SAHARA OCCIDENTALE

Mappa del Sahara occidentale

Mappa del Sahara occidentale.

Il Sahara occidentale…la missione ONU MINURSO, rinnovata di anno in anno, che in realtà non riesce a concludere molto, se non nulla. Della Repubblica Araba Sarahawi Democratica (RASD) non se ne parla, almeno sui giornali italiani….eppure sono territori ricchi di fosfati, di pescato, di petrolio. La sua popolazione beneficia di tutto questo? O, come il solito, con complicità o distrazioni internazionali rimane a secco? Un articolo che riporta all’attenzione il problema saharawi e ne fa una sintetica storia. E chi sa che anche lì c’è un muro? E che muro!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                 

Mohamed Abdelaziz, presidente della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), morto alla fine di maggio 2016 a 68 anni dopo una lunga malattia in un ospedale algerino, lascia alla sua popolazione una grande eredità.

Carismatico tanto da vedersi rinnovato il mandato elettorale per la dodicesima volta, è rimasto vicino anche alla componente più giovane del Fronte Polisario (Frente Popular de Liberaciòn de Saguìa el Hamra Y Rìo de Oro).

Quando i gruppi giovanili, nell’estate scorsa, erano arrivati a non escludere la ripresa della lotta armata se diplomazia e proteste non violente non avessero posto fine all’occupazione del Marocco, Abdelaziz sottolinea che la lotta armata” lungi da essere una minaccia …è un dovere sacro di tutti i membri del Fronte Polisario, un legittimo diritto sancito dalla Carta costituzionale e avallato da varie Risoluzioni delle Nazioni Unite”.

In effetti, il Sahara Occidentale, a Nord Est dell’Africa fra il Marocco e la Mauritania, è riconosciuto dalle Nazioni Unite dal 1964 come “territorio non autonomo da decolonizzare” conformemente alla precedente Dichiarazione del 14 dicembre 1960, sulla concessione dell’indipendenza ai popoli e ai Paesi sottoposti a dominio coloniale, ai sensi della Risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La realtà sul terreno narra una storia diversa, che va storicamente conosciuta.

In primo luogo va ricordato che il 26 febbraio 1976 la Spagna abbandona il Sahara Occidentale e il giorno dopo il Fronte Polisario proclama la RASD. Il Marocco reagisce, usando anche bombe al napalm ma non riesce a spegnere la resistenza armata del popolo saharawi.

Solo nel 1991, Marocco e RASD sono per il ‘cessate – il – fuoco’ e l’ONU avvia la missione MINURSO con due obiettivi: vigilare sulla tregua e organizzare un referendum di autodeterminazione per indipendenza o autonomia.

A tuttora, il referendum non è mai stato indetto.

I fatti sul terreno dicono che già nel novembre del 1975, con la “Marcia Verde”, il Marocco inizia una fase di eclatanti violazioni del Sahara Occidentale, per l’80% occupato, annesso, integrato alla monarchia, impedendo la creazione di uno Stato indipendente.

La ratio sottesa alla posizione marocchina è chiarissima e nota a tutta la comunità internazionale:

  • il Sahara Occidentale (266,000 km2 di superficie) è ricco di risorse naturali e con una costa pescosissima;
  • un muro con 5 milioni di mine, protetto da filo spinato e lungo oltre 2.700 km taglia il territorio in due parti. Costruito dal Marocco nel 1982, il muro isola il “Sahara ricco di risorse” dalla parte desertica, dove si trovano i territori liberati dal F.P. e amministrati dalla RASD;
  • oltre 90 mila profughi trovano asilo nel sudovest dell’Algeria, soprattutto nel campo di Tindouf, 160 mila saharawi rifugiati vivono in una striscia di deserto algerino e dall’altra parte della barriera vivono circa 400 mila saharawi;
  • la barriera permette al regno del Marocco di sfruttare le risorse in sicurezza – con la complicità di ONU e Paesi interessati allo sfruttamento economico – che costituisce in altri termini la colonizzazione economica forzata e illegale.

Tre sono le principali risorse sottratte al popolo saharawi.

I maggiori profitti provengono dall’industria dei fosfati che sin dal 1975 la Missione di visita ONU realizza che il territorio sarebbe diventato uno dei più grandi produttori di fosfati del mondo. Di fatto, attualmente, la produzione di fosfati di Bou Craa ammonta a circa il 10% della produzione totale del Marocco assicurando circa 3 milioni di tonnellate all’anno. L’”Office Chérifien des Phosphates” (OCP) ha realizzato un programma di sviluppo del valore di 2,45 miliardi di dollari per il periodo 2013 – 2030, che assicura al Marocco una posizione privilegiata a livello mondiale.

La seconda risorsa è il settore della pesca che, secondo il rapporto del “Consiglio economico, sociale e ambientale” (CESE) del Marocco rappresenta il 17% del PIL di questo territorio, il 31% dell’occupazione locale e il 78% delle catture marocchine, generando un’immensa ricchezza. Ogni giorno, inoltre, camion carichi di pomodori freschi, pesche e meloni partono da Dakhla per giungere sui mercati europei etichettati come originari del Marocco.

Non è di minore importanza l’industria petrolifera per cui sin dal 2001 il Marocco – che non produce idrocarburi ed è completamente dipendente dalle importazioni estere – estende le attività di ricerca petrolifera nel Sahara Occidentale e offre licenze di esplorazione alla compagnia petrolifera francese TotalFinaElf (ora Total) e alla compagnia americana Kerr-McGee. Questi due contratti, conclusi per un periodo iniziale di 12 mesi, prevedevano delle clausole standard relative alla rinuncia dei diritti derivanti dal contratto, compresa un’opzione relativa ai futuri contratti nelle zone interessate.

