PROCESSO AL WAHHABISMO. Alcune ragioni dell’assenza dei musulmani iraniani al pellegrinaggio alla Mecca

PROCESSO AL WAHHABISMO. Alcune ragioni dell’assenza dei musulmani iraniani al pellegrinaggio alla Mecca

Muhammad Javad Zarif

Muhammad Javad Zarif

Una sintesi sul wahabismo e i problemi con gli sciiti iraniani per i non addetti ai lavori.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il Congresso svolto da centinaia di esponenti religiosi Islamici a Grozny, in Cecenia, tra il 25 e il 27 agosto scorso, si è concluso con l’esclusione dal panorama sunnita del wahhabismo salafita, “dottrina praticata sin dalle origini in Arabia Saudita e finanziata in molte parti del mondo grazie a Riyadh ..e non fa parte del sunnismo”.

Prima di entrare dei dettagli è opportuna una sintesi sul wahhabismo.

Il movimento Islamico viene fondato da Abd al-Wahhab, nato nel 1703 ad al-Uyayna, nel Najd, regione della penisola araba, e morto a Dir’iyya, presso Riyad, nel 1792.

Predicatore carismatico, insegna l’Islam basandosi su Corano e “Hadith” che comprende detti, fatti e atteggiamenti del profeta Maometto, trasmessi per testimonianze dei suoi compagni e contemporanei.

Dopo avere respinto gli Ulema, che cercavano di ridurne l’influenza sulla popolazione, al-Wahhab si stabilisce a La Mecca e a Medina, per poi recarsi a Basra, in Iraq.

Nel Paese incontra studiosi del ramo rivale dell’Islam, quello sciita, che aveva già condannato in un trattato nel quale accusa anche la confraternita sufi.

Al-Wahhab oppone la difesa del principio del Tawhid, l’Unicità di Dio, e il ripudio di ogni idolo e oggetto terreno associato con il divino.

Espulso da Basra, raggiunge Huraymila, dove scrive il più noto dei suoi 15 trattati, “Kitab al Tawhid”, il libro sull’Unicità divina.

Scampato a un attentato, ritorna nel suo Paese e ottiene la protezione di Muhammad ibn Saud, il fondatore dell’Arabia Saudita, con il quale stringe un’alleanza tuttora in vigore: il re ha il potere politico purché non violi i testi sacri, il wahhabismo è responsabile della religione e dell’indottrinamento.

Al vertice ceceno si presentano dottori coranici egiziani, siriani, giordani, sudanesi ed europei fra i quali il grande imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb, i grandi muftì di Egitto e Damasco e il predicatore yemenita Alì al-Jafri, tranne i sunniti integralisti.

Nel comunicato finale è definita l’identità storica dei sunniti in questi termini:” gli Ashariti e i Mutaziliti, la quattro scuole della giurisprudenza sunnita, e anche i sufi, a livello di conoscenza e a quello della morale dell’etica”. Dalle “genti del sunnismo” è escluso il wahhabismo salafita dell’’Arabia Saudita.

Gli Ashariti sono esponenti di un movimento teologico musulmano fondato ai primordi delle speculazioni teologiche musulmane, al quale aderisce la maggioranza del mondo Islamico sunnita. Si diffonde dal IX al XIII secolo nel Maghreb, nella Spagna musulmana e nel Mashrek. Ne è fondatore Abu al-Hasan al-Ash’ari, proveniente da una tribù yemenita, filosofo.

Gli Hashariti propongono una natura unica e trascendentale di Dio e caratteristiche divine superiori alle capacità umane, rifiutano le tesi “Mutaziliti” del libero arbitrio e del trionfo della predestinazione, e riprendono le tesi dell’eternità del Corano che include Allah al centro dell’universo e del mondo.

Nell’epoca successiva, Al-Ghazali introduce il metodo dello scetticismo e propone un modello Islamico basato su un rapporto di causa ed effetto determinato da Dio e attuabile con la mediazione degli angeli (ipotesi nota come “teoria dell’occasionalismo”). I concetti fondamentali sono la conoscenza di Dio come costruttore del mondo, privato degli attributi divini.

La quattro scuole della giurisprudenza sunnita sono:

  • Hanafita: diffusa in Iran e Iraq dagli Abbasidi, oggi la più diffusa, prevede un ampio ricorso alla valutazione personale del giurista, alla consuetudine e alle valutazioni di opportunità;
  • Malikita: diffusa soprattutto nel Maghreb, si basa sugli usi della Medina dei primi seguaci del Profeta (Sunna) procedendo per analogia e utilizzando criteri sussidiari come da valutazione del bene comune;
  • Shafi’ita: riduce l’uso dell’analogia e dà più importanza alla Sunna, ma solo nelle parti direttamente risalenti al Profeta. E’ diffusa in Bahrein, Yemen, India, Indonesia e Africa Orientale;
  • Hanbalita: ribadisce la supremazia dei Testi sacri sul ragionamento personale e rifiuta l’analogia come fonte di diritto.

Queste scuole comunque costituiscono solo un impegno a seguire il Profeta nel modo migliore ma non sono fonti in sé. Le uniche fonti alle quali deve ritornare ogni musulmano sono il Corano e la Sunna, detti e fatti dal profeta Islamico Muhammad.

Il Congresso di Grozny non si limita alla teologia ma prevede azioni concrete per correggere la piega attuale che pesa sull’Islam. Così propone di creare una rete televisiva in Russia alternativa ad “al Jazeera” con l’obiettivo di “far giungere ai cittadini un messaggio veritiero dell’Islam e per lottare contro l’estremismo e il terrorismo”.

Quindi, non bastano le scuole coraniche ma occorre anche la propaganda attraverso il web, come sta facendo la deviazione wahhabita di Daesh.

