente statunitense chiarifica una volta di più che l’amministrazione degli Stati Uniti si è mossa dal piano del negoziato a quello delle imposizioni. Sono determinati a imporre una soluzione, ha detto Erekat.
Insomma, il problema ricade sui palestinesi, schiacciati da una leadership incapace e una comunità internazionale appiattita sulle posizioni israeliane, da cui l’interesse, palese da tempo, di alcuni regimi arabi a normalizzare definitivamente i rapporti con lo Stato ebraico, a spese di diritti riconosciuti da numerose risoluzioni delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza.
Significative sono le dichiarazioni del funzionario giordano raccolte da ISRAEL HAYOM: … I paesi arabi non saranno quelli che lanceranno una chiave inglese tra le ruote del processo di pace e questo continuo rifiuto di Abbass di lavorare con gli americani porterà un piano di pace regionale senza di lui…
Ovvia è la pressione sulla testa della leadership palestinese, costretta a scegliere tra un isolamento ancora peggiore dell’attuale di un piano di pace che non serve in alcun modo gli interessi e i diritti di autodeterminazione del popolo palestinese, ma i Paesi arabi e gli Stati Uniti dimenticano proprio questo elemento: il popolo palestinese che non accetterà mai un’ulteriore sconfitta, un falso compromesso che nasconde la resa.
Intanto il 26 corrente è arrivato a Gerusalemme il principe William nella prima visita ufficiale di un membro della casata Windsor tra Israele e territori occupati. L’altro ieri è iniziato il suo tour, affatto scontato, per un discendente di coloro che avallarono con la dichiarazione Balfour e poi permisero, armi in pugno, al movimento sionista di fondare uno Stato ebraico in terra palestinese, tanto da far storcere la bocca ai vertici israeliani: oltre a Gerusalemme, al premier Netanyahu, il Principe visiterà Ramallah e incontrerà la leadership palestinese.
Nella città santa visiterà il museo dell’Olocausto, la Città Vecchia e il Monte degli Ulivi a Gerusalemme est; alloggerà al King David Hotel, usato negli anni del mandato britannico come quartiere generale dell’autorità di Londra e teatro nel 1946 di un attentato terroristico da parte delle milizie paramilitari sioniste, che uccise oltre 90 persone.
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