La concessione di queste licenze provoca l’immediata reazione del Fronte Polisario che nel 2002 chiede il parere del sottosegretario delle Nazioni Unite, Hans Corell, e ottiene (per un breve lasso di tempo) il ritiro delle società da territorio.

In quell’occasione, Hans Corell rileva che non esiste un divieto assoluto alla conclusione di accordi economici inerenti alle risorse di un territorio non autonomo con una Potenza amministrante, purché nella negoziazione siano coinvolti i rappresentanti dei popoli autoctoni e che tali risorse siano sfruttate a beneficio dei popoli ivi stanzianti.

Attualmente, circa 300 mila cittadini marocchini risultano essere stati trasferiti nei territori occupati e rappresentano l’80% della popolazione.

I saharawi che sono riusciti a rimanere nella parte occupata dal Marocco rappresentano invece una percentuale piccolissima, pur trattandosi del loro territorio, per cui dei proventi delle attività di sfruttamento arrivano ai saharawi poche briciole. Inoltre, innumerevoli compagnie petrolifere continuano a trivellare il territorio occupato, prima fra tutte la San Leon.

Eppure i due Patti internazionali sui diritti umani prevedono che in nessun caso un popolo possa essere privato dei “propri mezzi di sussistenza” per cui al popolo saharawi è accordata la garanzia internazionale che le risorse del Sahara Occidentale siano sfruttate e impiegate nel proprio esclusivo interesse e sempre dopo essere stato consultato.

In mancanza di queste condizioni tutti gli atti inerenti alle risorse del Sahara Occidentale violano il principio fondamentale di diritto internazionale generale.

Infatti, l’evoluzione attuale del diritto internazionale relativo ai territori non autonomi – come stabilito nella Carta delle Nazioni Unite – ha fatto dell’autodeterminazione un diritto opponibile “erga omnes”, che obbliga gli Stati terzi a rispettare e promuovere questo diritto.

Su questa situazione, sin dal 1975 la Corte Internazionale di Giustizia non aveva “constatato l’esistenza di legami giuridici di natura tale da modificare l’applicazione della Risoluzione 1514 (XV) alla decolonizzazione del Sahara Occidentale e in particolare del principio di autodeterminazione mediante l’espressione libera e autentica della volontà delle popolazioni del territorio”.

Posizione questa che è stata successivamente riaffermata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha più volte condannato “la situazione derivante dalla persistenza dell’occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco”.

Risulta pertanto ben consolidato nel diritto internazionale che il Sahara Occidentale debba essere qualificato come “territorio non autonomo” sulla base dell’art.73 della Carta delle Nazioni Unite e della Risoluzione 1514 (XV) relativa alla decolonizzazione.

La conseguenza giuridica più rilevante che deriva da questa qualificazione è che il popolo sahrawi, rappresentato dal F.P., gode del diritto all’autodeterminazione e beneficia del principio sella sovranità permanente sulle risorse naturali, che ne costituisce il suo corollario economico.

La situazione che tuttora perdura è affatto diversa.

A Tindouf, lo scorso 27 febbraio il F.P. celebra il 40° anniversario della propria Repubblica con una sfilata di carri armati, missili, armi e 25.000 soldati che sventolano la bandiera promettono il ritorno nella loro patria, il Sahara Occidentale.

Ma il referendum non decolla, continuano arresti di attivisti aggravati da seri problemi di sicurezza nell’intera regione per l’infiltrazione di gruppi terroristi provenienti dal nord del Mali, al Qaeda in Maghreb e cellule dormienti che destabilizzano l’area.

Il F.P. è solo a fronteggiare questi attacchi pur avendo creato unità antiterrorismo che impiegano tattiche di guerriglia lungo i confini.

In tale contesto, la partecipazione di Stati (USA, Arabia saudita e Francia in primis), multinazionali allo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale costituisce di fatto il finanziamento di una situazione illegittima.

L’attività della missione MINURSO dell’ONU per ottenere il cessate il fuoco, ha di fatto raggiunto solo questo risultato dal F.P. per poi limitarsi a rinnovare il mandato ogni anno – l’ultimo a marzo 2016 – senza adottare alcuna misura contro il Marocco, che continua, nell’indifferenza internazionale, nella sua colonizzazione economica e repressiva nei confronti di un’intera popolazione.

Solo all’inizio del marzo 2016, Ban Ki-Moon visita la regione poche settimane dopo un forte dissenso tra Marocco e UE perché la Corte di Giustizia Europea aveva stabilito, ancora una volta, che l’accordo commerciale su agricoltura e pesca era illegale considerato che includeva il Sahara Occidentale.

L’Unione Europea non riconosce, infatti, la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale in palese contrapposizione al re Mohamed VI che, in passato, dichiarò che “il Sahara Occidentale rimarrà parte del Marocco, fino alla fine del tempo”, e in merito alla visita ha reagito alle dichiarazioni del segretario generale ONU e all’Algeria.

Il primo ministro del F.P., Omar Taleb, prende atto che ONU, Europa e anche l’Unione Africana come sostengono l’applicazione del cessate il fuoco del 1991. Ma se la posizione dell’ONU non è rispettata e realizzata l’unica alternativa è la ripresa della lotta armata.

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Da notare il 'muro' che divide la parte desertica, ricca dalla parte meno ricca della RASD

Da notare il ‘muro’ che divide la parte desertica, ricca, dalla parte meno ricca della RASD.

 

 

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