IL SILENZIO ASSORDANTE DELLA LEGA DEGLI STATI ARABI NELLO SCACCHIERE MEDIORIENTALE

IL SILENZIO ASSORDANTE DELLA LEGA DEGLI STATI ARABI NELLO SCACCHIERE MEDIORIENTALE

Ahmed Aboul Gheit, il Segretario Generale della Lega Araba

Ahmed Aboul Gheit, il Segretario Generale della Lega Araba

Chi conosce la Lega Araba? Pochi in verità. Da quando fu creata si è distinta per la scarsa unione tra i vari membri e per essere assolutamente silente se non assente nei momenti importanti o meno risolutivi nella vita del Medio Oriente. Potrà il nuovo Segretario Generale cambiare l’andamento di questa Lega e farne un protagonista della vita politica mediorientale?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

 La Lega degli Stati arabi, Jamiat al Duwal al Arabiyya, una delle storiche organizzazioni internazionali dell’era moderna, nata ancor prima delle Nazioni Unite e di tutte le istituzioni regionali tra cui l’Unione Europea, sta vivendo una complicata crisi identitaria e strutturale.

In effetti, proprio in questi tempi oscuri quando sarebbe necessaria una Lega araba forte e autorevole, sta invece palesando tutta la sua debolezza e incapacità.

Perché quest’organizzazione, l’unica in cui la membership è determinata dalla comune appartenenza culturale e non geografica, s’è ridotta a un simulacro di ciò che è stata e, soprattutto, cosa sarebbe opportuno fare?

Nel solco di una consolidata tradizione risalente al 1945, e con una sola parentesi nel 1979, il Segretario della Lega Araba è egiziano.

In quell’anno, a seguito dei controversi accordi di pace tra Israele ed Egitto, per opportunità politica la sede dell’Organizzazione fu spostata a Tunisi e affidata al tunisino Chedli Klibi, sostituito poco tempo dopo dal libanese Asad al-Asad che rimase in carica sino al 1991, anno in cui la sede ritornò nella capitale egiziana.

Il core business della Lega sin dalla sua fondazione è stato quello di coordinare la politica estera e promuovere la cooperazione economica e cultuale in tutto il mondo arabo, inizialmente ristretto all’Egitto, all’Arabia Saudita, alla Giordania, all’Iraq, al Libano, alla Siria e allo Yemen del Nord, in seguito allargatosi alla Libia, al Sudan, alla Tunisia, al Marocco, al Kuwait, all’Algeria, allo Yemen del Sud (poi unificatosi), al Bahrein, agli Emirati Arabi Uniti, all’Oman, al Qatar, alla Mauritania, alla Somalia, all’OLP, a Gibuti e ad altri paesi ancora, anche come semplici osservatori.

Di fatto, compongono la Lega araba gli stati dell’area del Maghreb, di parte dell’Africa orientale e del Medio Oriente arabo con l’obiettivo, esplicitato nella Carta, di “…coordinare la loro collaborazione, di salvaguardare l’indipendenza e la sovranità dei paesi arabi e agire nel loro interesse comune…“.

La questione palestinese è stata per lungo tempo il pensiero dominante e il collante della Lega araba (e per certi versi lo è anche tutt’oggi), sempre contraria alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina.

Così come collante è stata l’idea dell’appartenenza a una patria araba, al panarabismo, e la lotta contro il colonialismo e la subalternità nei confronti dell’occidente.

Tutte questioni che nel corso del tempo sono però divenute divisive e hanno creato vari schieramenti interni, come divisiva è stata la crisi negli anni novanta in seguito all’invasione irachena in Kuwait, l’intervento angloamericano in Iraq, la crisi libanese nel 2006, l’attacco israeliano a Gaza nel dicembre del 2008.

Dagli anni novanta a oggi il ruolo della Lega araba s’è via via ridimensionato per le crescenti tensioni tra gli stati, per la marginalizzazione della questione palestinese dagli accordi di pace di Oslo, per la politica iraniana aggressiva ai tempi di Ahmadinejad con l’intento d’espandere la propria influenza nella regione, per il vento delle rivoluzioni arabe in Tunisia e in Egitto, per la diffusione del terrorismo islamista.

