IN TURCHIA PROSEGUONO ARRESTI E CONDANNE E PROCESSI

IN TURCHIA PROSEGUONO ARRESTI E CONDANNE E PROCESSI

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Un aggiornamento sulla vicenda del presidente turco di Amnesty International Taner Kiliç

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Alla fine di gennaio, è ripreso a Istanbul il processo a carico di Taner Kiliç, presidente per la Turchia di Amnesty International, in carcere dal 6 giugno scorso. E’ accusato di “associazione terroristica” insieme a altri 10 imputati, tra cui la direttrice di Amnesty Tyrchia, Idil Eser.

Secondo l’accusa, Taner risulterebbe legato alla comunità dell’imam Fetullah Gulen (denominata Hizmet o Cemaat), che le autorità turche considerano fautore del tentato colpo di Stato del 2016. Una delle accuse riguarda il download dell’applicazione Bykick, che gli inquirenti insistono essere principale mezzo di comunicazione degli aderenti a Cemaat. Migliaia di essi sono oggi in carcere persone perché sospettate di aver usato l’applicazione.

Eppure, gli esperti forensi Koray Peksayar e Tuncy Besikci hanno presentato un rapporto secondo cui esistono applicazioni terze che, all’insaputa del proprietario del telefono, produrrebbero connessioni nascoste a Bylock.

I dubbi rimangono sui metodi con cui i servizi segreti turchi (Mit), che indagano sulla diffusione di Bylock, hanno stabilito che chi abbia usufruito dell’applicazione. Secondo questi criteri, gli utilizzatori del software sono stimati in 11 mila persone.

Due analisti indipendenti commissionati direttamente da Amnesty, hanno stabilito l’assenza dell’applicazione sul telefono di Kiliç. Tuttavia la Corte di Cassazione non ha ancora preso in esame questi rapporti.

Le altre accuse a suo carico riguardano il possesso di un conto corrente presso Bank Asya, ritenuta la spina dorsale dell’impero finanziario di Gulen, oggi chiusa tramite decreto.

Amnesty continua a definire quanto accaduto “un procedimento politicamente motivato con l’obiettivo di zittire le voci critiche all’interno della Turchia”. Davanti a schiaccianti prove della sua innocenza e a zero prove di eventuali reati, il rilascio di Kiliç è ampiamente dovuto, ha dichiarato Gauri van Gulik, direttrice per l’Europa di Amnesty, che ha esternato tutta la sua sfiducia verso un sistema giudiziario, quello turco, che non seguirebbe più alcun criterio dello Stato di diritto.

L’ultima udienza del “processo Amnesty” si era conclusa con una buona notizia: l’annullamento del provvedimento di custodia cautelare che da otto mesi costringe Kiliç dietro le sbarre.

Fondamentali sono le dichiarazioni di due testimoni:

  • il proprietario dell’Hotel di Buyukada, l’isola di Istanbul dove si è tenuto il meeting: dice “Nessuno dei partecipanti richiese particolare segretezza per il luogo della riunione. Né chiesero allo staff dell’Hotel di uscire dalla stanza. Si comportavano come normali clienti”;
  • l’altro testimone ha presentato una deposizione e affermato che l’incontro ad Istanbul aveva riguardato soltanto la sicurezza informatica e protezione dei dati personali, smentendo le tesi complottiste della Procura e la presenza della famosa mappa accusatoria.

La prossima udienza del processo è stata fissata per il 21 giugno. Intanto la Procura ha richiesto che il Kiliç rimanesse in carcere avendo presentato appello contro la scarcerazione… e è rimasto in carcere, a Smirne.

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Fethullah Gulen

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