Condanna dell’ONU per le violenze israeliane.

Condanna dell’ONU per le violenze israeliane.

Jason Greenblat con il Presidente Trump

Jason Greenblat con il Presidente Trump

La posizione dell’ONU non risulta facile…e comunque le sue raccomandazioni o risoluzioni non sono spesso prese in considerazione.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il giorno dopo il “venerdì della rabbia” (21 luglio) e la durissima repressione delle forze militari israeliane si contano le vittime: tre palestinesi uccisi durante le proteste per al-Aqsa e tre coloni israeliani accoltellati a morte nella loro casa nell’insediamento di Halamishi in Cisgiordania.Intanto l’esercito israeliano dispiega un maggior numero di truppe in Cisgiordania che eseguono vari arresti.

La situazione è esplosiva: la repressione vista il 22 luglio a Gerusalemme non si vedeva da anni, dal 2014 e dagli anni dell’Intifada, con la polizia di frontiera che sparava ad altezza d’uomo contro le migliaia di manifestanti palestinesi accorsi interno alla Città Vecchia per protestare i cambiamenti dello status quo della Spianata delle Moschee. Nella giornata, secondo il Palestinian Prisoners Club, sono stati arrestati 21 palestinesi, di cui 10 residenti a Gerusalemme. 400 i feriti.

Sempre il 22, interviene il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, che “duramente critica” l’uccisione di tre palestinesi e chiede un’inchiesta immediata sulle violenze della polizia. Il suo portavoce, Farhan Haq, aggiunge che l’ONU comprende “le preoccupazioni sulla sicurezza ma ritiene importante che lo status quo del sito non sia modificato”.

L’Amministrazione Trump comprende i riflessi della crisi e il 24 invia Jason Greenblat per incontrare rappresentanti palestinesi, israeliani e giordani.

Intanto, l’ambasciata palestinese in Italia, con un comunicato, denuncia l’espulsione dalla Città Vecchia di Gerusalemme di alcuni attivisti e membri di partiti politici palestinesi da parte delle autorità israeliane.

Mentre la tensione resta alta intorno alla Spianata delle Moschee, Abbas finalmente annuncia la sospensione del coordinamento alla sicurezza con Israele, odiata forma di collaborazione, detestata dai palestinesi.

La risposta israeliana, come al solito, è immediata e pungente: il governo fa sapere che non rimuoverà i metal detector e ha già proceduto all’istallazione delle telecamere all’ingresso del sito religioso e ne ha aggiunto altre alle diverse porte della città vecchia. Come sempre, con il fine di alimentare le proteste del popolo palestinese, che legge nelle nuove misure il modo per modificare lo status quo della Spianata per assumerne il controllo.

Il ministro della difesa, Avigdor Lieberman dichiara: “Questa è la loro decisione…Non è necessità di Israele, ma palestinese. Se non vogliono farlo faremo altrimenti”. Lieberman dimentica che tale cooperazione serve in primis agli interessi israeliani che mantengono così una seconda forza di controllo sui Territori oltre al proprio esercito, visto che quello palestinese non svolge attività di difesa del popolo palestinese.

Continuano gli scontri sia a Gerusalemme che in Cisgiordania con raid dell’esercito israeliano conclusi con 42 arresti.

Sono previsti due immediate riunioni:

– il Consiglio di Sicurezza ONU terrà un incontro di emergenza, dopo le dichiarazioni del segretario generale ONU Guterres che ha chiesto a Israele un’inchiesta indipendente sull’uccisione di manifestanti palestinesi;

– la Lega Araba svolgerà un meeting dopo le parole del presidente Ahmed Aboul Gheit che ha dichiarato: “Gerusalemme è una linea rossa che arabi e musulmani non permetteranno che sia passata.. Israele sta giocando con il fuoco e rischia di far esplodere una crisi con i mondi arabo e musulmano”.

Il premier israeliano invia suoi emissari ad Amman per “concludere rapidamente” la crisi “e riportare il Patria il nostro personale” bloccato dalla Giordani, decisa ad avviare un’inchiesta sulla sparatoria e a trattenere l’agente di sicurezza che ha aperto il fuoco.

Il premier si riferisce alla crisi esplosa il 25 settembre 1997 quando nel centro di Amman due spie del Mossad che attentarono alla vita del leader politico di Hamas, Khaled Meshal, furono catturati.

Allora, Netanyahu era al suo primo mandato e per liberare gli agenti del Mossad accettò di scarcerare il fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin.

Questa volta potrebbe offrire la rimozione dei metal detector e la revoca di altre misure di sicurezza annunciate nei giorni scorsi.

Re Abdallah II, pur se alleati di ferro con Israele, deve tenere conto dei sentimenti della popolazione giordana (in buona part di origine palestinese) scese in massa nelle strade di Amman e di altre città per gridare la sua protesta per le politiche di Israele sulla Spianata delle Moschee e per l’introduzione dei metal detector.

La Giordania deve tenere fede al suo ruolo di custode delle moschee di Gerusalemme e non può mostrarsi compiacente verso la Stato ebraico.

Alla guardia israeliana non sarà permesso il rientro a casa sino a quando non sarà interrogata.

Intanto, a Gerusalemme la mobilitazione palestinese continua.

L’attacco armato del 14 luglio sta ricostruendo, almeno a livello sociale, unità palestinese frantumata dallo scontro tra Fatah, il partito del presidente dell’ANP, e il movimento islamico Hamas. Fuori dalle logiche dei vari partiti, i palestinesi hanno organizzato un efficiente sistema di appoggio alle contestazioni interno e dentro la Città Vecchia di Gerusalemme.

Da parte sua, Israele lancia una nuova campagna di arresti – dopo l’accoltellamento le sera del 21 eseguito da un palestinese nell’insediamento ebraico di Halamish causando la morte di tre coloni israeliani – prendendo di mira attivisti e dirigenti di Hamas.

Effetti finali….

Il 25 luglio, dopo un colloquio telefonico fra il Re di Giordania e Netanyahu, il premier israeliano decide di far rimuovere i metal detector e e utilizzare solo Telecamere per i controllo facciale.

Palestinesi e Wafq proclamano di non volere soluzioni imposte, atteso che da due settimane pregano per strada per il rifiuto di passare attraverso varchi elettronici. La popolazione vuole di più.

Presentare la rimozione del metal detector come risultato della mediazione del Re Abdullah II potrebbe essere solo un palliativo.

Difficilmente rappresenterà la fine della crisi.

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Ahmed Aboul Gheit, presidente della Lega Araba

Ahmed Aboul Gheit, presidente della Lega Araba

 

 

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