I TENTATIVI ISRAELIANI DI UCCIDERE ARAFAT. 2

I TENTATIVI ISRAELIANI DI UCCIDERE ARAFAT. 2

secona-venuta-cristo-4-sharon

Continua la storia dei tentativi di uccidere Arafat che si salvò da quei tentativi per buona sorte e…altro!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

  1. I tentativi di Sharon di eliminare Arafat.

Il 3 luglio 1982, Ury Avnery, giornalista di una testata israeliana di sinistra, con un reporter e un fotografo, attraversa il confine ed entra a Beirut per intervistare Arafat nel centro della città. L’incontro era molto controverso in Israele. Arafat era considerato il peggiore nemico del Paese e questo era il suo primo incontro ufficiale con gli israeliani. Il caso provoca una discussione fra i membri di Salt Fish(una squadra speciale  contro terroristi), sul se fosse giusto mettere in pericolo, e probabilmente uccidere, dei cittadini israeliani. La risposta fu che era giusto.

Dal suo canto, Arafat sospettava che il Mossad stesse tenendo d’occhio Avnery. Le sue guardie del corpo adottano allora severe contromisure per confonderli e la squadra Salt Fishviene seminata nei vicoli di Beirut Sud.

Con il trascorrere dei giorni, Sharon e Raful Eitan (il generale dell’IDF) aumentano la pressione sull’aviazione e sulla squadra Salt Fishper arrivare ad Arafat. “Ci sembrava che fosse una questione personale per Sharon ma c’è il rischio di colpire civili dice Ivry. Uzy Dayan aveva le sue stesse perplessità: ”Arafat si è salvato grazie a due cose: la sua sconfinata buona sorte e me”.

Dayan pensava che Arafat fosse un obiettivo legittimo solo se questo non avesse significato uccidere molti civili. “Raful era solito avere scoppi di ira – continua Dayan – Mi chiamò e mi disse” Mi risulta che tu abbia informazioni su tal posto: Perché gli aerei non sono in volo?” Risposi che era impossibile perché c’erano molte persone lì all’interno. Raful disse: “Non ci pensare, mi prendo io la responsabilità”. Non ero disposto a permetterlo. Non mi sarei mai fatto insegnare l’etica  della guerra da Raful”.

Eitan avrebbe poi ripreso Dayan dicendogli che non aveva l’autorità per decidere se sganciare o meno una bomba. Ma Dayan avrebbe ugualmente trovato il modo di intervenire nel processo decisionale. “Tutto ciò che dovevo fare era comunicare quando l’obiettivo era a portata, secondo l’intelligence – disse – Quindi, da quel momento in avanti, ogni volta che sapevamo che il raid avrebbe causato numerose vittime civili, dicevamo che l’obiettivo non era a tiro, secondo il nostro punto di vista”.

Forse, intuendo questa resistenza, Eitan, a un certo punto, decide di intraprendere un’azione più diretta. La sera del 4 agosto, chiede al capo del Dipartimento per le operazioni aeronautiche, Sviem Sella, un incontro. I due erano molto amici, ed Eitan aveva un debole per Sella, promettente ufficiale e papabile come futuro comandante dell’aviazione. Eitan saluta Sella e gli dice che il giorno seguente non sarebbe andato al lavoro a Canarycome al solito, ma che avrebbe fatto un viaggio”. “Qualcosa come il nostro ultimo viaggio fatto insieme?” chiede Sella, alludendo alla visita a Beirut in maggio in preparazione dell’invasione e dell’operazione per uccidere Arafat”.

“Qualcosa di simile – risponde Eitan – Ma questa volta viene dai piani alti Vediamoci domani a Hatzor”, base aeronautica a Sud. “Tu piloterai l’aereo e io ti dirò dove andare e gestirò il sistema di combattimento. Bombarderemo Beirut”.

Sella ritiene di non aver sentito bene. “Era totalmente assurdo” dice Sella. Ero sconvolto. Se qualcuno mi avesse detto che il capo di stato maggiore, – che non è aviatore – si stava prendendo una pausa dalla gestione della guerra per assumere il comando del dipartimento per le operazioni dell’aeronautica mentre bombardavano Beirut, non ci avrei mai creduto”.

Il giorno dopo i due si incontrano a Hatzor, salgono a bordo di un caccia F-4 e decollano con altri tre aerei in una missione per bombardare un palazzo di uffici a Beirut Ovest in cui, secondo gli agenti di Salt Fish, si pensava che Arafat stesse tenendo una riunione”. “Raful non appariva in buone condizioni e sembrava stesse male- dice Sella, che imposta la rotta in luogo di Raful, il quale si occupa del sistema di munizioni, precedentemente mai utilizzate. In queste condizioni eseguono due raid sul target, e poi un altro giro per vedere se il sito fosse stato centrato”.

