CATALUNYA E PROSPETTIVE ECONOMICHE…NON BRILLANTI…

CATALUNYA E PROSPETTIVE ECONOMICHE…NON BRILLANTI…

Andra Schaechter -FMI

Andrea Schaechter -FMI

Per meglio comprendere la questione catalana, indipendentemente dalle passioni politiche e dagli avvenimenti di questi giorni. Qualche dato economico sintetico.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La piena comprensione della questione catalana e dei suoi effetti di lunga portata sulla storia europea passano attraverso una analisi puntuale delle circostanze, anche internazionali, in cui essa è maturata. I dati, infatti, danno una prima importante e rilevante annotazione da trascrivere in essa.

Per quanto moderatamente ricca, la regione catalana non avrebbe potuto mirare a una vera e propria indipendenza completa, stando ai dati sociali, macroeconomici e geografici.

Dal punto di vista sociale, la lingua catalana è parlata da circa il 17% della popolazione, secondo alcune altre stime per un totale di circa 11 milioni di persone, ovvero più di un quarto della popolazione spagnola.  La superficie della provincia Catalana è di circa 32.107 Km2, a fronte di una superficie spagnola di 504.782 Km2, quindi meno di un decimo della superficie totale, ed infatti dal punto di vista amministrativo la Catalogna è soltanto uno dei 17 distretti amministrativi autonomi (ivi compresi però quelli amministrati direttamente da Madrid). Ancor più rappresentativo il dato economico, la Catalogna (dato del 2012) ha esportato per il 45,6% dei propri prodotti alla Spagna, ed il restante 54,4% ; la bilancia complessiva di export per la regione per il 2011 sulla totalità di beni e merci è del 25,9% (dato 2011). I dati sempre del 2011 indicano un reddito pro-capite di 27.430 euro per abitante, a fronte di un reddito europeo medio EU-27 (ivi compresi quindi i partecipanti più poveri) di 25.200 euro, e uno medio spagnolo (sempre 2011) di 23.100 euro pro-capite, performance ben lontana dai 44.400 euro circa di un cittadino tedesco negli stessi anni.

Questi dati sono facilmente rapportabili quindi al gettito fiscale della regione, pari a 17 Miliardi di Euro, con una tassazione media del 49%. Con un debito regionale di 77 miliardi,  di cui circa 58 miliardi dovuti a Madrid, ed un largo accesso ai fondi strutturali UE rispetto anche ad altre zone della Spagna, si configura anche qua, come altrove in Europa un grave problema di solvibilità delle pensioni e le stesse proiezioni dell’Europa avrebbero visto una possibile ed imminente procedura per Bail-Out verso l’UE stessa ed innescare, soprattutto per il largo accesso della Regione Catalana ai fondi di emergenza per la crisi finanziaria, nel 2012, una sorta di Catal-Exit involontaria ed obbligata per insolvenza.

Quindi difficilmente l’indipendenza politica e sovranista Catalana avrebbe prodotto una regione realmente autonoma rispetto dalle regioni o Stati vicini, od in grado di sopravvivere efficientemente per un tempo necessario alla propria ristrutturazione di apparato di Stato e produttivo, nonostante i 18 milioni di turisti/anno e come punti di forza economica il porto di Barcellona, tra i Top 20 europei e l’hub petrolchimico internazionale di Tarragona.

Fattori ben economici e finanziari ben noti ai mercati, che all’intensificarsi della crisi politica interna hanno immediatamente rilocato, senza bisogno di pressioni o pressioni eccessive di Madrid le proprie sedi locali, ad iniziare dalle banche e dalle multinazionali presenti in zona, già ai primi accenni dell’approfondirsi della crisi catalana, il 6 Ottobre 2017, d’anticipo, con i “big” Sabadell, Caixa e il colosso dell’energia Gas Naturale, a seguito anche dell’allarme lanciato in termini anche poco gradevoli da Andrea  Schaechter, capo missione economista del FMI in Spagna.

Pur essendo ben presente la questione locale finanziaria e fiscale, Puigdemont “rimbalza” il 22 Ottobre 2017 la proposta di Rajoy di un piano di concessioni locali, anche fiscali, a fronte alla proposta dell’azzeramento del Parlamento Catalano.

Sicuramente la questione storico-culturale ha pesato in maniera importante, essendo il percorso Catalano a forte caratterizzazione e vocazione autonomista, partendo dal 1931, quando la Spagna diviene una Repubblica e il governo regionale  Catalano è creato con una sua rappresentanza democratica. Durante la dura repressione franchista tra il 1939 e il 1975, l’autonomia catalana è stata lungamente soppressa, assieme però ai tentativi di cancellarne non solo l’autonomia ma anche la lingua, tanto che nel 1979 è riconosciuta alla stessa uno statuto autonomo, la condizione di “nazionalità” catalana e il català diviene lingua ufficiale della regione assieme allo spagnolo. Il percorso e la coscienza di una piena autonomia riemergono nel 2012, a seguito della gravissima crisi economica e finanziaria della Spagna tutta, che porta in piazza oltre un milione e mezzo di persone a richiedere l’autonomia della regione.

Di nuovo i numeri ci vengono in soccorso, perché seppur numeri importanti, al pari di quelli economici, la totalità dei cittadini indipendentisti non raggiunge, numericamente, quella dei pro-unità come visto dalle contromanifestazioni durante i giorni della crisi, dove i numeri della piazza dei pro-unità ha battuto non di misura di alcune centinaia di migliaia di unità. Le stime approssimative, inizialmente indicate dagli stessi indipendentisti attorno al 48% della popolazione totale, non hanno mai superato nella realtà il 38%, con un 40% di pro-unione, ma soprattutto, dato con cui anche altrove in un futuro molto prossimo dovremo confrontarci nel resto di Europa, oltre 1.200.000 cittadini europei, immigrati extracomunitari, ed una forte componente asiatica, discretamente defilati dal dipanarsi della crisi indipendentista.

La lettura di questo dato, rimasto pressoché costante sia da parte degli osservatori indipendenti locali e internazionali ma anche sulla stampa spagnola, salvo qualche sporadico eccesso anche linguistico, rende ancor più incomprensibile la presa di posizione intransigente sia di Rajoy sia la scarsa propensione al dibattito di Puigdemont.

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Hub petrolchimico di Tarragona (Spagna)

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