Una storia d’intelligence basata sulle memorie di un agente CIA.
Perché ripercorrere la storia del colpo di stato in Iran nel 1953 che destituì Mossadegh e rimise sul trono lo Shah Pahlavi? Alla luce di quanto sta avvenendo in questi anni, si può notare che i protagonisti sono sempre gli stessi di più di sessanta anni fa: Russia (allora URSS), Stati Uniti e Inghilterra. La Francia, in quel caso, non fu della partita.
Nel 1979 usciva negli USA un volumetto che fu presto ritirato a causa anche della difficile situazione degli ostaggi americani in mano ai pasdaran iraniani: Countercoup. The struggle for the control of Iran, scritto da Kermit (detto Kim) Roosevelt, nipote di Theodore, veterano dell’OSS durante la seconda guerra mondiale, passato poi alla Cia, a fine conflitto.
Il 25 giugno 1953 Kim partecipò a un incontro con John Foster Dulles, al Dipartimento di Stato, incaricato di condurre in prima persona un’azione sotto copertura tale da influenzare la politica mediorientale per lungo tempo: rimettere sul trono del Pavone lo Shah Mohammad Reza Pahlavi, con un colpo di stato orchestrato contro il Dr. Mossadegh, Primo Ministro, che, a giudizio degli analisti americani, stava lentamente scivolando nell’area di influenza dell’URSS. Il Partito comunista iraniano Tudeh stava rafforzando il proprio controllo sul movimento politico che faceva capo a Mossadegh. Questa influenza spaventava, anche all’interno del Paese, la maggior parte delle Forze Armate e una certa élite, molto colta, fedele ancora alla Corona e timorosa di Mosca. I governi di Washington e Londra avevano deciso che la situazione in Iran stava diventando pericolosa per gli interessi occidentali e temevano che Mossadegh si sarebbe spinto fino a far dello Stato una repubblica, magari di orientamento comunista. Di qui la decisione politica di appoggiare lo Shah in ogni modo: palese o coperto.
L’operazione ebbe un nome in codice: AJAX. Fu definita una ‘avventura cooperativa’ da Kim perché riuniva USA (Eisenhower, Foster Dulles e CIA) e Gran Bretagna (Winston Churchill, Anthony Eden) con il coinvolgimento dello stesso Shah. Occorre ricordare che il piano generale di una simile operazione era già stato ampiamente studiato da Kim nei mesi precedenti con numerosi viaggi in Libano, in Iraq e in Iran, per monitorare la situazione.
La proposta originale di rovesciare l’anziano Mossadegh era giunta proprio dall’intelligence inglese che non riusciva a far cambiare idea all’anziano leader: cioè rivedere la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company (AIOC). Londra voleva tornare a essere padrona delle concessioni petrolifere in Iran, temendo che cadessero in mano ai sovietici. Non bisogna dimenticare che la Guerra Fredda era in atto.
Il piano non prevedeva operazioni militari ma voleva aggregare e consolidare attorno allo Shah l’ostilità contro Mossadegh di alcune parti della società in modo che fosse possibile sostituire quel Primo Ministro con un altro più attento anche agli interessi anglo-americani, oltre che a quelli nazionali.
Per Roosevelt, che conosceva bene l’Iran (vi era già stato più volte in missione), e la sua struttura sociale, un punto era fondamentale: doveva essere un’operazione realizzata non solo con Londra ma anche con lo Shah, il cui apporto era necessario per avere il pieno supporto dei militari, nonostante il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, generale Rihai, fosse elemento di Mossadegh. La persona più difficile da convincere a entrare in questo ‘complotto’ politico fu proprio Sua Maestà Imperiale: non si fidava del tutto degli anglo-americani, anche se erano stati proprio costoro a costringere il padre Reza Khan, filo tedesco, a dimettersi durante la Seconda Guerra mondiale per metterlo poco più che ventenne sul trono.
Occorreva poi pensare a chi nominare Primo Ministro, una volta destituito Mossadegh. La scelta cadde, su richiesta dello Shah, sul Generale Zahedi, in quel momento in clandestinità per l’ostilità al Governo di Mossadegh,. non del tutto ben visto dagli inglesi (che durante la seconda guerra mondiale lo avevano imprigionato in Palestina), ma ritenuto molto leale e fedele soprattutto ai Pahlavi, e con un certo carisma sui militari.
Kim fece presente nella riunione del giugno 1953 che bisognava ben organizzare i militari e il popolo affinché al momento della destituzione…cioè del colpo di stato, tutti appoggiassero le decisioni di Mohammad Reza e accettassero Zahedi come nuovo Primo Ministro. Fu deciso di non rivolgersi direttamente alla stampa locale che avrebbe potuto far fallire l’operazione con articoli pubblicati quando il momento non era giusto.