Un ridimensionamento che non ha saputo/potuto contrastare la crescita economica e il ruolo politico degli Stati del Golfo e del Consiglio di Cooperazione del Golfo, Majlis al Taawun al Khaliji, in particolare dell’Arabia Saudita e degli altri membri che lo compongono: Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrein, Oman e Qatar.

Ahmed Aboul Gheit, l’ultimo ministro degli Esteri dell’era Mubarak, da alcuni mesi è il nuovo Segretario della Lega degli Stati arabi che ha sostituito l’incolore Nabil el-Arabi, ex ministro degli Esteri nel Governo egiziano di transizione nel 2011.

Negli ultimi anni Aboul Gheit, che ha il difficile compito di ri-vitalizzare l’Organizzazione, è rimasto nell’ombra, riapparendo sulla scena politica egiziana una sola volta nel 2012 per sostenere l’allora ex Primo Ministro Ahmed Shafik nelle elezioni presidenziali contro l’islamista Mohamed Morsi.

Negli ambienti internazionali è nota la sua avversione ai Fratelli Musulmani e, di fatto, all’Iran; altresì sono chiare le sue posizioni accomodanti nei riguardi di Riad e di collaborazione verso gli Stati Uniti d’America.

Forse non è casuale che un uomo come Aboul Gheit sia stato scelto a dirigere la Lega in un frangente storico in cui molti paesi, in primis l’Egitto di el Sisi, sono in prima linea nella lotta contro l’estremismo e uno jihadismo imperante.

Un Segretario che, vista la sua idiosincrasia nei confronti dell’Iran, potrebbe essere un facilitatore nel tentativo di compattare il fronte sunnita guidato dall’Arabia Saudita contro il blocco sciita.

Di certo, Aboul Gheit è un diplomatico di lungo corso con alle spalle un mandato di rappresentanza presso le Nazioni Unite e di ambasciatore in Italia e per molti anni è stato anche capo di gabinetto dell’allora Ministro degli Esteri Amr Moussa, poi Segretario della Lega araba nei primi anni del 2000.

E’ di tutta evidenza la necessità di ricompattare gli stati che compongono la Lega che sempre meno si sentono rappresentati e, ancor più grave, sempre meno si sentono vincolati ad essa.

Lega araba che non è evidentemente al passo con gli accadimenti che giornalmente scuotono tutto il mondo arabo, dalla Siria, all’Iraq, alla Libia, e che non ha percepito il mutamento dei sistemi politici.

Lega araba che dev’esser messa nelle condizioni di poter fronteggiare i numerosi problemi, soprattutto quello legato alla sicurezza e alla lotta contro il terrorismo in tutte le sue varie espressioni.

Di certo, non è sufficiente la riunione ministeriale Ue-Lega araba tenutasi recentemente a Il Cairo e una semplice dichiarazione d’intenti …”condividiamo un sentimento di tristezza per le vittime innocenti cadute a Berlino, in Giordania, a Il Cairo e per l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara…affrontiamo un’ondata d’inconcepibile violenza e terrorismo…e condividiamo la convinzione che solo una risposta comune alla violenza terroristica può portare risultati per il bene dei cittadini tanto in Europa quanto nel mondo arabo…è necessario mostrare la nostra determinazione a prevenire e combattere insieme il terrorismo nei nostri territori e globalmente…“, ci vuole molto di più!

Lega araba che altresì, seppur con colpevole ritardo, dovrà al più presto ritrovare la forza politica per dettare le linee guida che i paesi dovranno seguire nel tentativo di democratizzare i propri apparati interni.

Ciò che Aboul Gheit dovrà fare nei prossimi mesi è pertanto cercare di risolvere una stagnante crisi strutturale e tentare di far ritornare la Lega Araba agli antichi splendori, volano di cambiamenti e alleanze, fulcro di progetti e piani in grado di ricreare uno spazio per l’iniziativa araba a vantaggio degli arabi.

Lega Araba che, nonostante la situazione contingente, resta pur sempre uno strumento strategico nelle mani degli arabi, per lo meno di una parte dei ventidue paesi che la compongono.

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Gli Stati della Lega Araba

Gli Stati della Lega Araba

 

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