LIBIA NEL CAOS

LIBIA NEL CAOS

Il ministro Minniti

Il ministro Minniti

In Libia non c’è pace…l’hanno destabilizzata…l’Italia ha una massa di migranti che non può accogliere. Il Ministro dell’Interno corre correttamente a fare accordi con…il Governo di unità nazionale…ma dove è l’unità? E poi da oggi…l’incognita Trump! USA: saranno sempre più lontani!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 9 gennaio il ministro dell’interno italiano incontra a Tripoli il premier Farez al Serraj e il suo ministro degli esteri Taher Siyala per discutere il contrasto all’immigrazione e al terrorismo.

L’agenda prevede d’impedire ai barconi di prendere il mare e intensificare i controlli delle frontiere a sud del Paese impedendo gli ingressi dal Niger, crocevia per le centinaia di migliaia di disperati che cercano di raggiungere l’Europa, grazie a sistemi radar che fornirebbe l’Italia.

Inoltre, nel quadro delle attività sull’addestramento della Guardia costiera libica da parte della missione europea Sophia per 78 ufficiali e sottufficiali ormai alla fine e all’avvio della seconda fase all’interno di basi situate in Italia, Grecia e Malta, si prevede entro la primavera l’inizio della fase finale per la formazione dei libici a bordo delle navi sulle quali dovranno operare.

Si tratta di otto motovedette già destinate nel 2011 dall’Italia alla Libia ma non consegnati per l’inizio della rivolta che avrebbe portato all’uccisione di Gheddafi.

La tempistica però dipende dal fatto che il passaggio della missione europea dal controllo delle acque internazionali davanti alla Libia alla fase che prevede l’ingresso nelle acque territoriali libiche dipende da una richiesta del governo libico e una Risoluzione Onu che ne autorizzi l’intervento.

Il giorno seguente riapre a Tripoli l’Ambasciata italiana, chiusa dal 15 febbraio 2014, che sarà la prima a operare nella capitale libica alla guida dell’ambasciatore Giuseppe Perrone, che ha già inviato le credenziali al governo di Accordo Nazionale del premier Fayez al Serraj, capo del Consiglio Presidenziale libico.

Dopo due giorni, gruppi libici assaltano Tripoli e prendono il controllo dei ministeri di Difesa, Economia e Giustizia.

Nel caos che ne consegue, l’analista politico di France 24, Yannus Koutsomitis, scrive che sarebbe in atto un colpo di Stato delle milizie fedeli al Governo di salvezza Nazionale di Khalifa al-Ghweil, che già nell’ottobre 2016 aveva occupato la sede del Consiglio di Stato nel Rixos Hotel della capitale libica.

Dopo pesanti scontri, le forze governative fedeli al Consiglio Presidenziale di Serraj, sostenuto e imposto dall’ONU e con l’appoggio di parte della comunità internazionale, riprendono le posizioni e allontanano le milizie di Ghweil.

Non va escluso che il gruppo del tentato golpe possa essere vicino anche alle autorità della Cirenaica, cioè alle forze del generale Khalifa Haftar, nemico giurato dei Fratelli Musulmani e dei gruppi islamisti ispirati alla Fratellanza.

La situazione si complica.

Dal governo di Tobruk, passato da esecutivo legittimo per la Comunità Internazionale a entità ribelle, il ministro degli esteri del premier-ombra, Al Thani, definisce il ritorno della rappresentanza diplomatica italiana “una nuova occupazione”, pari a un intervento militare.

Inoltre, sul “Libya Observer”, aggiunge che “una nave militare italiana carica di soldati e munizioni è entrata nelle acque territoriali libiche, è una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite e una forma di ripetuta aggressione” ma non fornisce alcun dato concreto.

Nel frattempo, da Tobruk continua a muoversi il generale Haftar, autonominatosi capo dell’esercito che controlla la Cirenaica.

Appena tre giorni dopo la presenza italiana, Haftar ha visitato l’incrociatore russo Kuznetsov, ultimo di una serie di incontri con le autorità di Mosca.

Il quotidiano arabo “al Quds’al Arabi”, scrive che Haftar avrebbe un’intesa con il ministro degli esteri russo per la creazione di una base militare sul Mediterraneo.

Di fatto, già a inizio novembre 2016, fonti libiche parlavano di uno scambio di armi russe ad Haftar in cambio di una base vicino Benghasi.

Prospettiva che stravolgerebbe l’attuale fragile equilibrio dei poteri che registra numerosi attori stranieri :

  • l’Italia che persegue la unità del Paese;
  • la Francia interessata alle risorse petrolifere della Cirenaica;
  • gli Stati Uniti sempre più lontani;
  • l’Egitto che, garantito appoggio ad Haftar e riavvicinatosi alla Russia, supporterebbe l’eventuale intervento russo.

In altri termini, la coraggiosa iniziativa italiana, ben accettata dall’EU, aveva spinto il premier maltese Muscat e il commissario UE all’immigrazione Avrampoulos a dichiarare l’intenzione di replicare entro la primavera prossima l’intesa sul modello di quella raggiunta dall’EU con la Turchia.

Ma la situazione precipita.

Lo stesso giorno 13 l’accordo italiano è smentito dalla Valletta: il ministro degli esteri maltese Vella, dopo averne discusso telefonicamente con il governo al-Serraj, comunica che Tripoli non ha in realtà mai dato il via libera all’intesa-migranti con l’Italia e che “è lontano” dall’accettare, aggiungendo che i libici stanno considerando il progetto ma al momento “le posizioni sono totalmente diverse”.

Rimane, quindi, chiara la situazione di Serraj, che non ha alcun controllo in Tripolitania, non è accettato dalle tribù – mai visitate – né ha la disponibilità di un esercito in grado di contrastare eventuali campagne militari provenienti dai numerosi attori presenti in Libia, dalla Cirenaica al Fezzan e nella stessa Tripolitania con supporti di Egitto, Emirati Arabi, Francia, Russia.

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Fayez al-Sarraj

Fayez al-Sarraj

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