Iran. 39 anni dopo la rivoluzione! Enghelab….impressioni personali.

Iran. 39 anni dopo la rivoluzione! Enghelab….impressioni personali.

Al Bazar di Teheran (photo©firuzeh)

Al Bazar di Teheran (photo©firuzeh)

Tornare in Iran dopo un lungo periodo e cercare di capire come si è evoluto il Paese…se si è evoluto, non è facile. Sono queste le prime impressioni… a caldo.

Nel dicembre 1978 le strade di Teheran e delle maggiori città iraniane erano percorse da una folla che voleva la morte dello Shah e della Shahbanou Farah, indicata come colei che più di tutti aveva voluto la europeizzazione della cultura persiana, dimenticando che comunque questa donna, colta, aveva creato un Museo di Arte Contemporane (esponendo anche numerosi autori iraniani), e un Museo dei tappeti, mandando in giro  nel mondo a comprare antichissimi tappeti per mostrare quanto fosse antica l’arte persiana nell’annodarli. Aveva patrocinato, tra gli altri, la carriera artistica di Parviz Tanavoli, grande scultore e pittore iraniano, al quale attualmente è dedicata una Sala nel Museo di Arte contemporanea a Esfahan.

Nel gennaio1979, dopo la partenza dello Shah, la folla urlava di gioia, abbatteva statue (peraltro non sempre modelli d’arte) e gioiva all’arrivo di Khomeini all’aeroporto  di Mehrabad. E ora sottovoce, ma non tanto, dice che si stava meglio quando c’era lo Shah.

La gente del popolo però…perché quella ricca e benestante continua, nel privato delle case, a avere la stessa vita di prima e, se possibile, forse, anche più ricca di prima e più trasgressiva.

Le giovani generazioni, i trentenni, non sanno quale era la situazione al tempo dei Pahlavi e chiedono libertà di espressione;le ragazze, anche libertà di vestirsi come le coetanee di altre nazioni. I loro nonni e genitori rimpiangono tempi passati. Hanno forse fatto uno sbaglio di valutazione? Come gli USA?

Una grande ipocrisia sembra avvolgere un mondo molto colto mentre una inflazione galoppante taglia le risorse finanziarie dei meno abbienti, di quelli che non hanno i conti all’estero in valuta pregiata. L’inflazione, ufficiale al 10/11% è in realtà molto, molto più alta, ti sussurrano i locali, forse ancora più alta di quella che c’era al tempo dello Shah, quando veleggiava sul 22/25%. Cercano euro e non rials…e come dare loro torto se un giorno il cambio ufficiale, circa un mese fa, fu cambiato all’improvviso rispetto al dollaro e il valore del rial è caduto del 50%. La svalutazione della moneta locale è un fattore sociale esplosivo, perché negli ultimi cinque mesi ha perso in tutto un terzo del suo valore: se nel 1979, l’anno della Rivoluzione, bastavano 70 rial per acquistare un dollaro al mercato ‘libero’ (le banche ripresero a funzionare con una certa lentezza), quando il presidente Hassan Rohani era stato eletto nel 2013 ne servivano 36mila e nell’aprile del 2017 40mila, mentre una settimana fa nella capitale Teheran gli agenti di cambio ne chiedevano 60/80.00mila. A complicare la situazione, ci sono tassi ufficiali di cambio più favorevoli (il tasso ufficiale è a 42.000 rial per un dollaro), per gli studenti e alcune categorie di dipendenti pubblici ma la quota è contingentata.

E come allora, ai tempi del Pahlavi, tutti ti propongono un ottimo cambio per la tua valuta, assicurandosi un futuro che sperano meno aspro. La corruzione: sembra ci sia e molto alta, ovviamente a favore degli attuali governanti, con o senza turbante in testa. E c’era, molto alta anche al tempo dello Shah, soprattutto alla Corte, oltre che nelle pubbliche istituzioni.

