Mediterraneo e conflittualità endemiche. 5. Le fonti di energia: il gas e il petrolio. Le nuove scoperte e una auspicabile sinergia euro-mediterranea.

Mediterraneo e conflittualità endemiche. 5. Le fonti di energia: il gas e il petrolio. Le nuove scoperte e una auspicabile sinergia euro-mediterranea.

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E’ chiaro che le fonti di energia sono state e rappresentano tuttora i fattori di rischio più importanti nel Mediterraneo e aumentano in proporzione alle nuove scoperte di giacimenti di gas metano. Sono ovviamente anche una grande fonte di sviluppo sempre quando interessi settoriali o nazionali non li mutino in fonti di conflitto aspro e sanguinoso.

Se nel passato era stato il petrolio, e lo è ancora, il motore energetico e economico della regione, attualmente, con la scoperta di numerosi giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale (scoperte dovute alle rivoluzionarie innovazioni tecnologiche di ricerca), il quadro si è complicato ancora di più. Nel 2010, ad esempio, furono scoperti i giacimenti di gas Tamar e Leviathan nelle acque israeliane. Per non accennare al giacimento Zhor scoperto dall’italiana ENI al largo dell’Egitto. Questi giacimenti hanno, secondo alcune stime, delle riserve che arriverebbero a circa 25 trilioni di metri cubi di gas, un volume tale da farli considerare tra i 30 giacimenti di gas più grandi del mondo, maggiori anche dei giacimenti del Mar del Nord (valori tratti dall’articolo di di Moises Naim su Oil Magazine, aprile 2016). Queste riserve rappresentano il consumo di gas dell’Europa per due interi anni. Ma c’è di più: uno studio statunitense (US Geological Survey) stima che nel Mediterraneo del Levante, al largo delle acque libanesi, ci siano riserve per 3.500 miliardi di metri cubi di gas, facendo quindi di questa regione un produttore così importante da influenzare e gestire il mercato mondiale del gas.

Altro petrolio, oltre al gas, è stato individuato nelle profondità del mare e non appena i giacimenti individuati diverranno produttivi, nuova ricchezza si concreterà. Gli esperti sostengono che queste scoperte ridisegneranno la mappa energetica del Medio Oriente e anche dell’Europa. E al 90% hanno ragione. Lascio un 10% di dubbio sull’evoluzione economica e conflittuale.

I rischi nel Mediterraneo, proprio a causa della presenza di questa forte scorta d’idrocarburi sottomarini, insieme alle guerre continue e persistenti e alla comparsa di un sedicente stato islamico, possono essere enunciati sinteticamente:

a) rischi d’ordine politico-etnico-geografico: sono di fronte ai nostri occhi. La geopolitica della regione con i suoi equilibri è profondamente cambiata, anche per un massiccio intervento delle potenze occidentali (la Francia tra le altre) che hanno contribuito in maniera esponenziale alla perdita di quegli equilibri instabili che però consentivano, paradossalmente, una compensazione statica tra i Paesi rivieraschi. Pensiamo alla Libia, all’Iraq…e al Libano, nella speranza che il nuovo presidente generale Aoun riesca a dare una svolta significativa alla politica libanese e quindi a un suo ritrovato equilibrio fra le diverse anime politiche e religiose che lo compongono; e soprattutto a far avanzare la legislazione occorrente per un corretto sfruttamento di questa ricchezza.

b) rischi economici: i Paesi rivieraschi del Mediterraneo hanno attraversato una crisi economica senza precedenti anche a causa della recessione europea. Sì: perché ad esempio i consumi di Francia, Italia, Gran Bretagna e Germania sono notevolmente diminuiti. Le stime sono intorno a un calo di almeno il 15% e vista la situazione economica perdurante in Europa non si prevedono certamente aumenti, nemmeno in piccola percentuale. C’è da considerare poi che gli Stati Uniti e il Canada, soprattutto per quanto riguarda il gas, sono autosufficienti.

I Paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno aumentato il debito con l’estero e a causa delle cosiddette ‘primavere arabe’ l’economia degli stati musulmani di questa regione è andata peggiorando quando non è collassata completamente per i conflitti simmetrici o asimmetrici in atto, come la Siria, l’Iraq… e quindi…

c) i rischi sociali, strettamente connessi ai fattori economici e demografici: non vi è bisogno di spiegazioni. Si è generata una corrente migratoria verso l’Europa in crisi economica, di valenza epocale per ora inarrestabile, proveniente anche da Paesi a sud del Sahara. Ovviamente questi rischi sono connessi anche alla violenza degli estremismi e integralismi musulmani (e uso i plurali perché quel che accade in quel mondo non è un processo monolite…tutt’altro).

Vediamo però anche un altro lato della medaglia, quello più positivo e speriamo in esso. L’Europa, nei suoi valori e nella sua economia è in crisi profonda. Se…e scrivo se, questa nuova ricchezza delle profondità marine potesse essere pacificamente sfruttata, intensificando una sinergia euro –mediterranea che porterebbe stabilità generale, questa potrebbe essere la chiave di volta per uscire da un percorso per il quale al momento non sembra esservi alterativa; un percorso di vendita di armi, guerre locali, rivolte, ismi di genere vario, non solo quelli di matrice musulmana. Il nazionalismo che sta prevalendo in molti stati europei è molto pericoloso, forse anche più dell’integralismo islamico. L’immigrazione non controllata è elemento di sicura instabilità anche dell’ordine pubblico europeo.

Dunque, solo una sinergia tra gli stati europei e quelli che hanno questa enorme ricchezza sottomarina da sfruttare può far intravedere la luce alla fine del tunnel. Ma saranno gli attori di questo ‘Grande Gioco’ in grado di portare la lampada, che purtroppo non è quella di Aladdin, per arrivare in fondo?

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