GENESI DELLE PROTESTE IN IRAN

GENESI DELLE PROTESTE IN IRAN

Un giovane Dr. MOssadegh

Un relativamente giovane Dr. Mossadegh.

Le attuali proteste in Iran in confronto con quelle del 1978 quando lo Shah dovette fuggire in esilio. La mano americana anche questa volta? Nei prossimi giorni il racconto dei fatti del 1953 come li presentò Kermit Roosvelt in un suo libro scomparso rapidamente dalla circolazione in Usa  e che questa Direzione Scientifica ha nella sua Biblioteca.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

1.Dallo Shah di Persia all’arrivo degli Ayatollah

Al fine di comprendere quanto avvenuto all’inizio dell’anno corrente in Iran, appare opportuno iniziare con una breva sintesi che è ripresa da un interessante articolo di Ennio Remondino, eccellente giornalista presente in diversi Paesi dai Balcani, alla Turchia, all’Afghanistan e una lunga presenza in Iran.

Nel 1953, dopo la breve parentesi del governo Mossadek, lo Shah Mohammad Reza Pahlavi, con l’appoggio di Stati Uniti e Gran Bretagna, assume il potere mentre le “sette sorelle”, cioè le compagnie petrolifere anglo-americane, mantenevano il controllo della maggiore risorsa del Paese.

Lo Shah inizia una stagione di riforme interne di stampo occidentale e di rinforzamento della posizione internazionale in specie nel Golfo Persico, a discapito dell’Arabia Saudita. Contestualmente, costituisce un potente esercito grazie all’acquisto di armamenti americani.

Sul piano interno però, lo Shah non valuta la forte presenza del clero sciita, che, preoccupato per il carattere laico delle riforme di Mossadeq, aveva appoggiato il rientro dello Shah, il quale dagli anni ’60 impone cambiamenti per occidentalizzare il Paese.

Di fatto, lo Shah aveva tre obiettivi: sottrarre al clero l’influenza esercitata sulle masse; eliminare il resto delle forze contrarie al regime creando la “Savak”, un’organizzazione di Polizia politica, responsabile d’infinite efferatezze; e nel 1963 annuncia la riforma agraria, l’istruzione pubblica, l’abolizione del velo per le donne e il riconoscimento del divorzio come procedura giudiziaria e non religiosa.

Nello stesso anno, dopo violenti scontri che causano oltre 10 morti, viene arrestato un iman ancora poco conosciuto nel Paese: Ruhollah Mostafavi Mosavi Khomeini, che, espulso dall’Iran, va prima in Iraq e poi in Francia da dove continua a contrastare il regime.

Di fatto, la riforma agraria è realizzata a spese del clero, che era il maggiore proprietario terriero e soprattutto – grazie la mancanza di una tassa di successione – non pagava contributi per il possesso e l’utilizzo della terra.

Un altro grande punto di scontro si rivela la campagna di alfabetizzazione e istruzione: i volontari che dalle città si recano nei villaggi dei contadini per impartire l’istruzione elementare, oltre ad appartenere alla borghesia urbana che già sosteneva il regime imperiale, sottraggono alunni alle scuole coraniche.

Contraddizioni si rivelano in altre riforme: se da una parte le donne sono ammesse per la prima volta alle università, dall’altra restano pesanti limitazioni nell’ambito del lavoro o della famiglia, come pure per il pieno esercizio del diritto di voto.

Alla fine degli anni ’70, emerge chiaramente la principale contraddizione del regime dello Shah: mentre si presenta al mondo come riformatore e modernizzatore del Paese, in realtà: manca la libertà di stampa, di riunione o di associazione; l’apparato statale si rivela uno dei più corrotti al mondo e un’oligarchia rapace amministra il Paese; sebbene uno dei punti di forza delle promesse riforme riguardasse il sistema sanitario e previdenziale, l’inefficienza e la corruzione vanificano le risorse impiegate.

Il clero sciita, al contrario, resta la sola forza organizzata e radicata soprattutto nelle periferie delle città, dove cioè erano occorsi gli stessi contadini scontenti della riforma agraria fallita.

Ma, ignari dell’evoluzione politica, il giovane imprenditore Donald Trump, si reca a Teheran per aprire un Casinò con gli attori Jack Nicolson e Warren Beatty.