Ricordiamo che l’Iran è ora una repubblica islamica, una teocrazia, dove la Guida Spirituale Khamenei (prima lo era Khomeini) è il massimo esperto giurista musulmano (teoria del velayat-e-fakhielaborata appunto da Ruollah Moussawi, originario del villaggio di Khomein, da cui il suo ‘cognome’), che, con il ‘Consiglio dei Guardiani’, ha l’ultima parola su tutte le decisioni del Parlamento e delle autorità istituzionali: quindi può bloccare qualsiasi decisione che contrasti con il volere dei religiosi al potere e le blocca senza problemi.

Un regime si è sostituito a un altro anche iconograficamente: sui monumenti pubblici e negli alberghi, invece delle foto di Mohammad Reza Pahlavi e della consorte Farah (a volte vi era anche quella del piccolo erede Ciro), ci sono le fotografie di Khomeini e Khamenei o dell’attuale presidente Rohani. La sensazione è che nulla sia cambiato, se non le persone, con l’avvento di una teocrazia che finalmente ha il potere e lo esercita saldamente, come lo esercitavano i Pahlavi e i Qajar prima di loro. Perché non ricordare che nel 1906 i religiosi tentarono di prendere il potere ma dovettero rifugiarsi (bast) presso l’Ambasciata Britannica. Nel 1921/1925, quando Reza Khan, prima di incoronarsi Shah, cercava di realizzare una Repubblica laica, stile Ataturk, i religiosi gli fecero capire chiaramente che se avesse realizzato un simile progetto, non avrebbe avuto il loro supporto e quello di buona parte della popolazione e quindi Reza Khan, il cosacco, non si nominò presidente di una repubblica ma Shah e suo figlio si proclamò Shahinshah Aryamehr. Quando nel 1979 i religiosi ottennero il potere politico e economico, le potenze mondiali,   e anche chi aveva vissuto nelle strade la rivoluzione, non riuscì a comprendere quale influenza questo mutamento storico in Iran, ancorché realizzato dalla parte sciita dell’Islam, avrebbe avuto su tutto il mondo musulmano, quello sunnita compreso.

Nella vita comune, a parte il copricapo islamico per le donne, imposto anche alle straniere, poco sembrerebbe cambiato. Nei Bazar la solita vita: chi acquista, chi vende; il cuore pulsante dell’economia giornaliera dove vanno molti strati della popolazione.  Ma i bazarì…sono una classe sociale molto influente e possono condizionare un movimento popolare, come fecero nel 1979, chiudendo i loro fondi quando diedero un grande appoggio alla rivoluzione islamica, dopo aver venduto migliaia di lenzuoli bianchi…che servivano per avvolgere i defunti, prima di metterli in terra, in previsione di ulteriori massacri come quello di Meidan-e-Jaleh dell’8 settembre 1978.

Se si entra in moschea, alle signore è dato in prestito un chador (che tra l’altro vuol dire anche ‘tenda’). Quale è la novità? Nessuna, perché anche al tempo dello Shah era obbligatorio: a quei tempi soprattutto al sud, il chador era con stoffa a fiorellini, chiara; la maggioranza delle signore iraniane, appartenenti a bassi strati della popolazione, lo portava nero, anche fuori dalla moschea, ora come allora…a sud di Teheran (Varamin, Mausoleo di Shah Abdul Azim) giravano già molte donne, in nero totale. Adesso la novità per queste signore di nero velate è che tutte hanno lo smartphone, probabilmente lo strumento di libertà almeno vocale con le amiche e con il resto del mondo. In compagnia, quasi sempre esclusivamente femminile, si adagiano per un picnic sull’erba dei prati delle piazze o dei giardini:  la vita, il sole, i fiori, la socializzazione anche fuori dalle mura domestiche. Le donne sono molto coese fra di loro…sembra…retaggio che forse viene da quando negli harem dovevano in qualche modo difendersi dalle rivali e dal marito Sultano, amico-nemico, che spesso le dimenticava, dopo una notte.

Se poi un uomo iraniano di circa 45 anni, con moglie  e figlie piccole ‘velate’ (avevano passato i nove anni, età in cui si impone il ‘velo’), ti chiede scusa ripetutamente perché anche tu straniera devi coprirti il capo, allora comprendi il sentimento che alberga in classi più colte e elevate; se poi anche un normale tassista con una vecchia macchina, ti dice sottovoce che ai tempi dello Shah si stava meglio e le turiste non dovevano coprirsi il capo, senti che anche in quella classe sociale umile c’è lo stesso sentire. E quando sulla piazza di Esfahan anche un vecchio signore che vende pentole tradizionali ti parla con nostalgia dei tempi passati, allora comprendi che forse è un sentimento molto diffuso.

