SIRIA. NE’ TREGUE NE’ AIUTI UMANITARI

SIRIA. NE’ TREGUE NE’ AIUTI UMANITARI

L'analisi geopolitica si fa sulle mappe....

L’analisi geopolitica si fa sulle mappe….

Analisi stringente ma sintetica per capire qualcosa di quel che accade in Medio Oriente: situazione complessa certamente ma le chiavi di lettura ci sono….e comunque per chi non l’avesse ancora capito siamo in guerra…tutti!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini               

Il 19 agosto i curdi dell’ “Unità di protezione del popolo” (Ypg), partner USA, conquistano nel Nord Est siriano gran parte della città di al Hasaka prendendo il controllo della facoltà di economia dell’università e di altri edifici.

Per la prima volta l’esercito governativo di Damasco esegue raid aerei contro le posizioni curde uccidendo almeno 13 persone.

Caccia dell’aviazione statunitense affiancano immediatamente i bombardieri Su-24 siriani costringendoli al rientro.

Si apre un forte contenzioso tra USA e Russia avendo gli americani scambiato i Su-24 per i Sukhoi, aerei russi.

Chiarito l’equivoco, il Pentagono invita Mosca a suggerire alle forze siriane di non interferire con le forze statunitensi né con i loro partner della coalizione che combatte Daesh.

Un passo indietro per capire cosa stia accadendo.

Di fatto, il raid dei Su-24 segue gli scontri a fuoco tra le milizie Ypg e le forze governative dei precedenti giorni. Accade che l’assenza delle forze governative nella zona abbia consentito ai curdi di posizionarsi nel Nord siriano lungo la fascia territoriale abbracciante al Hasaka fino ad Afrim fermandosi ad Azaz nel Nord di Aleppo.

In sintesi, il timore di Damasco è che i curdi vogliano prepararsi a stabilire un’autonomia de facto, sul modello iracheno, in una larga porzione di territorio nel Nord siriano.

Ma nel governatorato di Hasaka e nella città di Qamishli le forze lealiste siriane sono ancora presenti e attaccano i curdi per impedirne l’espansione, pur se questo confligge con il supporto USA ai combattenti di Ypg che ritengono in grado di sbaragliare le milizie di Daesh.

Mossa più che azzardata da parte del presidente siriano che anticipa timori in una fase in cui non si vede ancora la fine dopo oltre 5 anni di guerra.

Va anche considerato che la priorità russa è al momento la battaglia di Aleppo contro i quartieri Est controllati da “Jabhat Fatah a-Sham” (Fronte della conquista del Levate), nuovo nome datosi da Jabhat al-Nusra un mese fa quando dichiara di uscire da al Qaeda, nonostante in realtà continui a esserne strettamente legata.

Per contrastare Jabhat Fatah a- Sham nella zona Est, i russi dispiegano anche i missili da crociera Kilibr a bordo di due corvette della flotta del Caspio.

Tuttavia, Jabhar Fatah a-Sham riesce a rompere l’assedio governativo ad Aleppo e occupare il complesso militare di Ramouseh, costringendo forze governative e suoi alleati ad arretrare.

La battaglia è stata sostenuta da migliaia di combattenti provenienti da due schieramenti:

– “Fatah Halab” (Conquista di Aleppo) che riunisce gruppi di matrice salafita tra cui Jaysh al Islam (sostenuto dall’Arabia Saudita) e formazioni vicine all’ “Esercito Libero Siriano” (ESL) ancora appoggiato dall’Occidente nonostante la sua marginalità e modesta capacità;

– e “Jaysh al Fatah” (l’Esercito della Conquista) che include Jabhat Fataha-Sham, “Ahrar a-Sham” (finanziato da Turchia e Qatar) e varie formazioni minori.

I due schieramenti combattono per riportare sotto il controllo sunnita la Siria dopo i decenni del potere alawita (sciita) della famiglia Assad, alleata dell’Iran, sciita.

Lo stesso è avvenuto nella provincia di Idlib conquistata nel 2015 dall’allora Shabat al Nusra.

L’attuale Jabhat Fatah a-Sham è anche il gruppo meglio armato dopo essersi impadronito della maggior parte dell’armamento e dei pezzi di artiglieria trovati nei depositi nel complesso Ramouseh.

In realtà, nella regione mediorientale e non solo, sono in atto dinamiche che prefigurano nuove alleanze e strategie geopolitiche per ridisegnare il Medio Oriente.

Nell’ultimo mese si sono materializzate dinamiche geopolitiche riservate ma programmate nel tempo, che si indicano in sintesi.

Aeroporti iraniani sono posti a disposizione russa per il sostegno alla Siria.

Poi, Pechino offre logistica e uomini a Damasco.

L’Iraq, insieme a Russia e Iran, sostiene il governo siriano come già fanno i libanesi sciiti di Hezb’Allah e il premier Haider Al Abadi, sciita, che conferma l’apertura dello spazio aereo ai voli del Cremlino affinché i bombardieri russi che decollano dall’Iran possano colpire più velocemente le milizie jihadiste ancora presenti ad Aleppo.

I Tupolev-22 M3 e i Sukhoi-34 utilizzati da pochi giorni contro Daesh, decollano dall’aerodromo di Hamadan, in Iran.

Nella capitale irachena si trova la “control room”, il gabinetto di guerra filo sciita, voluto dal Cremlino.

