La Relazione del Governo al Parlamento per il 2016 sulla politica dell’informazione per la sicurezza. Brevi note.

La Relazione del Governo al Parlamento per il 2016 sulla politica dell’informazione per la sicurezza. Brevi note.

Il prefetto Alessandro Pansa, Direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (DIS)

Il prefetto Alessandro Pansa, Direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (DIS)

Si tratta di una lunga relazione (128 pagine in pdf) che analizza in dettaglio gli scenari geopolitici internazionali (terrorismo, jihadismo, migrazioni, finanza internazionale), e la situazione interna (criminalità organizzata di stampo mafioso, corruzione, traffici di stupefacenti e movimenti illeciti di risorse finanziarie).

E’ un saggio di analisi dei mutamenti internazionali e sociali interni che presenta al Parlamento e a un pubblico che li ignorasse, con un linguaggio corretto e accademico e forse non sempre di facile comprensione per i non addetti ai lavori.

La Relazione è dovuta ai sensi della L.124/2007 (art.38). In questo breve articolo, però, sarà analizzata solo la parte riguardante il terrorismo, le migrazioni, il jihadismo.

Articolata in vari capitoli, la parte più interessante, a avviso di chi scrive, è quella finale su Scenari e tendenze: una sintesi (p.81 e ss.), mentre quella più concreta da un punto di vista della comunicazione è rappresentata dai 16 box presenti all’interno del testo (v. sotto).

Cercheremo di trovare, fra le pieghe della lunga relazione, quelli che sono i programmi futuri e le linee di tendenza della futura operatività dei Servizi d’informazione per la sicurezza (AISE, AISI e DIS).

Il futuro non si presenta semplice: è evidente, come sottolineato appunto nel capitolo Scenari, che occorra una maggiore collaborazione internazionale nel settore dell’intelligence per poter efficacemente contrastare la politica terroristica in Europa di DAESH che sta perdendo terreno, anche in termini di miliziani, nella regione mediorientale e che di conseguenza tenderà a portare sempre di più la sua devastante politica terroristica nel cuore della Cristianità, che non è solo Roma, ma è parte di quella cultura occidentale combattuta dai jihadisti.

Da parte delle istituzioni, sono previsti anche programmi di assistenza per soggetti esposti al rischio di radicalizzazione e programmi per aiutare chi dovrebbe de-radicalizzarsi rientrando da teatri d’operazioni cioè i foreign fighters, probabilmente addestrati a agire nei luoghi di nascita o di residenza.

Si scrive anche di una ‘contronarrativa rivolta soprattutto a un uditorio giovanile’, ovvero, presumo, come insegnare ai giovani a riconoscere elementi di radicalizzazione nella scuola e nei loro compagni: questo tipo di ‘contronarrativa’, se di questo si tratta, è stato da qualche anno messo in atto dalla Polizia britannica con notevoli successi ed è stata rivolta non solo alle scuole ma a diversi ambiti sociali. In questo settore dobbiamo affrettarci…ma è positivo iniziare l’opera.

Analizzato è il fenomeno ormai strutturale delle migrazioni che richiedono uno sforzo maggiore nella raccolta informativa: è ormai acclarata la contaminazione tra le reti criminali e il terrorismo…direi che è alla luce del sole da molto tempo e quindi la situazione impone una conoscenza profonda dei meccanismi islamico-criminali o solo criminali che alimentano questo traffico di schiavi.

Per la Libia si prevede un sempre più crescente impegno di stabilizzazione che faccia prevalere l’interesse comune del Paese su divisioni, tribalismo e personalismo…certamente lodevole l’impegno che sarà esplicato ma piuttosto utopistico allo stato dell’arte.

Del resto tutti i movimenti jihadisti, Boko Haram compreso, hanno portato a una destabilizzazione anche nell’Africa cosiddetta nera, a nord e a sud del 12° parallelo.

L’allegato al Documento di Sicurezza Nazionale riguarda il potenziamento delle capacità cibernetiche nazionali e lo stato della minaccia cibernetica in Italia con le sue possibili evoluzioni. E’ ormai chiaro che l’intelligence contemporanea non può far a meno di esperti informatici perché è evidente che anche in Italia vi è una minaccia cibernetica in continua evoluzione. E il Comparto Sicurezza ricerca gli indicatori di questa minaccia avanzata per individuarne le principali direttrici e i paradigmi comportamentali, certamente moltiplicando gli sforzi per dominare il mondo cibernetico e evitare attività definite malevole.

Da ricordare che fin dal 2013 il DIS ha due strumenti in questo settore: un Tavolo Tecnico Cyber TTC per le attività di raccordo inter-istituzionale e un Tavolo Tecnico Imprese-TTI per quello che è definito il Partenariato Pubblico-Privato (PPP).

L’attività è svolta secondo la Direttiva UE in materia di sicurezza Network and Information Systems (NIS) aggiornata nel Quadro Strategico Nazionale e Piano Nazionale 2016-2018. Di questi aggiornamenti sono dati dettagli operativi indubbiamente di un certo interesse che forse già da soli avrebbero potuto costituire una seconda, complessa e interessante, Relazione a uso di esperti della materia, soprattutto nel settore dei trend evolutivi della minaccia cibernetica. Utile il capitoletto le parole del cyber, la spiegazione tecnica di alcune parole o acronimi usati in questa parte della Relazione.

I box che sono stati inseriti nella lunga trattazione sono forse l’aspetto più interessante e concreto, oltre al settore cyber, di questa lunga relazione sullo ‘stato’ dell’Italia e delle possibili minacce che affronterò nel futuro, senza alcun dubbio.

