Il genocidio degli yazidi.

Il genocidio degli yazidi.

La deputa irachena Vian Dhakil, per la'Alleanza Kurda

La deputata irachena Vian Dhakil, per la’Alleanza Kurda.

Pochi conoscono la storia degli Yazidi e molti non ne conoscono nemmeno l’esistenza. Gruppo perseguitato, violentato…non se ne parla eppure…di tanto in tanto si citano donne yazide rapite o stuprate da elementi di DAESH….bambini ridotti in schiavitù..l’articolo che segue illustra con chiarezza la storia della minoranza Yazida e dei suoi tormenti.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Non passa giorno che la lista delle cattive notizie provenienti dal Medio Oriente si allunghi: attacchi terroristici, attentati, guerriglia urbana ecc… Il campionario è vastissimo, la nostra attenzione vi si sofferma distrattamente, salvo quando le organizzazioni terroristiche non ci minacciano da vicino o ci colpiscono, com’è successo in Francia, in Germania e in Inghilterra.

Alcune organizzazioni terroristiche, come Daesh,che continuano a colpire in varie parti del Medio Oriente perpetrando, a danno di alcune minoranze etnico-religiose, delle vere e proprie persecuzioni che si possono definire quasi dei genocidi.

E’ il caso della minoranza yazida, ai più sconosciuta.

Gli yazidi, di origine curda e che parlano il kurmanji, una sorta di dialetto curdo, sono seguaci di un credo religioso che risale a più di 4000 anni.

La yazida non è un’etnia bensì è una religione che è professata su un territorio che comprende parte dell’Iraq, della Siria, della Turchia, dell’Iran, della Georgia e dell’Armenia.

La roccaforte degli yazidi è situata nella parte nord occidentale dell’Iraq, nella città di Sinjar(quel poco che resta dopo il massacro del 2014), non lontana dal confine con la Siria.

E’ una religione monoteista che possiamo definire come la somma di varie influenze, in particolare del sufismo, del zoroastrismo, con tratti riconducibili all’islam ed al cristianesimo.

La nascita “ufficiale” della religione yazida è catalogata al XII secolo, a partire dalle predicazioni del teologo Shaikh Adi b. Musafir, divenuto figura prominente ed ancora oggi venerato.

Secondo il credo yazida, all’origine dei tempi Dio avrebbe affidato il mondo a sette angeli, tra cui Tawsi Melek, l’angelo Pavone che però si sarebbe rifiutato d’inchinarsi al volere dell’uomo.

Da qui lo sviluppo di un misunderstanding che ha portato a un parallelismo con la figura di Lucifero, presente nelle altre religioni e che ripudiò il progetto della creazione dell’uomo, con la conseguente ghettizzazione della religione yazida.

Gli yazidi adorano il sole, credono nella trasmigrazione delle anime e formano una comunità chiusa cui non è possibile accedere per conversione, tanto meno sposarsi con elementi esterni alla cerchia.

Il credo, gli usi e i costumi yazidi sono stati tramandati per secoli oralmente, in seguito riportati nel testo sacro “Il libro della rivelazione”.

A partire dal XIX secolo ad oggi, gli yazidi hanno subito varie ondate di persecuzioni, dagli ottomani sino ai jihadisti.

Secondo quanto dichiarato da Vian Dakhil, deputata yazida al Parlamento iracheno, le persecuzioni subite dagli yazidi nel corso della loro tormentata storia sono state più di settanta.

Saddam Hussein, nel tentavo di modificare la composizione etnica dell’Iraq e diminuire l’influenza curda, costrinse gli yazidialla diaspora dal nord del Paese verso terre lontane in Turchia, finanche in Europa, in Grecia ed in Germania in particolare, dove attualmente vivono più di 300 mila yazidi.

Come sopra menzionato, il peggio però è avvenuto ad agosto del 2014, con l’epurazione etnica per mano di al Baghdadi e l’assedio della città di Sinjar.

Più di 3 mila yazidi sono stati uccisi, massacrati, torturati e sepolti vivi nelle fosse comuni, migliaia le donne violentate, rapite insieme ai bambini e ridotte in schiavitù.

Gli yazidi, poiché minoranza, hanno pagato e continuano a pagare per il clima di risentimento e di odio che pervade la regione tra l’Iraq e la Siria, vittime sacrificali del pregiudizio sociale e, soprattutto, religioso.

Il massacro contro gli yazidi è stato catalogato dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite come genocidio nel 2016.

La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio approvata dall’ONU nel dicembre del 1948, definisce il genocidio “…ciascuno degli atti seguenti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale (a) uccisione di membri del gruppo, (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo, (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale, (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo, (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo all’altro…”.

Il riconoscimento dell’avvenuto genocidio nei confronti dei pacifici yazidi da parte dello Stato Islamico, è un atto importante, anche se i colpevoli non possono essere deferiti alla Corte penale internazionale dell’Aia, giacché l’Iraq non è tra i paesi firmatari dello Statuto della Corte penale internazionale (Statuto di Roma) del 1998.

Tuttavia, lo scorso ottobre 2017 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione n. 2379 per la creazione di un team investigativo sui crimini di guerra commessi dallo Stato Islamico, tra cui quelli contro gli yazidi.

Per comprendere il dramma vissuto dalla comunità yazida basta leggere alcune pagine del libro “L’ultima ragazza”, scritto da Nadia Murad, vittima e testimone di tali atrocità, oggi ambasciatore di buona volontà delle Nazioni Unite, candidata al premio Nobel per la pace e vincitrice del premio Sakharov 2016.

Le nefandezze compiute dallo Stato Islamico sono però state portate alla ribalta internazionale dal già citato Vian Dakhil, membro del Parlamento iracheno, attraverso un suo accorato discorso di denuncia e rilanciato dai media internazionali.

Recentemente anche il Santo Padre è intervenuto a sostegno degli yazidi, incitando la Comunità internazionale a non rimanere inerte di fronte a una tale “ …insensata e disumana barbarie…”.

Si spera che tal esortazione non rimanga lettera morta, bensì sia uno stimolo per una forte denuncia internazionale a protezione della minoranza e, allo stesso tempo, un’esortazione al dialogo ed alla riconciliazione.

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