Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista…(1)

Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista…(1)

 

In verde il mondo musulmano. La colorazione più scura corrisponde al mondo musulmano sciita.

In verde il mondo musulmano. La colorazione più scura corrisponde al mondo musulmano sciita.

Un’analisi omnicomprensiva dei risultati certamente deludenti delle primavere araba che più volte su questo sito nel passato abbiamo definito come …autunni se non inverni arabi…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista:Al Qaeda, l’Islamic State e la minaccia del “terrorismo fai da te” [1] Parte Prima.

1 – Esiste un legame tra le Primavere arabe e la crescita del terrorismo jihadista?

A cinque anni dalle c.d. Primavere Arabe, è giunto il momento per una breve riflessione sulle ragioni che hanno visto esplodere esponenzialmente la minaccia jihadista. E’ forse corretto interrogarsi sull’esistenza di un’eventuale correlazione tra la caduta di Regimi che controllavano da decenni la gran parte del Medio Oriente e Nord Africa e l’aumento del radicalismo islamico, sia in tale aree che in Occidente, ma la risposta è molto più articolata di quanto si potrebbe immaginare.

Devo premettere che appena qualche mese dopo le prime rivolte popolari, mentre quelle che vennero definite “Primavere” Arabe venivano da più parti esaltate, in alcuni articoli io già ribattezzai il fenomeno con il nome di una stagione cui normalmente associamo significati più cupi: l’Autunno! Le additai come “Autunni” ragionando sulle funeste conseguenze che avrebbero a mio avviso in parte portato per alcune delle popolazioni interessate, ma le motivazioni di tale pessimismo non sono da ricercare nel fatto che, come da talune parti si sente dire, “le popolazioni arabe non sono in grado di vivere in democrazia” e “necessitano di un “uomo forte” che le tenga a bada”. Ho al contrario il massimo rispetto per popolazioni dalla cultura millenaria, ma ritenevo che i due concomitanti fattori del prevedibile iniziale vuoto di potere e del tentativo di applicazione/imposizione di valori che non sono propri del Medioriente avrebbero generato, o meglio riacceso, lotte intestine per la supremazia nel mondo islamico. Lotte che, non va mai dimenticato, coinvolgono e sconvolgono in primis le popolazioni locali.

Se ci interroghiamo sui rapporti che intercorrono tra la religione islamica, e più in generale la cultura islamica, e concetti quali quelli di Stato-nazione e di democrazia, giungiamo facilmente alla conclusione che questi sono propri dell’Occidente, e non di popolazioni che per secoli sono state composte da gruppi nomadi, organizzati non in base alla sovranità su di un determinato territorio, ma secondo l’appartenenza clanica ed etnico-tribale. Inoltre, come noto, il mondo islamico non conosce la cristiana distinzione tra le competenze di Dio e quelle di Cesare, ma vive una sovrapposizione tra i due piani, sovrapposizione che genera conflitti in primo luogo al suo interno.

2 – I conflitti interni al mondo islamico

Ma l’aspetto su cui vorrei soffermarmi è il seguente: è a questi conflitti interni che dobbiamo guardare per spiegare le ragioni profonde dell’attuale terrorismo jihadista. Per comprendere cosa stia succedendo dobbiamo partire dalla lotta tra sciiti e sunniti, e da quella per la supremazia tutta interna al mondo sunnita. Quest’ultimo, privo di una guida politica e religiosa, vive almeno da un paio di secoli una situazione di costante tensione per la leadership, che si acquisisce anche e soprattutto lottando contro gli sciiti ed i valori occidentali che avrebbero secondo alcuni “rovinato” la purezza del vero Islam.

Senza entrare in questa sede nelle complesse implicazioni legate a cosa si intenda per “Islam puro”, né provare ad affrontare lo studio dei movimenti che lo hanno promosso negli ultimi due secoli, mi soffermerei sul nodo centrale per il nostro ragionamento: non si può parlare di Islam al singolare, esistono vari Islam in lotta tra di loro, e tale lotta è portata avanti sia sul piano politico che teologico. Si tratta di una competizione condotta su differenti livelli e da differenti attori: vi è concorrenza tra scuole coraniche, tra Potenze statali, tra gruppi terroristici.

3 – L’attuale fenomeno del terrorismo jihadista

Arriviamo così all’attuale fenomeno del terrorismo jihadista. L’Occidente è attaccato principalmente guardando ai nemici dello scontro islamico, perché oggi promuovere il jihad contro l’Occidente ed i suoi valori conferisce potere e visibilità all’interno della c.d. “galassia islamica”, attualmente polarizzata intorno ad Al Qaeda (AQ) ed all’Islamic State (IS).

Si tratta di una lotta intestina iniziata nell’aprile 2013 in seguito al tentativo operato da Al Baghdadi, capo della branca irachena di AQ (allora denominata Al Qaeda in Iraq), di annettere a sé quella siriana (Al Nusra), che invece ribadì la propria fedeltà ad AQ ed al suo leader, Al Zawahiri, che tentò inutilmente di riportare nei ranghi il gruppo iracheno. Lo scontro ha continuato a crescere e ha visto un’altra tappa cruciale nel giugno 2014 con la proclamazione del Califfato, duramente criticata soprattutto per la totale assenza di titoli che giustifichino il titolo di Califfo in capo ad Al Baghdadi.