  1. La rivolta del 1978.

All’inizio del 1978, in Iran iniziano manifestazioni di protesta e scioperi, che a fronte della repressione da parte dello Shah continuano a crescere fino a divenire un movimento rivoluzionario. Il 19 agosto oltre 430 persone perdono la vita nelle città di Abadan, a causa di un incendio.

Nel 1979 lo Shah fugge con la moglie e morirà in Egitto dove era ospitato.

Il 1° febbraio del 1979, l’Ayatollah Khomeini, in esilio da 15 anni per volontà dello Shah, torna in patria e dà inizio all’attuale storia dell’Iran, basata sul “velayat al faqi” (predominio della religione indicata dalla Guida Suprema).

  1. L’area nascosta dei sobillatori in Iran nel gennaio corrente.

In una riunione del novembre 2107 ad Erbil (Kurdistan irakeno), assieme ad agenti sauditi:

  • Il Teheran Times pubblica le dichiarazioni del segretario dell’Expediency Council (Consiglio per il Discernimento);
  • Per gli Ayatollah, i “cospiratori”, coordinati dal capo della CIA Mission Center di Teheran, Michael d’Andrea, erano elementi delle cerchia di Massund Barzani (ex presidente curdo), delle milizie Mojahedin-e-Khalq e, soprattutto, emissari sauditi.

Dopo la riunione a porte chiuse del Majilis, il Parlamento iraniano e il comunicato ufficiale dei “pasdaran” che dicono di aver liquidato la rivolta, gli Ayatollah insistono: dietro i disordini scoppiati la settimana scorsa a Mashhad, che si sono estesi ad altre città, ci sarebbe la manina della Cia.

E non solo, in un altro articolo pubblicato l’8 gennaio corrente, Moshee Rezaee, segretario dell’Expediency Council, fornisce anche i dettagli, con nomi e cognomi, di un’operazione studiata al tavolino durante una riunione tenutasi due mesi prima a Erbil, nel Kurdistan irakeno.

Il piano, sempre secondo Razaee (ex comandante del corpo delle Guardie Rivoluzionarie), prevedeva il dilagare della ribellione, grazie all’esportazione clandestina di armi e a forme di provocazione destinate a sollecitare una massiccia repressione. La contabilità dei morti sarebbe stata la pezza d’appoggio per chiedere sanzioni economiche ulteriori alle Nazioni Unite e all’Europa. Il trabocchetto non sarebbe riuscito perché le autorità iraniane, avvisate da qualche “amico” (Putin?) avrebbero deciso di tenere un profilo basso, evitando di calcare troppo la mano contro i manifestanti. Gli oltre 20 morti, insomma, sono stati il risultato di un inizio di rivolta in cui la situazione stava per scappare di mano agli Ayatollah, prima che arrivasse l’ordine da Kamenei di non sparare per evitare la trappola.

Premesso che le proteste erano motivate dalla difficile situazione economica, però non sufficiente a innescare un “moltiplicatore” delle rivendicazioni che abbracciasse anche la sfera politica e dei diritti umani. Comunque, il governo iraniano starebbe preparando un dossier contro le potenze straniere che avrebbero non solo soffiato sul fuoco della rivolta, ma anche acceso la miccia. Una dura campagna diplomatica è pronta a partire, specie contro Trump, giudicato un “Alleato di Satana”. Abbandonati i toni “soft”, Rezaee conclude il suo intervento con le minacce: “Gli Stati Uniti da quaranta anni si mettono di traverso per ostacolare la nostra rivoluzione. Che siano attenti, perché potrebbero subire pesanti conseguenze”.

Inoltre, l’ex comandante delle Guardie Rivoluzionarie estende le sue minacce anche al Regno Unito. Intanto, non conferma l’arresto (ai domiciliari) dell’ex presidente “duro e puro”, Ahmadinejad, ritenuto colpevole di aver aizzato le folle parlando a Busher.

Come riporta il quotidiano Al-Quds al-Arabi, “alcuni degli attuali leader – avrebbe detto Ahmadinejad – vivono separati dai problemi e dalle preoccupazioni ella gente e non sanno nulla della realtà sociale dell’Iran”.

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Lo Shah e Soraya nel 1953 quando dovettero fuggire dall'Iran

Lo Shah Mohammad Reza e la consorte Soraya nel 1953 quando dovettero fuggire dall’Iran.

 

 

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