Vi era un problema di costi dell’operazione ma Kim riteneva che non fossero eccessivi, anzi: $200.000 o al massimo $300.000 sarebbero stati sufficienti (una cifra comunque di non poco conto all’epoca!). Kim, però, non rivela nel suo libro l’intero costo della vicenda, anche se disse allo Shah che l’equivalente di un milione di dollari in biglietti da 5 rial (il taglio minimo) erano pronti in una cassaforte…
Una domanda gli fu posta nella riunione quando si discussero i vari punti dell’operazione, rispetto a quanto sarebbe potuto accadere se l’operazione fosse fallita. Kim rispose che certamente un fallimento avrebbe avuto un impatto distruttivo su tutto il Medio Oriente, caduto integralmente, in prospettiva, nella sfera d’influenza sovietica ma dichiarò che questo sarebbe avvenuto comunque anche se non si fosse tentata l’operazione. Quindi, tanto valeva provare. Fu data luce verde.
La pianificazione operativa fu dettagliata al S.George’s Hotel di Beirut tra Kim e il capo centro intelligence USA in Iran, George Cuvier, in procinto di lasciare il suo posto alla fine di luglio 1953. Beirut, come sempre, era al centro di numerosi incontri di agenti e spie che si aggiravano nella regione mediorientale. Kim conosceva molto bene anche il Capo della Sicurezza libanese che cercò di avere qualche notizia, comprendendo che la visita di Kim in Libano, i suoi incontri (monitorati dall’intelligence libanese), avevano un obiettivo politico ben definito e sapendo che stava ripartendo per Teheran, via Baghdad, gli disse che era assolutamente sicuro che americani e inglesi stessero preparando ‘qualcosa’ in Iran. Il silenzio dell’americano a tale osservazione assicurò il libanese che la sua intuizione era più che corretta.
Una delle importanti fasi prioritarie era stata quella di selezionare esperti di conoscenza e analisi della storia dell’Iran, per poter avere il quadro preciso della situazione. Le linee di attacco previdero allora l’alleanza con i mullah che gli inglesi consideravano favorevoli allo Shah, ma il comportamento recente dei quali non rassicurava Kim. Inoltre serviva il supporto dei militari, attivato solo dallo stesso Shah con il suo carisma di sovrano. Vi erano poi da attivare quelli che Kim chiamava i ‘Boscoe brothers’ (dei quali non ha mai rivelato il vero nome): un editore di giornale e un avvocato, i principali alleati a Teheran, capaci di organizzare la stampa e la sua distribuzione e stampare pamphlet in poco tempo da diffondere capillarmente; capaci di organizzare le masse, snidare gli oppositori…e quarto punto, assicurare il contributo personale degli Zahedi, il padre Fazlollah e figlio Ardeshir, in termini di sostenitori, amici e seguaci.
Il 19 luglio 1953, inizio dell’”avventura”, Kim si presentò in macchina, con altri compagni, alla frontiera Iraq-Iran di Qasr-e-Shirin. Aveva ovviamente un nome di copertura sui documenti d’identità. All’epoca i passaporti USA descrivano anche i tratti salienti del titolare e il doganiere iraniano, semi analfabeta e poco attento, registrò l’ingresso di un certo Mr. Scar on right Forehead (Signor Cicatrice sulla Fronte destra). Kim considerò di buon auspicio il risibile fatto: il suo nome di copertura non era stato annotato e quindi, una volta inviato a Teheran, avrebbe confuso i solerti poliziotti alla ricerca di Mr Scar… Meglio per tutta l’operazione. Il nome di Kim sul passaporto era John Lochridge.
Al suo arrivo a Teheran, Kim comprese da alcuni articoli di stampa che una certa ostilità verso Mossadegh stava montando. Zahedi era latitante a Tajrish, ma distava poche miglia (sui monti Elburz), da dove Kim risiedeva, nella Teheran alta, sulla strada per Shemiran.
Ostacolo imprevisto: lo Shah. Fu chiesto alla gemella, la principessa Ashraf , di parlare con il fratello ancora titubante per convincerlo ad appoggiare l’impresa ma senza esito. Fu allora inviato il generale Norman Schwartkopf, che aveva comandato la Gendarmeria iraniana dal 1942 al 1948: identico risultato. Solo Kim riuscì a convincere lo Shah. Pur cauto nell’accettare le proposte americane, il sovrano comprese che era l’unico modo per cambiare il corso della storia nel suo Paese, evitando che cadesse sotto l’influenza di Mosca.