“Raful era contento e insieme volano in Israele”. Arafat si salvò un’altra volta grazie alla tempistica: le bombe erano cadute subito prima che lui arrivasse. Comunque, per Sharon il proposito di uccidere Arafat non vacillò mai. Dopo la fine dei combattimenti a Beirut e l’evacuazione dei leader del PLO e delle loro truppe, Sharon ed Eitan “erano ancora pronti a uccidere il leader palestinese”, sostiene Amos Gilboa, allora generale di brigata e capo della Divisione Ricerche di AMAN. La squadra di Sharon aveva però realizzato che un omicidio nelle luce del sole avrebbe solo trasformato Arafat in un martire.

  1. Prosegue l’operazione anti-Arafat.

A questo punto, Sharon incarica l’intelligence di trovare un modo più discreto per sbarazzarsi del leader del PLO. L’operazione Salt Fishcambia denominazione in Gold Fish, conservando la medesima missione e Sharon ordina che le venisse data priorità massima. Ogni giorno, la squadra Gold Fishsi riunisce nell’ufficio di Gilboa.

Anche il mezzo disastro dell’ottobre 1982 – con il dito nervoso di un pilota che stava per ammazzare un equipaggio, un medico e trenta bambini feriti – non indebolisce Sharon né lo dissuade dall’idea di colpire Arafat in volo. Al contrario, diviene più interessato. Quando il Mossad comunica che Arafat viaggiava sempre più spesso su aerei di linea, con il PLO che spesso comprava tutti i biglietti di prima o busines class per lui e i suoi, Sharon decide che quei voli erano obiettivi legittimi. L’aereo avrebbe dovuto essere abbattuto mentre volava su mare aperto, lontano dalla costa, in modo che gli investigatori  avrebbero dovuto avere più tempo per individuare il relitto e stabilire se fosse stato colpito da un missile o fosse caduto per un guasto tecnico. Sarebbe stata preferita l’acqua profonda, per rendere il recupero più difficile.

L’aeronautica prepara un piano dettagliato. Trovano un punto, sul Mediterraneo, in cui c’era traffico commerciale ma non copertura radar continua da parte di nessuna nazione e dove il mare sottostante è profondo di tre miglia, il che rendeva le operazioni di salvataggio molto difficili se non impossibili. Mettere in atto l’attacco su questo punto ideale, comunque, voleva dire che le possibilità sarebbero state davvero scarse.

Dato che l’operazione si sarebbe svolta lontano dallo spazio aereo israeliano, fuori dalla portata dei radar e delle radio israeliane, l’aeronautica avrebbe dovuto organizzare una postazione di comando aerotrasportata, cioè un Boeing 707 equipaggiato con radar e strumenti di comunicazione. Sella avrebbe guidato l’operazione da questo aereo.

Agli ordini diretti di Sharon, quindi, la sorveglianza su Arafat era mantenuta in modo costante, e quattro F-16 e F- 15 sono messi in allerta intercettazione. Nel corso di nove settimane, da novembre 1982 all’inizio di gennaio 1983, questi caccia decolleranno ben cinque volte per intercettare e distruggere aerei su cui si pensava ci fosse Arafat, solo per essere richiamati subito dopo il decollo.

Gilboa esprime più di una volta la sua ferma opposizione a queste operazioni. “Non avevo alcun dubbio che l’aeronautica l’avrebbe fatto nel miglior modo possibile, ma io aveva una responsabilità in più.”. Il compito di Gilboa era valutare le implicazioni politiche, militari ed economiche di ogni operazione. “Dissi al capo di stato maggiore Eitan che avrebbe potuto portare lo Stato alla rovina a livello internazionale se si fosse saputo che avevamo abbattuto un volo civile”.

In ogni caso, i comandanti dell’aeronautica ostacolano intenzionalmente l’operazione, rifiutando di obbedire a ordini che ritenevano palesemente illegali. “ Ricevuto l’ordine – dice Sella  – va a parlare con Eitan e riferisce al Capo di Stato Maggiore che non intendono procedere, più semplicemente non lo faranno. Capisco che il ministro della difesa è quello che comanda, qui. Nessuno si permette di opporsi a lui, e, quindi, renderemo l’operazione tecnicamente impossibile”. Raful lo guarda senza dire nulla… e valuta il suo silenzio come assenso”.

Una volta, con un volo di linea che si pensava trasportasse Arafat da Amman alla Tunisia sul Mediterraneo, e con i caccia israeliani in coda, Eitan chiede a Gilboa che l’obiettivo fosse a bordo al di là di ogni ragionevole dubbio. I due erano in piedi nella sala centrale del Canary. “Capo di Stato Maggiore, vuole davvero sapere cosa penso?” chiede Gilboa. Eitan annuisce. Gilboa sente il cuore battere nel petto, temporeggia mentre valuta i diversi motivi di credere che Arafat potesse essere a bordo, e poi quelli che lo portavano a dubitarne.

