LA CRISI NEL CORTILE DI AL AQSA.1

La Spianata delle moschee a Gerusalemme

La Spianata delle moschee a Gerusalemme

Un’analisi dettagliata per meglio comprendere quel che accade nella Spianata delle Moschee a Gerusalemme. Errori da ambedue le parti. Si allontana il processo per una…impossbile pace?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

  1. L’evento

Mattina di sangue a Gerusalemme il 14 luglio quando la polizia israeliana uccide tre palestinesi che avevano aperto il fuoco poco prima contro tre poliziotti israeliani vicino alla Moschea al-Aqsa. Secondo la portavoce militare i palestinesi hanno sparato vicino alla Porta dei Leoni per poi fuggire verso la Moschea – nelle immediate vicinanze – inseguiti dalla polizia che li ha colpiti nel cortile di al-Aqsa.

Il cortile è parte del complesso noto agli ebrei come Har Habayt (Monte del Tempio) e ai musulmani come Haram al-Sherif (il nobile santuario, terzo luogo sacro per l’islam dopo la Mecca e Medina). Secondo i media palestinesi la polizia israeliana non avrebbe permesso al personale sanitario di prestare soccorso ai tre palestinesi feriti e deceduti poco dopo.

Il presidente israeliano Rivlin dichiara “useremo il pugno duro contro tutte le formazioni terroristiche e i loro responsabili”.

In un comunicato stampa, il “Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina” (FPLP) rivendica “l’eroica operazione di Gerusalemme è un cambiamento qualitativo della resistenza del nostro popolo e rompe l’equilibrio della sicurezza sionista”.

Un ingente spiegamento di forze dell’ordine israeliane sorveglia decine di palestinesi che pregano nelle aree adiacenti alla città vecchia e nei pressi della Moschea al-Aqsa dopo che Israele decide di chiudere la Spianata delle Moschee. Lo shayh Omar al-Kaswani, direttore della Moschea al-Aqsa, riferisce all’agenzia “Ma’an” che Tel Aviv ha arrestato presso la Porta del Leoni 15 guardie della Moschea e il Gran Mufti di Gerusalemme, Shaykh Mohammed Hussein, al termine della preghiera del venerdì.

Secondo al-Kaswani, “Quello che sta accadendo è un precedente pericoloso. Da quando Gerusalemme è stata occupata non c’è mai stata una chiusura così totale, né la soppressione dell’Adhan (invito alla preghiera). Ciò che sta avvenendo ad al-Aqsa è un attacco alla libertà di culto, un colpo a tutti i trattati e gli accordi internazionali e risponde ai desiderata dell’estrema destra israeliana”.

Il portale arabo Ma’an riporta che il presidente palestinese Abbas condanna l’attacco dell’FPLP a Gerusalemme nel corso di una conversazione telefonica con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, esprime il suo rifiuto per qualunque atto di violenza, soprattutto nei luoghi religiosi. Abbas chiede a Netanyahu di annullare il provvedimento di chiusura di al-Aqsa avvertendolo delle conseguenze che tali disposizioni potrebbero avere e delle strumentalizzazioni di chi possa sospettare il tentativo di cambiare lo status religioso e storico dei luoghi santi. In merito, Netanyahu avrebbe rassicurato Abbas sul mantenimento dello status quo sulla Spianata delle Moschee. Abbas, inoltre, avrebbe contattato anche ufficiali giordani per discutere della necessità di annullare la decisione israeliana su al-Aqsa.

Il coordinatore ONU per il Medio Oriente si è detto “scioccato dall’attacco” e l’Ambasciatore USA “inorridito, attacco deplorevole. Il terrorismo deve essere condannato e sconfitto”.

Il giorno dopo, scendono in campo anche gli Stati Uniti ma nel comunicato la Casa Bianca ignora completamente i palestinesi e le loro proteste, lasciando intendere che la disputa – che in effetti riguarda lo status dell’intera Gerusalemme e non solo della Spianata – coinvolga solo Israele e la Giordania.

In ogni caso la crisi prosegue con la decisione presa il 23 luglio dal governo Netanyahu di far istallare metal detector all’ingresso della Spianata, scatenando crescenti proteste dei musulmani ed è ancora lontana da una soluzione, nonostante le pressioni saudite e giordane sugli USA affinché Israele rimuova dalla Spianata le macchine per i controlli elettrici.

Netanyhau invece decide che le nuove procedure di controllo resteranno per ora in vigore,nonostante la TV israeliana Canale 2, riferiva che lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna, non si opponga alla loro rimozione chiesta dai palestinesi, al contrario della polizia che insiste sull’uso dei metal detector.