Vi era una forte tensione generale a Teheran. Verso la fine di luglio la situazione era divenuta difficile per il governo, attaccato dal Majlis (Parlamento) e criticato ampiamente dalla categoria dei mercanti e dalla popolazione che avevano visto il rial, moneta locale, deprezzarsi profondamente rispetto al suo valore del 1951 quando per un dollaro ci volevano 75 rial, mentre in quel momento ne occorrevano 130. Anche l’inflazione galoppava…come fu nel 1978/9 al momento della rivoluzione islamica in Iran. Sfidare la categoria dei mercanti è sempre stato e sempre sarà un grande pericolo per qualsiasi governo iraniano, ieri come oggi. E questo fu ben compreso allora da Kim: biglietti da 5 rial iniziarono a fluire verso i bazar del Paese.
Mossadegh reagiva facendo intendere che aveva il supporto degli Stati Uniti mentre cercava di ricattare Washington con la minaccia di chiedere e avere aiuto da Mosca, sostenendo il Partito Tudeh.
Kim entrò in contatto con i referenti dell’intelligence inglese a Teheran per organizzare sul posto l’operazione con il suo nome di copertura. Solo un anno dopo essi avrebbero conosciuto la vera identità di Kim, nonostante avessero operato insieme. Kim riuscì a mantenere la sua presenza nascosta anche a quegli iraniani che lo conoscevano bene: non fu facile.
Il piano previsto iniziava a funzionare; tutto era pronto e lo Shah, finalmente, produsse un firman (decreto) che sollevava Mossadegh dal suo incarico, nominando Primo Ministro Zahedi.
L’11 agosto Imperatore e Imperatrice ufficialmente si recarono sul Mar Caspio a Ramsar per un periodo di riposo. Fu decisa questa mossa in modo che Mossadegh, una volta ricevuto il firman di destituzione, non potesse arrestare lo Shah. Il Primo Ministro, avvertito di quanto si preparava (ci fu un traditore), fece arrestare le persone più fidate del sovrano, compreso il colonnello Nassiry che si era recato il 14 agosto presso la sua abitazione per consegnargli il firman imperiale. Lo Shah si rifugiò precipitosamente a Baghdad perché quel 15 agosto una rivolta pro governo Mossadegh era scoppiata a Teheran e, come accadrà anche nel 1979, furono distrutte le statue dello Shah e del padre Reza Khan.
Quando tutto sembrava ormai perduto, i cadetti dell’Accademia militare si schierarono per il Pahlavi. Anche il Bazar, nel timore dei sovietici e ulteriore deprezzamento della moneta, prese partito per la Corona, mentre circolavano in 10.000 esemplari copie del firman della nomina di Zahedi. Il Mullah Bebamani, aiutante dell’ayatollah Kashani (coinvolto nel piano), gridava per le strade al pericolo sovietico e conseguente cancellazione dell’Islam se Mossadegh fosse stato ancora al potere, galvanizzando la folla. Giunse anche la notizia che la guarnigione di Kermanshah, al comando del generale Teymour Bakthiar era pronta a marciare su Teheran a supporto del generale Zahedi.
Gli uomini dello Zhourkhané (Casa della Forza), arruolati dai ‘Boscoe Brothers’, professarono a Kim la loro lealtà verso il Sovrano: erano 400 fortissimi e temibili fisicamente e con un gran seguito di ‘ammiratori’. I fondi segreti di Kim incontrarono anche le loro mani tese. Il piano stava funzionando egregiamente e il favore verso la Corona si diffondeva in tutti gli strati della popolazione. I biglietti da 5 rial convincevano bene.
Lo Shah rientrò ufficialmente nella capitale il 22 agosto1953, accolto con entusiasmo nelle strade, con l’aiuto degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e, quella volta, anche dei religiosi sciiti. Riprese la sua politica filo britannica e occidentale a largo spettro, dando l’avvio a numerose riforme sul territorio. Il 4 settembre 1953 Kim fu ricevuto alla Casa Bianca. L’analisi della situazione in Iran era stata corretta e il piano aveva avuto successo. Kim diede le dimissioni dalla Cia prima del disastro della Baia dei Porci.
Nel 1978/9 Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia cambiarono la loro politica verso il Pahlavi e appoggiarono l’ayatollah Khomeini e i religiosi sciiti. Fu corretta la loro analisi? Comunque la storia insegna alcune ‘lezioni da apprendere’.
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