La Grande Guerra. L’Italia e il Levante: geopolitica di cento anni fa.

La Grande Guerra. L’Italia e il Levante: geopolitica di cento anni fa.

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Si è aperta il 6 aprile un’interessante mostra a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma (EUR, Piazzale degli Archivi), ideata e curata dal prof. Eugenio Lo Sardo (Sovrintendente ACS), dalla dott.ssa Anna De Pascale e dal dott. Carlo Maria Fiorentino, funzionari dell’Archivio.

Attinenti, e alcuni poco noti, ma di grande impatto, sono i documenti scelti, tra le migliaia disponibili, per illustrare quale è stato il percorso e il ruolo dell’Italia nel Levante dal 1911, quando il Governo del giovane Regno d’Italia intese stabilirsi sulle coste dell’Africa settentrionale, al 1923, Trattato di Losanna, che vide, tra l’altro, a) Roma saldamente stabilita in Libia e nel Dodecaneso, e b) la scomparsa dell’Impero Ottomano che per volere di Mustafa Kemal (poi conosciuto come Ataturk) divenne una repubblica laica.

E’ un percorso storico affascinante: splendide fotografie d’epoca ci rendono l’atmosfera di quei luoghi. Le immagini provengono da vari Musei, Archivi Storici (quello della Marina Militare che ha fornito anche belle carte dell’Impero Ottomano, Asia e Africa della fine del XVII e XVIII secolo), e collezioni pubbliche e private. Alcuni reperti, soprattutto nella ricostruzione di una tenda tribale libica, provengono dal Museo Nazionale Preistorico Etnografico ‘L. Pigorini’.

Le fotografie sono documenti di grande valenza storica oltre che d’indiscusso fascino: vanno studiate con grande cura, soffermandosi anche sui minimi particolari che svelano molto del periodo in cui furono prese, qualche volta anche più dei documenti scritti oppure aiutano a meglio comprenderli.

La Società Geografia Italiana ha contribuito con alcuni rari fototipi della Collezione Capra riguardanti l’Anatolia e con un documento, ad avviso di chi scrive, di rara curiosità storica: si tratta, infatti, di una Carta della Repubblica turca a colori realizzata da Izz-Ud-Din a Costantinopoli (non ancora Istanbul) nel 1923. Il pregio storico di questo documento è che le indicazioni sono scritte in turco ma ancora con alfabeto arabo: quell’alfabeto che di lì a poco Ataturk cancellerà, imponendo quello latino nella scrittura della lingua turca; una sorta di damnatio memoriae.

Molti sono i documenti, così come alcune fotografie, provenienti dallo stesso Archivio Centrale dello Stato: Fondi della Real Casa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno (Direzione Generale della Pubblica Sicurezza), Ministero delle Comunicazioni, Archivi di Famiglie e Persone: a dimostrazione di una ricchezza documentale senza pari. Del resto l’Archivio Centrale dello Stato è uno dei più grandi del mondo. Un saggio di Anna De Pascale indica, con scientificità e dovizia di particolari, i fondi dai quali i documenti sono stati scelti per l’esposizione.

Occorre notare che, anche per chi frequenta o ha frequentato l’Archivio, questa mostra rivela ancora una volta la possibilità di ‘scavare un giacimento’ immenso ove a volte ci si può perdere.

Sono stati messi in visione numerosi rapporti e relative carte geografiche riguardanti la guerra italo-turca e l’occupazione del Dodecaneso: l’Italia decise questa missione militare per costringere il riottoso, e ancora sultaniale, governo di Costantinopoli a accettare le condizioni della pace, imposte da Roma, per quel che concerneva la Tripolitania e la Cirenaica.

Come scrive uno dei curatori della mostra, Carlo Fiorentino, l’impresa libica e in seguito l’occupazione del Dodecaneso, rientravano in una chiara visione geopolitica di Antonino di San Giuliano e, aggiungo, anche del Generale Pollio e dell’Ammiraglio Rocca Rey, che concordarono le varie fasi della missione militare nell’Egeo. La corrispondenza fra i due alti ufficiali è di grande interesse per un’analisi geopolitica militare, anche se quei vertici militari non concordavano spesso con gli aspetti politico-diplomatici sostenuti dal Ministro degli Esteri.

Lo scoppio della prima guerra mondiale, la Grande Guerra, rimise tutto, o quasi, in gioco.

Il percorso espositivo della mostra arriva fino alla rivolta araba che fu sostenuta dalla Gran Bretagna e non solo: a essa, infatti, posero mano anche alcuni dei Giovani Turchi che avevano lasciato l’Impero, tra i quali anche Alì Aziz, detto el Masri, che condannato a morte dal Sultano ma graziato, raggiunse l’Egitto e da lì fomentò quel territorio contro l’Impero (di questo però non vi è cenno nella mostra, non essendo direttamente legato all’Italia).

Una notazione a parte merita il catalogo pubblicato dalla De Luca Editori d’Arte. La veste tipografica e iconografica è molto curata, nei colori, nella riproduzione di carte, fotografie e documenti: non potrebbe essere altrimenti conoscendo la tradizione di quella Casa Editrice.

Il valore di questo volume, che non è solo un catalogo, è soprattutto nei saggi di grande spessore storico che accompagnano le parti della mostra, spiegando approfonditamente i vari periodi relativi alla presenza italiana nel Levante: nulla da invidiare a alcuni recenti cataloghi di mostre realizzate a Parigi (delle quali OA ha recentemente scritto), anzi…

E questo un volume-catalogo che riunisce la seria ricerca storica con la ricerca documentale e fotografica in un raro connubio di fruibilità assoluta e di racconto storicamente comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

Scrive il prof. Lo Sardo, che con i suoi collaboratori (e un nutrito Comitato Scientifico) ha costruito questo ‘grande scenario’: abbiamo concordemente voluto mettere l’accento su due aspetti perché la retorica bellicosa e il trionfalismo non facciano facile breccia: l’orrore della guerra e la comune aspirazione di pace.

Realmente non c’è trionfalismo in questa mostra ma una pacata riflessione su quel periodo, arricchita anche dalla presenza di due artisti contemporanei: Mimmo Paladino, con la sua creazione ‘il treno’, una serie di sculture e oggetti in terracotta molto scura, collocati all’interno di numerose gabbie, come vagoni di un treno, che rappresentano il dolore e l’angoscia dell’umanità in guerra.

Michelangelo Pistoletto, invece, con Juan E. Sandoval, ha proposto una serie di sedie colorate allineate sul profilo geografico del Mediterraneo, in verde e blu: i colori della terra e del mare, con un confine che collega le due sponde.

Molto altro ci sarebbe da dire su una mostra che coniuga ricerca storica e ricerca documentale con un’armonia difficilmente riscontrabile, a dimostrazione di un ottimo lavoro di studiosi e preparati funzionari dello Stato che hanno impegnato le loro forze per la realizzazione di un’opera scientifica e didattica, di grande valore, con un allestimento interessante di facile percorrenza.

E’ un invito a visitarla, per gli addetti ai lavori e non, oltre che per le scuole.

maria gabriella pasqualini – Università di Palermo.

7 aprile- 6 luglio 2017, dal lunedì al venerdì ore 10-18; il sabato ore 10-14. Ingresso gratuito. Visite guidate su prenotazione: acs.urp@beniculturali.it

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                      Una delle Carte riprodotte nel volume-catalogo.

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