  1. Le reazioni

Già il giorno dopo l’evento, il premier riunisce il ministro della difesa, Avigdor Liberman, quello della sicurezza, Erdan, il capo dell’esercito, generale Eisenkot, quello dello Shin Bet (sicurezza interna) Naday Argaman, il commissario di polizia, Roni Alsheich, e il coordinatore alla difesa delle attività nei Territori occupati, maggior generale Yoav Mordechai. Nel corso del vertice, secondo la stampa israeliana, Erdan avrebbe giudicato l’attacco “un fatto estremamente grave.. rivedremo tuti gli accordi alla sicurezza sul Monte del Tempio e i suoi dintorni.”

Nel partito dei nazionalisti religiosi di Casa Ebraica, il parlamentare Eli Ben Dahan dichiara che “Israele deve rafforzare la sua autorità e il suo controllo sui luoghi santi e permettere a tutti gli ebrei di pregare tranquillamente”. Il suo collega di partito, Moti Yogey, aggiunge che” il Monte del Tempio dovrebbe essere chiuso ai musulmani per molto tempo”. In altri termini, cambiare lo Status quo. Proposta che il premier al momento dice di rigettare e spiega che la chiusura del giorno 14 è per motivi di sicurezza: assicurarsi che non ci siano altre armi.

Affatto diversa è la posizione del portavoce islamico palestinese di Hamas, Sami Abu Zuhi, secondo il quale “l’attacco di oggi è stato una risposta naturale al terrorismo israeliano e alla loro profanazione della Moschea al-Aqsa”. Secondo il movimento sciita del “Palestinian Islamic Jihad” (JIP) “è un atto eroico”.

Fatah definisce la decisione delle “forze occupanti israeliane di chiudere al- Aqsa e negare ai musulmani il diritto di pregarvi è un’escalation pericolosa e deplorevole”, invitando anche i palestinesi ad andare ad al- Aqsa e a rimanerci.

In pochi giorni la situazione peggiora sensibilmente. La sera stessa, si ripetono gli scontri fra palestinesi e polizia israeliana appena fuori dalla Spianata delle Moschee, dove si erano radunati oltre 3.000 fedeli mussulmani, fra i quali anche parlamentari arabi della Knesset. Nei tafferugli 14 fedeli sono feriti. In altre aree di Gerusalemme Est la situazione è la stessa: scontri si registrano a Silwan, Isawiya e Wadi el Joz, causando 50 feriti.

Altri leader palestinesi sono infuriati per le nuove misure di sicurezza stabilite da Israele il venerdì precedente sulla Spianata delle Moschee.

I palestinesi temono che queste procedure – metal detector e telecamere di sorveglianza – rientrino in una più ampia politica di Tel Aviv volta a cambiare lo status quo sul sito sacro che è sotto controllo giordano. Di fronte al timore di vedere sull’Haram al-Sherif riproposto il modello realizzato nel 1995 da Israele a Hebron con la Moschea di Abramo, in seguito al massacro di 29 musulmani in preghiera compiuto dal colono israeliano Baruch Goldstein, divisa a metà con una parte diventata sinagoga riservata ai coloni, i palestinesi chiedono che le nuove istallazioni “vengano immediatamente rimosse”.

Raggiunto dall’agenzia Ma’an, Shaykh Abd al-Athim, capo del Consiglio Unito del Wafq (l’ente islamico che controlla la Spianata), è chiaro al riguardo:” L’occupazione vuole cambiare la situazione storica nella Moschea e implementare i suoi piani per dividerla. Ma ciò è inaccettabile perché al-Aqsa, i suoi cortili, le Moschee e i vicoli sono tutti di proprietà islamica”. Gli fa eco Sheikh Ikrima Sabri, capo dell’Alto comitato islamico, secondo il quale i leader religiosi stanno organizzando regolarmente riunioni nel tentativo di “resistere” ai nuovi provvedimenti israeliani.

Mentre Fatah proclama una ”Giornata della Rabbia”, le fazioni militari e politiche di Gaza in conferenza stampa dichiarano” Avremo la nostra parola….se i piani sionisti per al-Aqsa continueranno.. non permetteremo al nemico di invadere al-Aqsa, i nostri luoghi sacri, la nostra gente di Gerusalemme…. L’offensiva sull’ Haram al-Sharif rappresenta la scintilla che farà esplodere la regione”.

