BOMBARDAMENTO USA CONTRO GLI HOUTHI

BOMBARDAMENTO USA CONTRO GLI HOUTHI

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Su questo foglio virtuale ci siamo spesso occupati di Yemen e Houthi…e ora arriva il bombardamento USA contro di loro. Escalation pericolosa insieme ad altre….destabilizzazione totale nella regione.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

In ritorsione all’attentato contro il cacciatorpediniere USS Mason nello stretto di Bab al-Mandeb e alla nave d’assalto anfibio USS Ponce dell’US Navy il 9 ottobre (smentito dagli Houthi), quattro giorni dopo il cacciatorpediniere statunitense USS Nitze lancia missili Tomahawk contro tre stazioni radar sulle coste yemenite.

Nello Yemen la situazione precipita.

Migliaia di yemeniti protestano davanti al quartier generale dell’ONU a Sana’a contro l’ultimo massacro di Riyadh con 155 vittime e oltre 500 feriti nei raid del giorno 9 durante la commemorazione funebre del padre del “ministro degli interni” degli Houthi, ennesima strage a un anno e mezzo dall’inizio della guerra della coalizione a guida saudita.

Secondo l’ONG Data Project un terzo dei bombardamenti della coalizione ha preso di mira siti civili: scuole, edifici, ospedali, mercati e moschee.

In particolare l’ONG registra dall’inizio della guerra da marzo 205 sino ad agosto 2016 oltre 8.600 raid, di cui 3.577 su target militari, 3.158 contro siti civili e di 1.882 raid non è possibile identificare il vero obiettivo.

Lo Yemen Data Project elenca 942 raid su zone residenziali, 114 su mercati, 34 su moschee, 147 su scuole, 26 università e 378 sui mezzi di trasporto.

Cifre contestate da Riyadh che attacca gli Houthi sostenendo che sono i ribelli ad avere trasformato scuole, ospedali e moschee in centri operativi e depositi di armi rendendoli obiettivi militari e che in merito alla vicenda del 9 ottobre.

Puntualmente, Amnesty International rivela che le bombe utilizzate per colpire lo scorso 15 agosto un ospedale yemenita gestito da Medici senza Frontiere causando 19 morti, sono di fabbricazione statunitense, per cui chiede l’embargo di tutte le armi che possono essere usate dalle fazioni in lotta e aprire un’inchiesta internazionale per individuarne i responsabili in una guerra che ha provocato quasi 10 mila morti, per la maggior parte civili, circa 3 milioni di sfollati, 14 milioni di civili malnutriti ed epidemie di colera.

Lookout News informa che già nel 2015 Washington aveva approvato la vendita di 1,3 miliardi di dollari per armamenti all’Arabia Saudita e di altri 1,15 miliardi in armamenti ne settembre 2016 per la guerra nello Yemen.

Inoltre, sempre a settembre, la Casa Bianca decide la vendita di aerei da combattimento a Qatar e Kuwait per 7 miliardi di dollari mentre Washington si appresterebbe a vendere 36 aere da combattimento F-15 al Qatar e 40 F/A-18E/F al Kuwait.

Di più, Lookout News scrive che gli statunitensi sarebbero implicati anche nel bombardamento di Sana’a dell’ 8 ottobre 2016 durante i funerali del padre del ministro dell’interno Jalal al-Ruayshan, nella cui camera ardente vi erano più di 4 mila posti.

E se in merito al massacro gli USA si sono demarcati condannando l’attacco saudita, Bishar Alì, Capo del Center for Strategic § International Studies afferma che in realtà Riyadh gode della “piena impunità da parte di Nazioni Unite, diritti umanitari, media ufficiali e mondo occidentale”.

Di maggiore valenza sono inoltre le dichiarazioni pubblicate da Lookout News sull’intervento di Alì al-Ahmad, direttore dell’Istituto di Washington per gli Affari del Golfo, il quale spiega che la condanna statunitense è solo di facciata perché “ ci sono decine di ufficiali statunitensi nel Ministero della Difesa, nel Comando aeronautico saudita, che indicano agli aerei il target da bombardare. Tali ufficiali, che si trovano…. nella base del comando dell’aviazione saudita sono in diretta comunicazione con il Comando centrale degli Stati Uniti in Florida, da cui ricevono informazioni. Gli statunitensi continuano a partecipare all’operazione contro lo Yemen… Se l’amministrazione Obama voleva porre fine alla guerra, il presidente avrebbe chiamato re Salman per dirgli di fermare questa guerra”

In questo contesto, va aggiunto che dall’inizio di ottobre lo Yemen ha due governi: quello guidato dal presidente Abd Rabbo Mansour Hadi nella città di Aden e quello autoproclamato dal “Consiglio Politico Supremo”, organismo politico istituito a luglio 2016 dai ribelli sciiti e dagli ex sostenitori dell’ex presidente yemenita Alì Abdullah Saleh.

Il 2 ottobre, gli Houthi annunciano la formazione di un esecutivo di “salvezza nazionale” che sarà presieduto da Abdel Aziz Ben Habtor, già governatore di Aden e membro dell’ufficio politico del “Congresso popolare generale”, compagine politica del già presidente Saleh, alleato degli Houthi.

L’annuncio di un governo rivale a quello di Hadi – sostenuto dalla coalizione internazionale e dal blocco sunnita a guida saudita – allontana le prospettiva di pace in un Paese sull’orlo del baratro dopo un anno e mezzo di guerra.

Peraltro, lo stesso giorno 9 ottobre la coalizione saudita denuncia l’attacco contro una nave degli Emirati Arabi Uniti compiuto dai ribelli sciiti nello strategico stretto di Bab al-Mandab.

Secondo la narrazione saudita, l’imbarcazione trasportava materiale medico e stava evacuando i feriti civili.

Come previsto, la ritorsione della coalizione non perde tempo: le forze aeree e della marina colpiscono barche degli Houthi coinvolte nell’attacco.

Nel comunicato del blocco sunnita si sottolinea che gli Houthi utilizzano il terrorismo contro la navigazione civile internazionale.

In effetti, l’attacco è rivendicato dagli Houthi sulla loro agenzia stampa “Saba” e affermano che nell’offensiva “è stata completamente distrutta la nave da guerra degli Emirati” vicino a Mokha, antico porto ora interrato, sulla costa del Mar Rosso.

Inoltre, pochi giorni prima un missile colpisce la base militare saudita Re Fahd a Taif, dove si trovano anche i soldati statunitensi che assistono la coalizione anti-Houthi, senza arrecare alcun danno ma comunque è il primo missile penetrato in profondità il territorio saudita arrivando a cadere a 520 km dal confine.

Dal loro canto, gli Houthi denunciano un attacco della coalizione contro alcuni pescherecci vicino a Washjah, a sud di Mokha e sostengono che nel corso del raid sono stati uccisi 5 pescatori.

Non manca l’intervento del leader Houthi, Abdel-Maalek al-Houthi, che fa appello ai capi tribali affinché si mobilitino essendo stati presenti al massacro del 9 influenti membri delle tribù locali.

Sarà un’altra guerra secondo il modulo “Siria”?

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