IL PROBLEMA DELL’APPROVVIGIONAMENTO IDRICO: UNO SGUARDO AL MEDIO ORIENTE.

I due fiumi mesopotamici, il Tigri e l'Eufrate

I due fiumi mesopotamici, il Tigri e l’Eufrate

Il problema dell’acqua, elemento a valenza strategia, si caratterizza sempre di più come un serio problema geopolitico. Nell’articolo una interessante panoramica dei problemi dell’acqua in Medio Oriente.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini 

Il problema idrico è estremamente serio su scala planetaria, con dirette implicazioni sulla sicurezza alimentare ed energetica.

La crescente scarsità d’acqua, unita alla sperequazione nell’accesso e nello sfruttamento, rendono tale questione sempre più centrale, vincolante e condizionante per molti Stati.

Quasi la metà della popolazione mondiale dipende dai sistemi fluviali (circa 260 bacini idrografici tra laghi e fiumi), comuni a due o più paesi; è il caso del Gange tra l’India e il Bangladesh, del Colorado tra gli Stati Uniti e il Messico, del Danubio tra la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Ungheria, dell’Amu Darja e lo Sjr Darja divisi tra cinque repubbliche ex sovietiche ecc…

Moltissimi paesi dipendono dai corsi d’acqua che nascono in altri stati come l’Egitto, la Cambogia, la Siria, i Paesi Bassi, il Sudan, la Mauritania ecc…

Recentemente un giornale americano ha pubblicato un rapporto secondo il quale le riserve d’acqua in alcuni paesi sono a rischio, a fronte di un aumento della popolazione mondiale. La mancanza d’acqua che, anche se non causa scatenante ma piuttosto concausa, potrebbe portare a disordini sociali e politici, soprattutto in Medio Oriente.

Dello stesso avviso uno studio realizzato dalla multinazionale svizzera Nestlè con la previsione che, tra meno di dieci anni, un terzo della popolazione mondiale soffrirà per la carenza d’acqua e che nel 2050 la situazione diventerà catastrofica in Medio Oriente, nel nord dell’India, in Cina e finanche nel nord ovest degli Stati Uniti d’America.

Per la verità, il risalto dato dai media internazionali al problema idrico mondiale è ancora scarso, ma è destinato a divenire nei prossimi anni sempre più centrale.

Nel breve volgere d’un quarto di secolo una trentina di Stati, di cui la metà in Medio Oriente, dovranno far fronte a un forte stress idrico con ripercussioni non del tutto prevedibili e che potrebbero sfuggire al controllo.

Una caratteristica delle risorse idriche è la loro non omogenea ripartizione; in una determinata zona, tra due paesi limitrofi o all’interno di uno stesso Stato, si riscontrano profonde disparità.

La qualità d’acqua non è meno importante della quantità. Il fiume Giordano che scorre oltre che in Giordania anche in territorio israeliano, palestinese, siriano e libanese, ha acque dolci a monte del Giordano, sulle alture del Golan, mentre nel lungo tratto che dal lago di Tiberiade arriva al Mar Morto le acque sono salate.

In Medio Oriente l’acqua (relativamente poca) vale quanto il petrolio (relativamente tanto). L’Egitto è fortemente preoccupato per il completamento della costruzione da parte dell’Etiopia della Diga Annahda – Diga del rinascimento, e per le ripercussioni sul flusso del fiume Nilo.

La lotta per il controllo e lo sfruttamento delle acque del Nilo, erroneamente associato unicamente all’Egitto, è un problema atavico che si trascina da più di un secolo e che riguarda in primis l’Etiopia, ma anche l’Uganda, il Kenia, il Ruanda, la Tanzania, il Congo, il Burundi e l’Eritrea.

Vi è uno sfruttamento sbilanciato a favore dell’Egitto e del Sudan, in virtù di un vecchio retaggio coloniale, posti a valle del Nilo e che ricevono l’acqua, a danno dei paesi che forniscono l’acqua e che hanno pochi vantaggi.

L’Egitto è alle prese anche con il problema della desertificazione della parte meridionale del Paese e con l’innalzamento del livello del mare che minaccia le città costiere, tra cui Alessandria d’Egitto.