Il Convegno dichiara pure che il wahhabismo, nato nel XVIII secolo, è una dottrina sunnita radicale utilizzata dall’iniziatore del regno saudita, Muhammad bin Saoud. E’ una dottrina che propone la violenza contro i nemici dell’Islam, compresi i musulmani che non ne condividono l’interpretazione.

Al termine, il vertice sottolinea che l’Arabia Saudita ha lanciato campagne di proselitismo anche in Europa – Bosnia, Kosovo, Albania – per diffondere l’interpretazione integralista dell’Islam, costruendo moschee e madrase (scuole coraniche), e inviando i suoi predicatori e i suoi soldi.

La reazione dell’Arabia Saudita è immediata e furibonda. Dal regno gridano che è un “Attentato alla nostra nazione, una trama occulta gestita in alleanza con Putin…che vuole escludere l’Arabia Saudita dal mondo musulmano.. l’inferno per l’iman della moschea del re Khaled a Riyadh… il mondo sta per accendere il rogo per bruciarci”.

All’inizio di settembre, la Guida Suprema Alì Khamenei attacca il governo saudita per avere proibito ai fedeli iraniani di visitare La Mecca questo anno per effettuare l’hajj (il pellegrinaggio alla Mecca), e accusa Riyadh di negligenza nella gestione dell’evento che lo scorso anno registrò oltre 700 morti e oltre 1.000 feriti per la maggioranza iraniani.

A distanza di pochi giorni, lo Sheikh Abdulaziz al-Sheikh, il grande muftì saudita, dichiara alla stampa di La Mecca: “Dobbiamo renderci conto che questi non sono musulmani. Sono majus (zoroastriani), la loro inimicizia nei confronti dei musulmani, soprattutto sunniti, è molto antica”.

Usando il termine “loro” e facendo riferimento allo Zoroastrismo (la religione dei persiani prima dell’Islam) e alla storica rivalità fra sunniti e sciiti, quello di al- Sheikh è un attacco contro gli iraniani sciiti in generale.

In risposta, il ministro degli esteri iraniano, Muhammad Javad Zarif, ribadisce: “Di certo, non c’è nessuna somiglianza tra l’Islam degli iraniani e della maggior parte dei musulmani e il bigotto estremismo che gli esponenti del wahhabismo e il maestro del terrore saudita predicano”.

Zarif fa da eco alla precedente dichiarazione pubblica della Guida Suprema che accusa la famiglia saudita di avere deviato dal mondo Islamico per allearsi con i nemici dell’Islam.

La narrativa wahhabita non è nulla di nuovo. Abdul-Aziz bin Baz, gran muftì dal 1962 al 1999, definì gli sciiti “apostati” in diverse occasioni. Ibn Jibreen, membro più anziano del Consiglio Superiore degli Ulema nel 2009 aveva emanato diverse Fatwe accusando gli sciiti di essere politeisti e di aver distorto l’Islam concludendo che “meritano di essere uccisi”.

In merito, occorre tener presente anche di posizioni più distensive.

Il 10 settembre, il ministro dell’interno iracheno comunica l’arrivo di circa un milione di fedeli iraniani a Kerbala, considerata sacra dagli sciiti, giunti per il giorno dell’ ‘ARAFAH’, uno dei giorni più importanti dell’hajj, il grande pellegrinaggio iniziato il 9 settembre nella città saudita de La Mecca.

Interviene Haidar al-Ghurabi, esponente sciita, per sottolineare che la Ka’aba di La Mecca è il posto più sacro al mondo per i musulmani, ma non tutti i fedeli hanno la possibilità di effettuare il pellegrinaggio in terra saudita e quindi visitano la tomba del’Imam Hussein a Karbala.

Ghurabi coglie l’occasione per stemperare la polemica fra Teheran e Riyadh e dichiara che questo “non ha niente a che fare con le tensioni politiche tra Iran e Arabia Saudita”, e spiega che, secondo alcuni esponenti sciiti, la visita a Karbala nel giorno di ‘ARAFAH’ (cioè il Giorno del Pentimento – si commemora il Profeta Mohammad), non è alternativa all’hajj e che “chiunque lo dica è un ignorante”.

Sullo stesso argomento, l’esponente sciita Raheem Abu Ragheeef dichiara che “l’hajj non ha una connotazione politica ma solo religiosa …. l’importante è effettuare la visita il giorno di ‘ARAFAH’ ovunque esso sia.”

Occorre tener presente che le differenze religiose non si limitano al conflitto sciita-wahhabiti.

A causa dell’attuale situazione politica nelle regioni mediorientali, sono in atto diverse discrasie tra le correnti Islamiche.

L’esempio più eclatante è dato dall’ascesa di correnti sunnite estremiste e dalla diffusione del terrorismo di matrice qaedista e del califfato che attraggono militanti di matrice wahhabita per poi piegarli alla loro visione sconfessata da tutti i musulmani che ne negano l’appartenenza all’Islam.

Per quanto riguarda il wahhabismo, vero è che di recente alcuni Stati occidentali hanno iniziato a limitare le attività dei wahhabiti sauditi dopo aver notato che alcuni di loro promuovevano il radicalismo religioso. Per esempio, le autorità francesi hanno chiuso ad agosto 20 delle 120 moschee affidate ai gruppi salafiti in Francia.

Sviluppi che indicano come nella regione siano in corso grandi cambiamenti in termini di religione che potrebbero ridurre di molto la presenza di movimenti di matrice salafita/wahhabita.

Inoltre, il ruolo dell’Arabia Saudita sembra essere in declino sullo scenario internazionale, nonostante le recenti intese con Israele, perché sta perdendo influenza nel mercato petrolifero e con gli Stati Uniti.

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La Mecca

La Mecca: al centro la Kaaba.

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