Eitan era impaziente. “Gilboa- ripete a voce alta – sì o no ?”. “Il mio istinto – risponde Gilboa – mi dice di no”. Eitan si volta e va verso il telefono rosso di sicurezza, sul lato della stanza e comunica a Sharon che l’operazione avrebbe dovuto attendere un altro giorno.

Un’altra volta, le radio a bordo della postazione di comando, il Boeing 707, vengono intenzionalmente settate sulle frequenze sbagliate, interrompendo le comunicazioni per un tempo sufficiente a rendere l’operazione impraticabile. Un’altra volta ancora, Sella semplicemente inganna Eitan, informandolo che l’aereo target era stato identificato troppo tardi e che c’era il pericolo che l’intercettazione fosse scoperta. Nelle restanti occasioni, i dati sono riferiti, allungando i tempi, finché l’aereo d’interesse non lasciasse l’area in cui gli israeliani avrebbero potuto colpirlo, ma senza capire cosa sarebbe successo”.

  1. Un’inchiesta giudiziaria ferma Sharon.

Alla fine, i piani di Sharon per compiere un vero e proprio crimine di guerra internazionale deragliano. Sotto forte pressione da parte dell’opinione pubblica israeliana, e dopo pesanti critiche a livello internazionale, Begin è costretto ad aprire un’inchiesta giudiziaria sul massacro dei campi profughi di Beirut. La commissione stabilì che la Falange era direttamente responsabile del massacro, ma sentenziò che alcuni israeliani, tra cui Sharon, dovevano essere ritenuti altrettanto responsabili per aver permesso alla Falange di entrare  nei campi quando era chiaro che l’organizzazione ne avrebbe approfittato per commettere atrocità. Sharon è costretto a dare dimissioni da ministro della difesa. “Poco a poco – dice Gilboa – aumenta la consapevolezza che Arafat era una questione politica, e non poteva essere considerato un obiettivo per un attentato”.

Sharon si riprende di colpo e, nel 2001, diviene primo ministro israeliano e gradualmente giunge a un’intesa con l’amministrazione di George W. Bush, grazie alla quale gli USA avrebbero sostenuto Israele anche durante il dispiegamento di una massiccia campagna di assassinii mirati, la più grande nella storia del Paese. In cambio, Sharon avrebbe messo fine alla colonizzazione dei Territori palestinesi occupati – cosa che non sarebbe mai avvenuta e, altro contrario, continuerà più di prima – e Arafat sarebbe stato intoccabile.

La campagna sembra funzionare, Hamas dichiara una tregua e smette di inviare kamikaze.

Ciò avviene anche per l’attività di un piccolo gruppo di lavoro dell’Unione europea – “ E.I.G.“ (European Informal Group) diretta dall’Alto Commissario per la sicurezza europea, Javier Solana, e l’inviato speciale europeo, Angel Moratinos – e Hamas dichiara diverse tregue e smetta di inviare kamikaze in Israele.

Cosa è avvenuto?

Come indicato più volte, l’ E.I.G. opererà dal 2000 al 2004 (fino alla morte di Arafat). E’ un pugno di uomini scelti da alcuni Servizi di informazione europea che hanno tentato di ricucire  un tessuto di vicinanza  logorato dall’odio, attraverso l’ opera meticolosa della ricerca di tante mini-negoziazioni tra le varie anime palestinesi al fine di individuare una via attraverso auspicabili tentativi di soluzioni con la controparte israeliana.

Attività complessa e rischiosa e, come sempre, silente e invisibile. Il gruppo lavora compatto, a costo zero e per ben tre volte convincono tutti i nuclei armati palestinesi a interrompere gli attentati contro Israele nonostante continuassero a subire bombardamenti. E’ il generale Farkhash, comandante del Servizio militare a scrivere sul quotidiano Ha-Aretz del valido lavoro svolto da “un pugno di uomini” riusciti a favorire, più di una volta, tregue dai gruppi armati palestinesi, sottolineando che vi erano stati persino giorni che Israele non aveva subìto neppure il lancio di una pietra.

L’attività dell’E.I.G. mettendo in sinergia le risorse di ideazione e di forza negoziale di loro, ha costituito un fruttuoso esperimento di collaborazione europea in campo intelligence su un determinato obiettivo.

Poi accade che il Gruppo – che poteva essere il preludio della formazione di una unica intelligence europea – venga sciolto senza un motivo ma solo per le richieste di USA, Gran Bretagna e Israele.

Le guerre, compresa quella israelo-palestinese, sono tuttora presenti in Vicino, Medio ed Estremo Oriente e parte dell’Asia.

(continua)

©www.osservatorioanalitico.com– Riproduzione riservata

Comments are closed.