L’innalzamento del mare potrebbe arrecare grave pregiudizio alla popolazione costiera e addirittura contaminare la falda acquifera del Delta del Nilo, uno dei più grandi serbatoi acquiferi sotterranei del mondo.

E’ sempre attuale il problema di un equo sfruttamento delle risorse comuni tra Israele e la Palestina, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo delle falde acquifere che nascono in Cisgiordania.

Alla luce delle continue tensioni politico-militari, la strada per arrivare a una gestione coordinata per lo sfruttamento delle risorse idriche è ancora molto lontana e, con in primo piano. l’emergenza della falda acquifera di Gaza che è contaminata a causa delle infiltrazioni di acqua marina e di liquame.

In Siria il problema dell’acqua è atavico, essendo il Paese “Eufrate dipendente”, o più precisamente, dipendente dai progetti turchi che condizionano la disponibilità dell’accesso all’acqua per i siriani al variare della temperatura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi confinanti.

In Iraq gli esperti prevedono che le acque dell’Eufrate siano destinate a restringersi con conseguenze nefaste sulla popolazione.

Il Tigri e l’Eufrate, che hanno reso leggendaria la fertilità di una regione molto grande, la cosiddetta “Mezzaluna fertile”, teatro migliaia d’anni fa della prima (e possiamo dire unica) guerra per l’acqua che la storia ricordi, tra i re di Umma e di Girsu, oggi costituiscono un problema alla luce della situazione politico–sociale in cui versa l’Iraq.

Una situazione tragica ulteriormente aggravata dalla presenza del Califfato che mira al controllo del ciclo idrologico attraverso l’occupazione militare delle dighe disseminate in tutto Iraq.

Dighe che possono diventare uno strumento di pressione (la storia, anche recente, è piena d’esempi), giacché la oramai famosa diga di Mosul se occupata o distrutta potrebbe provocare una catastrofe umanitaria e far scomparire in un batter di ciglia l’intera città.

Nello Yemen il problema della siccità è gravissimo; in molte zone montane la quantità d’acqua procapite giornaliera è inferiore ad un quarto di litro e la città di Sana’a potrebbe divenire la prima capitale a livello mondiale a rimanere senz’acqua.

Tutto il Golfo Persico sta combattendo una dura battaglia per la desalinizzazione delle acque che sempre più minaccia la fauna e la vita marina, e sta altresì investendo molto denaro per la realizzazione d’impianti di trasformazione dell’acqua salmastra in dolce.

Problemi di approvvigionamento idrico anche in Iran, dove molte città sono sull’orlo di una crisi idrica e con molti villaggi che dipendono dalle autobotti.

Il lago Urmia, fino agli scorsi decenni il più grande di tutto il Medio Oriente, si è notevolmente ristretto mentre il fiume Zayanderud ad Ishafan (importante quanto la Senna per Parigi), si è addirittura prosciugato.

Alla luce di quanto scritto, si ha la netta percezione che l’accesso all’acqua sia divenuto più che un diritto un reale bisogno, e che la geopolitica dell’acqua stia assumendo sempre più un ruolo rilevante nelle relazioni tra gli Stati.

Acqua sempre più vicina al petrolio e ad altre ricchezze minerali, in termini di rilevanza strategica a livello planetario. Acqua che, come la terra, è storicamente stata fonte di tensioni sociali e conflitti armati e, oggi come ieri, ha un altissimo valore simbolico.

Se pensiamo al citato fiume Giordano, per gli ebrei è ancora il simbolo della libertà conquistata con la fuga dall’Egitto ai tempi di Mosè, mentre per i cristiani è il luogo dove è stato battezzato Gesù.

Tutto sommato, in prospettiva, non solo in Medio Oriente ma a livello globale, possiamo escludere lo scoppio di un conflitto a causa dell’acqua a meno di improvvisi sconvolgimenti a oggi non prevedibili.

Di certo è necessaria una fattiva cooperazione tra i vari Stati, anche a livello sovranazionale, soprattutto nelle aree dove scarseggiano le risorse idriche per cercare d’invertire un trend negativo e smentire le allarmistiche previsioni.

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Il fiume Giordano

Il fiume Giordano

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