Ai palestinesi risponde sui social media (Facebook) il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat: “ La decisione della polizia di istallare i magnometri è giusta e necessaria e preverrà altri attacchi terroristici nel sito….I leader musulmani e il mondo intero… devono capire che il Monte del Tempio non può essere usato come luogo di rifugio, di pianificazione o d’incontro per terroristi e assassini…Consiglio ai manifestanti di rivolgere la loro rabbia ai terroristi che con la loro azione hanno reso necessario tutto ciò, non alla polizia”.

Ma i segnali ci sono, a cominciare dall’euforia dei gruppi messianici e “templari” israeliani, convinti di poter dare il via alla spartizione della Spianata considerata dall’ebraismo il Monte del Tempio biblico.

Del resto, la stessa polizia ha dovuto espellere gli attivisti che avevano provato a pregare all’interno della Spianata in violazione dello status quo in vigore dal 50 anni per cui nel luogo sacro solo i musulmani possono pregare mentre ebrei e cristiani possono solo visitarlo.

Comunque, già dal 17 luglio gli attivisti di questi gruppi “templari” hanno intensificato le loro escursioni sulla Spianata alla presenza del deputato Yehuda Glick (Likud), storico attivista della ricostruzione del Tempio, per preparare il piano politico e la mobilitazione.

E’, peraltro, vicina la ricorrenza religiosa del Tisha b’Av (31 luglio – 1° agosto) ossia il 9 del mese di A., giorno di lutto e digiuno nel calendario ebraico che ricorda la distruzione del Tempio.

  1. Nei Territori palestinesi la situazione precipita.

Da alcune settimane, l’inviato speciale del Qatar a Gaza, Muhammad al-Amadi, dichiara che “la situazione della Striscia sta andando verso il peggio”. Insieme alle dichiarazioni di al-Amadi, secondo media del Qatar, le leadership qatarina chiede a funzionari di Hamas di lasciare il Paese.

Subito dopo, esplode la crisi del Qatar: Arabia Saudita ed Emirati Arabi, partner nel Golfo di Israele, così come Bahrein ed Egitto, chiedono al Qatar di mettere in atto una serie di cambiamenti pena l’embargo commerciale e diplomatico e tra le richieste c’è l’abbandono del sostegno ad Hamas.

La popolazione di Gaza è disperata. Sebbene la Striscia utilizzi quattro diverse fonti di energia, riceve solo il 30% del suo fabbisogno. Il 12 giugno il governo Netanyahu taglia la fornitura di elettricità lasciando 2 milioni di persone con solo 4 ore al giorno di energia. Il 20 giugno, Israele risponde alla richiesta di Abbas di abbassare a Gaza le ore di energia a due al giorno. Con tali misure punitive dell’ANP, insieme ai recenti tagli degli stipendi ai dipendenti pubblici di Gaza dal 30% al 70%, Abbas spera che la stanca popolazione di Gaza si rivolti contro Hamas. Abbas si sbaglia.

Molti giovani uomini si uniscono all’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, non per ideologia ma perché sono alla disperata ricerca di una fonte di sussistenza. Allo stesso modo le moschee cercano di mobilitare i gazawi (palestinesi di Gaza), verso le dottrine islamiche e una vita pia.

Nella realtà, sono saliti i tassi di suicidio e uso di droghe. Le liti domestiche, che sono portate di fronte a tribunali ufficiali o al sistema ufficioso dei mukhtar, ora sono centinaia. Secondo il Consiglio supremo della Shari’a di Gaza il tasso del divorzi, prima al 2%, oggi è vicino al 40% e, in violazione della legge palestinese sui minori, i bambini chiedono l’elemosina per strada.

In realtà, storia e presente mostrano che l’occupazione e i diritti umani non sono in cima all’agenda degli attori politici, in particolare di Israele. Infatti, l’ex premier israeliano Ehud Barak ha recentemente rimarcato che gli israeliani “non si sentono in colpa” per la realtà dell’occupazione”.

Con il supporto del Qatar potenzialmente sospeso, i gazawi non sono più in grado di contare su nessuno dei pochi sostenitori, E se Gaza continuerà a ricevere aiuti, che sia il Qatar, la Turchia o gli Emirati, o anche l’Iran. e se l’Egitto riaprirà il valico di Rafah con più frequenza in cambio della garanzia di Hamas di non immischiarsi con i gruppi armati in Sinai, questo sostegno sarà sempre condizionato e ristretto.

(continua)

Aggiornamento: ieri 24 luglio sono stati tolti i metal detector all’ingresso della Spianata.

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Avigdor Liberman

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