Dall’ altro canto, ad Amman, in Giordania, c’è la “”contro room” filo sunnita con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti facenti parte della “coalizione internazionale” a guida USA.

Da “LookOut” si apprende che l’ammiraglio cinese Guan Youfec – direttore della Commissione Centrale Militare, il comandante più in alto in grado delle forze cinesi subito dopo il presidente Xi Jinping – ha dichiarato all’agenzia governativa Xiulna di essere stato a Damasco ad agosto per incontrare il ministro siriano della difesa, Fahd Jassem al Freij, e il generale russo Serghei Charkov, a capo del coordinamento delle operazioni tra gli alleati di Assad. In merito, l’ammiraglio Guan parla di “aiuti umanitari” e “addestramento alle forze armate” che la Cina intende fornire al governo siriano. E incontri diplomatici si sono svolti anche a Teheran la scorsa primavera e documentano il ruolo crescente della Cina nel conflitto.

La politica occidentale osserva con attenzione. L’intesa fra Mosca e Pechino regge e si amplia guardando al futuro prossimo del Medio Oriente.

Con il quinto anno di guerra e l’impossibilità per le forze in campo di giungere a una vittoria schiacciante, la divisione del Paese viene considerata inevitabile e saranno proprio le linee di demarcazione definite dalla forza delle armi in questi mesi a definire i nuovi confini.

In questo senso, la battaglia di Aleppo è davvero decisiva: chi controllerà Aleppo farà pesare la sua voce nelle trattative di armistizio.

Appaiono in difficoltà gli USA.

Il Ministro della Difesa russo Serghei dichiara che Washington e Mosca sarebbero “vicini al lancio di operazioni congiunte nella città siriana”. Dagli USA risponde il silenzio, salvo il recente episodio dei raid siriani contro l’Ypg, chiarito ma non gradito.

Americani che, secondo la vecchia e non sempre riuscita tattica del “dìvide et ìmpera”, sostiene i curdi Ypg, che ritiene l’unica forza in grado di sconfiggere Daesh.

L’operazione USA potrebbe riuscire salvo problemi giganteschi con la Turchia, che, guarda caso, si è riavvicinata a Mosca. Ma per gli USA la cambiale chiamata Kurdistan sarà difficile da saldare.

E qualche problema l’avrebbe anche Mosca, che non può colpire Aleppo con la stessa forza riservata a Grozny, in Cecenia.

Ma c’è di più in questa guerra siriana attivata da attori esterni che hanno portato allo scontro regionale fra l’ ”asse sunnita”, guidato dall’Arabia Saudita, e la “mezzaluna sciita”, capeggiato dall’Iran.

La Russia rimane nel Golfo e mostra i muscoli dal Mar Caspio al Mediterraneo, come non s’è mai visto ai tempi della “guerra fredda”, mentre gli USA sono impegnati nella battaglia per la prossima presidenza. A prima vista, Mosca emula Washington, che usa la base di Incirlik per bombardare Daesh.

E se l’Iran resta in penombra dell’aviazione russa con il pretesto di volere solo facilitare i tempi di volo, è chiaro che l’asse Mosca- Teheran mira a schiacciare l’opposizione al regime siriano.

Dopo il fallito golpe in Turchia, Ankara avvia l’approccio a Mosca parlando anche di un “governo di unità nazionale in Siria”, obiettivo paragonabile a quello di Washington che difende la Turchia contro (presunte) infiltrazioni che potrebbero scatenare una guerra civile e mettere a rischio il destino delle armi nucleari stoccate a Incirlik, tanto che notizie non verificate ne comunicano l’avvenuto spostamento in Romania.

Di certo si sa che a Incirlik sono presenti aerei e piloti statunitensi mentre il presidente turco Erdogan chiede sempre più insistentemente agli USA di rimpatriare Fatullah Gulen, che considera il mandante del golpe fallito e il mentore dello “Stato parallelo” per rovesciare presidente e istituzioni della Turchia.

E’ anche certo che l’eventuale spostamento del nucleare USA creerebbe una grave crisi alla NATO, di cui la Turchia è membro.

Tra la cabina di comando e il “coordinamento russo-turco-iraniano” e la base di Hamadan, Putin accelera verso una conclusione del conflitto siriano.

Con la nuova mappa delle influenze il Cremlino intenderebbe correggere anche le linee nella penisola di Crimea, prima di fare terra bruciata in Siria e riempire il crescente vuoto americano in Medio Oriente.

L’Iran continua a considerare la Siria come suo protettorato a conferma della propensione a esportare la rivoluzione iraniana mentre allarga l’influenza russa in seno alla “mezzaluna sciita”.

La Russia ha come obiettivo prioritario quello di riaprire la partita contro “la marcia della NATO in Europa orientale”.

I missili russi nei cieli di Iraq e Iran per colpire Daesh non sono un confronto tra i “Grandi della Guerra Fredda”; ciò a cui aspira Mosca è diventato molto lontano dall’eradicazione del sedicente Califfato fra il Tigri e l’Eufrate.

I missili, le corazzate e le bombe di Putin che squarciano i cieli e le acque della regione araba sono anche il frutto delle indecisioni americane.

E non è cero una sorpresa che questo aiuti anche il ruolo iraniano nello Yemen.

E’ l’inizio della fine di una fase?

Lo scontro per un nuovo ordine mondiale inizia a vedere gli albori di una nuova era ?

Si potrà verificare solo in un futuro prossimo.

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Fonte Reuters.

Fonte Reuters.

 

 

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