Come sempre, gli iraniani sono ospitali, sorridenti: adesso ancora di più perché molta della loro economia dipende anche dal turismo che, in effetti, affolla i luoghi turistici come non era ai tempi dei Pahlavi. Tantissimi alberghi sono sorti con 4 o 5 stelle. I nuovissimi sfidano quelli europei ma quelli che già hanno qualche anno rivelano, come un tempo, che la manutenzione scarseggia…del resto quando una cosa si rompe…perché ripararla?

I giovani e le giovani cercano attivamente il contatto con lo straniero parlando in un inglese ancora stentato e se poi dimostri di sapere qualche parola della loro lingua, si entusiasmano e i selfieche ti chiedono aumentano di numero.

40 anni sono passati: ci sono le autostrade; il numero delle vetture in Teheran ha assunto dimensioni enormi e il traffico è mille volte superiore a quello del periodo 1974/1978…le strade della capitale sono state allargate ma non bastano…c’è la metro ma è ovviamente pienissima e gli autobus non sempre sono nuovi…ma alcuni antichi, come ai tempi dello Shah.

E’ cambiato tutto? Solo i governanti, solo le persone, ma non il sistema. L’Iran è rimasto quello che era, soprattutto fuori Teheran e la popolazione, anche se non li conosce culturalmente, è figlia di Saadi, Hafez, Omar Khayyam. Entrando nelle meravigliose moschee, senti che anche tu fai parte di quella storia. Entri a Qom nel luccicante Mausoleo di Fatimeh Masumè, con il muezzin che invita alla preghiera e senti che sei in un mondo lontano….di secoli ma che ne fai parte culturalmente, anche se ti sembra che sia tutto così diverso da te.

Respiri un mondo antico ancora presente però….

Cosa è cambiato agli occhi di chi ha visto la rivoluzione del 1979? Le strade, la tecnologia, vetture più nuove… l’Iran è tornato a essere la potenza del Golfo del tempo dei Pahlavi, forse anche più potente. Espande sempre più la sua influenza pregnante su altri territori come il Libano, attraverso Hezb’Allah, e la Siria, con lo stesso metodo delle milizie, con le quali combattono anche soldati iraniani ‘volontari’ che muoiono come shahid(martiri) e tali sono ricordati ovunque e soprattutto nei villaggi, dove sono nati…sì perché ancora, come a quei tempi, molti giovani della popolazione con l’arruolamento…sbarcano il lunario…

Oppure sono arruolati dai religiosi e frequentano le madrase(scuole), coraniche.

Verso lo straniero non sembra esserci ostilità e non solo perché porta valuta pregiata. È sempre stato così anche nei momenti più bui e difficili della rivoluzione.

E’ un grande popolo che nel 1979 fu portato a fare un errore di valutazione che costa loro lacrime e sangue, tra ipocrisia e povertà imposta perché la maggior parte dei proventi del petrolio è impegnata nel costoso programma nucleare di Natanz, quel programma che fa infuriare il Presidente USA e alcuni governanti europei (V. di seguito l’articolo qui pubblicato di Aldo Madia), mentre lo Shah impegnava le risorse finanziarie del Paese, che gestiva come suo introito personale, nell’armamento delle sue Forze Armate, che voleva le più forti del mondo.

Anche gli USA allora fecero un grande errore di valutazione, come scrisse ai tempi l’ultimo ambasciatore americano in Iran, Sullivan nelle sue memorie (Last Mission to Teheran), i cui puntuali rapporti non furono presi in considerazione dal Dipartimento di Stato.

La sensazione è che tutto è stato fatto cambiare perché nulla cambiasse…ricordando le parole che il nostro Tomasi di Lampedusa fa dire a un Gattopardo siciliano. Non puoi capire l’Iran attuale se non studi il periodo Qajar o il Pahlavi che hai, per caso, vissuto.

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