Da allora AQ e IS, ed i combattenti che a loro si richiamano, sono in aperto contrasto, tanto da arrivare a fronteggiarsi anche in modo diretto in alcune aree di crisi, quali i teatri siro-iracheno, libico e yemenita (registrando però occasionali collaborazioni tattico operative contro avversari comuni). Ma ciò che rileva maggiormente è che le due organizzazioni hanno ingaggiato una vera e propria competizione per la leadership della variegata galassia jihadista, con un’esponenziale crescita, soprattutto a partire dalla seconda metà del 2014, del numero di jihadisti che ha man mano dichiarato fedeltà ad IS e ad Al Baghdadi, anche rinnegando precedenti analoghe dichiarazioni fatte in favore di AQ e dei suoi vertici. Entrambi i gruppi hanno intrapreso, tra l’altro, un’importante campagna mediatica volta a portare dalla propria parte il maggior numero di organizzazioni terroriste, o almeno di loro battaglioni, e di nuovi combattenti, con IS che ha operato una sorta di “campagna acquisti” che ha portato a stravolgere i sistemi di reclutamento, a sostituire quei rigidi canoni che AQ ha sempre richiesto ai gruppi terroristi affinché potessero essere considerati ufficialmente affiliati dell’organizzazione centrale.

4 – La competizione tra Al Qaeda e l’Islamic State

Si deve tener presente che il gruppo fondato da Bin Laden ha dimostrato in questi anni un’enorme capacità di adattamento ed è riuscito a sopravvivere anche alla morte del suo leader storico, trasformandosi in un network del radicalismo islamico, un fenomeno a cerchi concentrici il cui nucleo centrale resta l’organizzazione con sede tra Afghanistan e Pakistan, ma accanto al quale si trovano l’anello dei gruppi ufficialmente affiliati, come “Al Qaeda nella Penisola Arabica” (AQAP) e “Al Qaeda nel Maghreb Islamico” (AQMI), e più esternamente l’anello dei gruppi jihadisti che si rifanno semplicemente alla sua ideologia ed ai suoi metodi. AQ sta sopravvivendo anche alla crescente presa che IS ha su alcune branche delle sue organizzazioni affiliate, e pur perdendo pezzi e non apparendo al momento come il gruppo numericamente più numeroso continua a costituire nell’immediato un diretto rischio per l’Occidente.

Tra le defezioni maggiori, credo si debbano annoverare quelle relative a parti di alcune delle branche libiche di Ansar al Sharia, alcuni battaglioni algerini e maliani di AQMI e di Al Mourabitoun, una parte del gruppo somalo Al Shabab, l’egiziano Ansar Bait al-Maqdis e l’organizzazione nigeriana Boko Haram (che però in realtà non ha mai fatto parte dei gruppi affiliati ad AQ, e che anzi aveva sempre visto respingere dai vertici qaedisti la sua richiesta di adesione). Ma rilevano soprattutto le decine di migliaia di giovani, provenienti da tutti i continenti, che più o meno direttamente appoggiano IS, arrivando spesso a combattere per esso nei loro Paesi di origine o nel teatro siro-iracheno.

Se AQ aveva sempre chiesto alle organizzazioni che si volevano affiliare ad essa il pieno rispetto delle sue metodologie e della sua agenda globale, cui ovviamente si poteva affiancare quella locale nei termini in cui non confliggesse con quella dell’organizzazione madre, IS sta di fatto accettando dichiarazioni di fedeltà da qualsiasi gruppo voglia prestare giuramento ad al Baghdadi, dando loro la possibilità di fregiarsi del marchio IS e di utilizzare alcuni dei suoi strumenti (ad iniziare dai potenti organi mediatici) in cambio della costituzione (spesso solo nominale) di una nuova Provincia (Wilayah) del Califfato.

Quanto invece al richiamo che IS opera su migliaia di singoli giovani musulmani che partono per andare a combattere nel teatro siro-iracheno, o attualmente in altre zone indicate dal Califfo quali la Libia, va rilevato un fenomeno che costituisce una vera e propria novità: IS offre loro una sorta di “terra promessa”. Una terra promessa nella quale si assicurano ai giovani soldi, potere, armi, donne, e, per i più “spirituali”, la corretta applicazione della Legge Islamica; alle famiglie, infine, è offerta una casa ed un lavoro, un luogo dove crescere i propri figli secondo i dettami dell’Islam ed al riparo dai “non-valori” dell’Occidente. Si tratta di un fenomeno che AQ, non avendo mai avuto il controllo su alcun territorio (in Afghanistan il potere era gestito dai Talebani e non da Bin Laden, si ricordi), non aveva ovviamente mai conosciuto: il richiamo ai combattenti rivolto da AQ era pertanto simile a quello abbiamo avuto nel secolo scorso a partire dai mujaheddin anti-sovietici di fine anni Settanta e poi rivisto in più occasioni, dalla Bosnia alla Cecenia.

(segue)

[1] Le opinioni espresse sono personali dell’Autrice, e non corrispondono necessariamente alla posizione dell’Amministrazione presso la quale lavora.

Tra gli altri studi di Laura QUADARELLA SANFELICE DI MONTEFORTE, Il terrorismo “fai da te”. Inspire e la propaganda online di AQAP per i giovani musulmani in Occidente, Aracne Editrice, Roma, 2013.

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I confini...peraltro in movimento del cosidetto Stato Islamico (IS)

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