Ci sono le ‘torte’ statistiche relative alle informative/analisi inviate a Enti Istituzionali e Forze di Polizia per il 2016, da AISE e AISI, riguardanti le percentuali delle reali minacce al Sistema Paese, suddivise per tipologia.

Nel primo box è illustrato il modello italiano di risposta a queste minacce e qui si scende finalmente nel concreto illustrando la strategia nazionale di controterrorismo: indubbiamente il nostro Stato ha saputo reagire efficacemente negli ‘anni di piombo’, preparando le Istituzioni e rendendole tra le più efficaci al mondo per questo contrasto. Gli operatori d’intelligence, grazie anche recenti leggi, hanno potuto ampliare le possibilità di raccolta informativa, anche andando, per esempio, nelle carceri per colloqui con detenuti. Novità di grande valenza strategica nella lotta al terrorismo di marca islamico-integralista, che si sviluppa nelle sovraffollate carceri italiane.

Un maturo rapporto tra l’intelligence e la Difesa, e la relativa legislazione ad hoc, consente all’AISE di avvalersi in speciali casi (sicurezza nazionale o protezioni di connazionali) di Forze Speciali della Difesa e dei relativi assetti (Folgore, Col Moschin,GIS etc….).

Il box n.4 illustra l’attività di reclutamento delle risorse umane del Comparto Intelligence, un reclutamento non più contornato di mistero…che non recluta più solo nelle Forze Armate ma anche nella società civile, soprattutto nelle Università, per assumere giovani che abbiano già delle specifiche professionalità e che possano crescere e maturare in questo Comparto. Infatti, come si scrive nella Relazione, il rapporto intelligence-Università è di valenza strategica per il futuro.

Altro box con informazioni puntuali e concrete è il n.7 che traccia la presenza islamico-radicale nei Balcani: non se ne parla molto nei media eppure il settore strategico balcanico è molto importante sia per il reclutamento e l’avvio alle zone di guerra siriane e irachene per combattenti stranieri, di origine balcanica, sia per veicolare il loro ritorno. La regione dei Balcani ha una forte componente musulmana che un tempo si differenziava da quella mediorientale (sunnita e sciita), ma, dopo il 1992 con il conflitto bosniaco, è stata molto più permeabile a un estremismo islamico jihadista, nel quale vede una sorta di miglioramento sociale e economico. In sintesi la presenza estremista jihadista nei Balcani minaccia seriamente l’Europa e ovviamente in prima battuta gli stati limitrofi.

Nel box n.9 sono indicati i rischi di attacchi con armamento chimico-batteriologico-radiologico-nucleare da parte delle formazioni jihadiste terroriste; pericolo reso concreto anche dallo smantellamento di arsenali chimici locali, soprattutto in Libia… dove, personale opinione di chi scrive, gli errori occidentali sono stati gravissimi e l’Italia ne sopporta le disastrose conseguenze.

Il box n.10 analizza le caratteristiche del fenomeno migratorio via mare, ormai ben noto anche ai comuni cittadini. Sono interessanti le percentuali di arrivo da Paesi come l’Egitto, l’Algeria, la Tunisia e quelle riguardanti le nazionalità dichiarate.

In sintesi: è un documento da leggere con molta attenzione e un pizzico di curiosità. È la fotografia dell’Italia attuale, del mondo globalizzato. Non ci sono certamente rivelazioni eclatanti a meno di saper leggere fra le righe. È però doveroso da parte dei Servizi d’Informazione per la Sicurezza dare conto del proprio operato a chi rappresenta la cittadinanza, cioè al Parlamento, per quella trasparenza sancita già nel 1977, quando i Servizi furono riorganizzati con criteri moderni e la responsabilità della sicurezza nazionale fu messa in capo al Presidente del Consiglio che ne deve dare le direttive e ne relaziona al Parlamento. Normalmente, nel passato, il Premier dava la delega a un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di sua fiducia. Non mi risulta che questa delega sia stata ancora data nel governo Gentiloni: interessante comportamento politico nei confronti dei Servizi informativi.

Una piccola curiosità storica: quando si pose il problema della riorganizzazione dei Servizi allora chiamati segreti, già nel 1945/6, gli americani, in particolare nei loro progetti per quelli italiani, indicavano che sarebbe stato utile sottrarre la competenza dei Servizi, cioè della sicurezza e difesa nazionale alla componente militare, con una diversa organizzazione che prevedesse anche una responsabilità di istituzioni governative politiche.

Le vicende andarono diversamente e fu costituito il SIFA che divenne SIFAR…trentanni dopo, sotto la spinta di contingenti avvenimenti, anche relativi al problema del segreto di stato, un consenso trasversale parlamentare licenziò la modernizzazione dei servizi informativi italiani. Altri cambiamenti sono sopravvenuti in seguito, soprattutto con la legge del 2007, sopra citata, ma alla base è rimasto l’impianto giuridico del 1977, con notevoli miglioramenti circa la trasparenza, sempre nella salvaguardia dei compiti istituzionali di servizi informativi necessari al mantenimento della stabilità e della democrazia dello stato sovrano.

  1. http://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/category/relazione-annuale.html

Per il testo integrale della Relazione 2016 e le precedenti.

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IL dott. Alberto Manenti, Direttore dell'Agenzia Informazioni e la Sicurezza Esterna (AISE) dal 24 aprile 2014 Sicurezza Esterna (AISE)

Il dott. Alberto Manenti, Direttore dell’Agenzia Informazioni e la Sicurezza Esterna (AISE) dal 24 aprile 2014  (AISE).

Il generale Mario Parente, Direttore dell'Agenzia per la Sicurezza Interna (AISI)

Il prefetto (già generale CC) Mario Parente, Direttore dell’Agenzia per la Sicurezza Interna (AISI)

 

 

 

 

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