IL CONCETTO DI DEMOCRAZIA E LE SUE DIVERSE GRADAZIONI

IL CONCETTO DI DEMOCRAZIA E LE SUE DIVERSE GRADAZIONI

Samuel Huntington

Samuel Huntington

Alcune pacate ma dotte riflessioni sulla ‘democrazia’, parola bellissima che racchiude un concetto di grande civiltà ma….è applicabile ovunque e in tutto e per tutto? Io personalmente ho seri dubbi al riguardo.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

 La parola “democrazia” è tra quelle più usate – e abusate – nel lessico del dibattito sociale e politico in tutti in tutti i paesi, dalla consolidata “vecchia” Europa al “giovane” e tormentato continente africano.

Un Paese non può essere considerato democratico, in maniera riduttiva, per la semplice acquisizione di un consenso attraverso lo svolgimento di elezioni regolari in cui vi è il rispetto formale di alcune regole.

In realtà, per definirsi tale un Paese ha bisogno di compiere un processo lungo e strutturato di “maturazione” democratica.

L’evoluzione di un processo sui cui, da qualche tempo, un’estesa letteratura politologica s’interroga, a partire dalle “ondate” di democratizzazione che hanno coinvolto i paesi africani, arabi e, in misura minore, asiatici, sino ad arrivare alle rivoluzioni arabe di questi ultimi anni.

Uno dei testi fondamentali è il libro dal titolo La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, del famoso politologo Samuel Huntington, scomparso dieci anni orsono.

Huntington individua nella storia della democrazia moderna tre “ondate” di democratizzazione e definisce una “ondata” come una serie di passaggi dai regimi autoritari a quelli democratici, concentrati in un tempo determinato e in cui il numero di fenomeni inversi, cioè il passaggio dai regimi democratici a quelli autoritari, è significativamente inferiore.

L’autore individua due grosse ondate che si sono verificate tra il 1828 e il 1926 e tra il 1943 e il 1962, seguite entrambe da lunghi periodi di reflusso (passaggi da regimi democratici a regimi autoritari).

La terza “ondata” inizia con la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo nel 1974 e arriva ai giorni nostri.

Larry Diamond, politologo all’Università di Standford, in tempi successivi riprende lo studio di Huntington e individua una successiva ondata che termina nel 1997 sulla base della considerazione che, dopo una costante crescita tra il 1991 e il 1996, non ci sarebbe stato un’ulteriore significativo aumento del numero dei paesi democratici e non sembrava che il processo di riforma avrebbe potuto essere rilanciato.

Alla luce dei recenti accadimenti in Medio Oriente e per casi sporadici (forse unico riguardo alla Tunisia), il lavoro potrebbe essere aggiornato.

Nelle società occidentali quando si parla di democrazia intendiamo quella liberale e costituzionale, o quella “avanzata” in cui, oltre alla scelta dei governanti tramite l’indizione di libere e regolari elezioni, è garantito il rispetto della Costituzione e delle leggi.

Una democrazia avanzata che assicura altresì la separazione dei poteri, la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali, il funzionamento dell’apparato giuridico e amministrativo, nonché un pluralismo economico e sociale.

Sparsi per il mondo però ci sono molti esempi di democrazie non liberali in cui, a fronte di elezioni formalmente eque, sono ignorati i limiti imposti dalla Costituzione e calpestati i diritti fondamentali dell’uomo. E’ il caso delle cosiddette democrazie elettorali o plebiscitarie.

Nelle democrazie liberali però sussistono diverse gradazioni che fanno sì che alcune democrazie, di fatto, non raggiungono lo stadio di una democrazia avanzata.

In un saggio dal titolo What is democratic consolidation, pubblicato anni fa sul “Journal of Democracy“, il politologo Schedler pone in un unico continuum di democraticità crescente quattro tipi di regime: l’autoritario, la democrazia elettorale, quella liberale e, infine, la democrazia avanzata.

La riflessione più interessante di Schedler è che i modelli di regime presentati hanno tutti il duplice obiettivo di conseguire il livello successivo, evitando di ricadere in quello precedente.

Soprassedendo sul concetto di regime autoritario noto a tutti, possiamo configurare la democrazia elettorale come un regime sostanzialmente aperto a elezioni libere ma che non offre delle garanzie per i diritti civili e politici, come invece si palesa in una democrazia liberale.

Va da sé che in una democrazia avanzata è garantito un maggior grado di protezione dei diritti e un’ampia libertà; non certo la perfezione ma è moltissimo se comparata a tutti gli altri regimi.

Per un quadro più completo è opportuno chiarire altri due concetti connessi a quello di democrazia: liberalizzazione e democratizzazione.

Per liberalizzazione intendiamo tutta una serie di riforme attuate con l’obiettivo di allargare sia i diritti civili sia quelli politici, legalizzare la vasta gamma delle associazioni volontarie, ridurre le forme di censura e garantire l’indipendenza dei mezzi di comunicazione ecc…

Quando parliamo di democratizzazione a priori inglobiamo il concetto base di liberalizzazione, ma in una veste rafforzata per aumentare la qualità e il livello di democrazia in tutti gli ambiti della società

Una democrazia può essere anche definita in base al grado di competitività (o liberalizzazione) e all’ampiezza della partecipazione (o inclusività), come riportato nel “Manuale di scienza della politica” del politologo Dahl.

La competitività è intesa come quantità d’organizzazioni politiche e di società civile, di partiti politici e di sindacati presenti in un dato sistema politico, mentre la partecipazione e correlata all’espansione dei diritti politici con riferimento all’elettorato sia attivo sia passivo e alla possibilità d’ingresso di nuovi strati della popolazione nell’arena politica.

Prendendo a prestito le parole del politologo Gianfranco Pasquino, la partecipazione è correlata alla “…rottura del principio plebiscitario e all’organizzazione degli interessi intermedi…”, quindi alla nascita e allo sviluppo, in tempi e con modi differenti, dei partiti politici e dei sindacati.

Da quanto su esposto, emerge chiaramente che una democrazia compiuta è il migliore di tutti i sistemi politici esistenti anche se, per la verità, sono pochi (issimi) i regimi nel mondo che rispondono a un ideale democratico che supporrebbe l’onestà dei potenti nei riguardi dei propri cittadini.

Inevitabilmente e senza entusiasmo, ci si deve accontentare di un sistema che garantisca alcuni imprescindibili criteri tra cui le libere elezioni, un’opposizione organizzata, il diritto all’alternanza politica, un sistema giudiziario indipendente dalla politica, un’informazione libera e non cassa di risonanza del potere.

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