SIRIA: APPLICAZIONE DEL CESSATE IL FUOCO; POSIZIONE DELL’IRAN E OSTRACISMO D’ISRAELE.

SIRIA: APPLICAZIONE DEL CESSATE IL FUOCO; POSIZIONE DELL’IRAN E OSTRACISMO D’ISRAELE.

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La guerra che si combatte in Siria è una partita complessa che mira a scardinare i confini attuali, avendo già scardinato gli equilibri di un tempo. Gli attori sono molti e non tutti della regione strategica che ormai si è molto allargata. Gli attori protagonisti sono ‘fuori area’. Una panoramica chiara sugli attuali avvenimenti.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

A margine del dodicesimo meeting del Gruppo dei Venti (G 20), tenutosi ad Amburgo nella prima settimana dello scorso mese di luglio, i presidenti americano Trump e quello russo Putin hanno annunciato l’accordo per un cessate il fuoco nella martoriata Siria.

Questo De-Escalation Agreement, effettivo da quasi tre mesi, non riguarda tutta la Siria ma è limitato alla parte sud-ovest del Paese e le zone di combattimento nelle province di Deraa e Quneitra.

Il cessate il fuoco ha anche lo scopo di preservare le linee di confine tra Siria, Giordania ed Israele dalle crescenti violenze non solo delle truppe siriane, ma anche delle forze alleate iraniane.

L’accordo di luglio è l’ultimo di una serie di altre intese sponsorizzate dagli americani e dai russi (febbraio e settembre 2016, entrambi conclusi da Sergei Lavrov e John Kerry), tutti finalizzati a imporre il ‘cessate il fuoco’, permettere l’accesso nelle zone di combattimento delle organizzazioni umanitarie e, soprattutto, ridurre l’influenza degli iraniani lungo i confini.

L’ultimo accordo di Amburgo, frutto di un estenuante negoziato tra gli americani, i russi, i giordani e, seppur più defilati, gli israeliani, rimette in gioco gli Stati Uniti nel marasma siriano, ponendo in evidenza l’assioma che non c’è soluzione in Siria senza un’intesa tra russi e americani.

In altre parole, l’accordo sancisce la nascita e lo sviluppo di una attività coordinata tra Washington e Mosca per la soluzione del conflitto siriano e la sconfitta dell’ISIS.

Lo Stato islamico, seppur ridimensionato, in Siria è ancora pericoloso non solo dal punto di vista politico-strategico, ma anche economico, soprattutto per il controllo e la gestione delle risorse idriche dei fiumi Tigri ed Eufrate.

Va sottolineato che la Russia è il solo Paese in grado di poter assicurare la propria presenza (in funzione di garante), sia nel nord sia nel sud della Siria.

L’intesa raggiunta prevede il cessate il fuoco lungo la linea di demarcazione tra il regime siriano di Bashar el Assad e le forze lealiste da una parte, e i vari gruppi armati d’opposizione dall’altra.

L’obiettivo è di ritornare gradatamente alla stabilità nell’area e, nello stesso tempo, favorire l’implementazione degli aiuti umanitari a favore di una popolazione sempre più allo stremo dopo sette anni di guerra.

E’ altresì operativa una “sala situazioni” ad Amman con il compito, attraverso apparecchiature satellitari e droni, di sorvegliare tutta l’area interessata e di monitorare il rispetto del cessate il fuoco.

Sul terreno, nel sud della Siria, sono stati schierati dei militari russi per controllare l’effettiva applicazione dell’accordo di Amburgo lungo le zone di demarcazione tra le opposte fazioni e, in particolare, nelle zone di Suweida, Deraa, Quneitra, Mothbeen e Sanamayan.

Comunque sia, il mantenimento del cessate il fuoco, seppur importante, non può essere risolutivo della crisi se non sarà supportato da una valida soluzione politica condivisa.

Una soluzione politica che metta ordine al disfacimento siriano e che faciliti il raggiungimento di un’agognata riconciliazione nazionale.

E’ altresì necessario sanare questo lungo periodo di vacuum della giustizia, condannando chi s’è macchiato di crimini di guerra per ridare dignità a chi è stato ingiustamente perseguitato.

Se ciò non accadrà, il rischio che il ‘cessate il fuoco’ possa ritorcersi contro e divenire un pretesto a vantaggio di chi vuole perpetuare il caos è molto alto, vanificando così la speranza per una Sira unita, pluralistica, immune dalle interferenze straniere e dalle resistenze regionali.

La preoccupazione maggiore è nei confronti dell’Iran per la sua chiara volontà di creare una sorta di corridoio sotto il proprio controllo che unisca, anche geograficamente, la Siria con il Libano passando per l’Iraq.

L’obiettivo principale dei persiani è di posizionarsi lungo il confine con i territori occupati palestinesi per assicurarsi una posizione privilegiata e controllare da vicino l’evoluzione del conflitto arabo-israeliano, ritagliandosi così un possibile ruolo attivo nell’area.

La volontà americana di stoppare da subito ogni velleità iraniana è stata chiara, basti pensare ai bombardamenti aerei di qualche mese fa nella zona di Al Tanf, lungo il confine siriano con l’Iraq e la Giordania, contro schieramenti di truppe iraniane.

In aggiunta, anche i russi si sono impegnati per arginare le ambizioni iraniane, creando una zona cuscinetto lungo la linea confinaria con la Giordania e le alture del Golan.

L’accordo di Amburgo non è ben visto da Israele, nonostante le ripetute assicurazioni russe e americane, inquieto soprattutto per la presenza iraniana considerata una minaccia alla sua sicurezza nazionale.

Sin dagli albori della guerra in Siria, Israele si è impegnato per la creazione di una zona cuscinetto demilitarizzata lunga dieci chilometri in territorio siriano e in prossimità delle alture del Golan, occupate ai tempi della guerra del 1967 e annesse senza alcun riconoscimento internazionale.

Tale zona demilitarizzata (non ancora realizzata), è stata sempre l’oggetto dei recenti e ripetuti incontri ufficiali del Presidente israeliano Benjamin Netanyahu con la Casa Bianca e il Cremlino, ma anche di quelli “segreti” avvenuti ad Amman in Giordania e finanche in qualche capitale europea.

La priorità assoluta israeliana rimane quella di liberare la Siria da ogni presenza iraniana, diretta o indiretta, ma anche di evitare la creazione di pericolose sfere d’influenza americana e russa.

Se l’accordo di Amburgo si può forse considerare il primo passo verso un’auspicata soluzione della crisi siriana che continua con il suo quotidiano carico di violenza, morte e distruzione, di certo la mancanza del beneplacito d’Israele potrebbe tramutarsi in un ostacolo insormontabile.

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Lavrov e Kerry

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