Lo Stato Islamico nella “Terra dei maestri di se stessi”, l’Uzbekistan.

Lo Stato Islamico nella “Terra dei maestri di se stessi”, l’Uzbekistan.

 

Nella valle del Fergana, una rara foto di Džumabaj Achmadžanovič Chodžiev alias Namangani

Nella valle del Fergana, una rara foto di Džumabaj Achmadžanovič Chodžiev alias Namangani

Terre lontane, nell’Asia centrale, poche conosciute in Europa. L’Uzbekistan al confine con l’Afghanistan non è certo uno Stato di rilevante importanza per l’Europa ma….i movimenti islamici sono molto forti e potenti e esiste una notevole tendenza a trasformare il Paesi in uno stato islamico integralista con derive terroristiche.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Numerose recenti notizie provenienti dall’ Uzbekistan (Terra dei maestri di sé stessi) sembrano indicare una crescente preoccupazione delle autorità governative per presunte attività dello Stato Islamico nel paese.

Decine di persone sono state arrestate dalle forze di sicurezza uzbeke, al fine di prevenire potenziali attentati e minacce, con l’accusa di avere legami con Daesh. Nonostante il clamore, però, non è chiaro se lo Stato Islamico abbia effettivamente stabilito una presenza in Uzbekistan e se il paese stia diventando una base logistica per l’espansione di Daesh in Asia centrale. Certamente, considerate anche le sfide alla sicurezza provenienti dall’Afghanistan, il governo uzbeko ha avviato una maggiore cooperazione con i paesi vicini dell’Asia centrale e la Russia, per combattere il terrorismo islamico.

Tuttavia le autorità uzbeke affrontano questo problema dagli anni ‘90. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la nascita delle repubbliche post-sovietiche, la leadership politica dei paesi dell’Asia centrale ha sempre considerato i movimenti islamisti come una minaccia al proprio potere. Ne è un esempio la guerra civile del Tajikistan (1992-1997), che ha opposto il governo di Dushanbe, guidato dal presidente Rahmonov, a una coalizione di islamismi e riformisti. I governi dell’Asia centrale hanno sempre applicato dure misure repressive contro l’Islam, senza troppa distinzione tra estremisti e moderati, arrestando buona parte dei membri di movimenti islamisti o costringendo gli attivisti all’esilio. Ciò ha provocato una reazione da parte islamica, che è poi stata strumentalizzata da movimenti estremisti e trasformatasi in lotta violenta. Per cui tali governi sono ora seriamente preoccupati per la possibile espansione di Daesh in Asia centrale e anche per l’aumento del numero di combattenti in Afghanistan (impropriamente definiti talebani), poiché ritengono l’islam politico una minaccia al loro potere e alle istituzioni laiche nazionali.

In particolare l’Uzbekistan, che ospita due movimenti islamici di opposizione al governo centrale: Hizb Ut-Tahrir (Movimento Islamico di Liberazione) e il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU). Il primo si caratterizza per un approccio di lotta politica non-violenta, mentre il secondo è considerato una vera e propria organizzazione terroristica. Anche se l’Islam è tollerato in Uzbekistan, fin dagli anni ’90 le autorità di governo hanno sempre cercato di prevenire il rafforzamento di un’opposizione politica di tipo islamico con dure norme e repressione. Gli effetti sono stati contrari alle aspettative, portando a un rafforzamento dell’IMU nel paese e a una sua espansione in quelli vicini. Oltre a essere il più influente gruppo nella regione, il Movimento Islamico dell’Uzbekistan ha recentemente giurato fedeltà a Daesh e mantiene anche rapporti con i combattenti islamici in Afghanistan.

L’origine del movimento risale agli anni ‘90, quando Džumabaj Achmadžanovič Chodžiev alias Namangani, un ex soldato dell’esercito sovietico, veterano di guerra in Afghanistan, si è unito a Tahir Yo’ldosh, un mullah non ufficiale. Il loro obiettivo era quello di applicare la Shari’ah nella città di Namangan nella parte uzbeka della valle di Ferghana.

Allarmato dal programma politico del movimento, cioè trasformare l’Uzbekistan in uno stato islamico, il governo del presidente Karimov avviò una repressione dei movimenti islamisti, costringendo molti militanti a fuggire dalla valle di Fergana. Namangani fuggì in Tajikistan, dove partecipò alla guerra civile tagika e dove stabilì una base logistica per i suoi combattenti in quel paese. Yo’ldosh andò in Afghanistan, Pakistan e Arabia Saudita, creando collegamenti con altri militanti islamisti, ma viaggiando clandestinamente anche in Uzbekistan, per mantenere contatti con i suoi sostenitori e creare reti di lotta clandestine. Aggiungendo anche un contesto socio-economico disastroso e una leadership politica corrotta, lontana dagli interessi del popolo in Uzbekistan, l’Islam è divenuto quindi una fonte alternativa favorendo i gruppi radicali della zona. Nel 1998, il Movimento Islamico dell’Uzbekistan fu ufficialmente costituito. Sfruttando con successo la forte povertà diffusa nella regione, l’IMU si è presentato come opportunità di sviluppo sociale promuovendo la sua politica di reclutamento. Così la Valle di Ferghana, dove i confini uzbeki, kirghisi e tagiki convergono, è sempre stato terreno fertile per il reclutamento dell’IMU.

L’obiettivo dichiarato di questo movimento, come pubblicato su internet nel 1999, è la “creazione di uno Stato islamico con l’applicazione della Shari’ah in Uzbekistan”. L’IMU ha poi ampliato la sua influenza in molte aree fino a comprendere una zona che si estende dal Caucaso alla provincia occidentale cinese Xinjiang. La morte del fondatore del movimento, e poi dei leaders successivi ad opera di droni USA, ha portato il combattente Usman Ghazi al comando. In Agosto 2015, Ghazi e il suo movimento hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL). Così il movimento potrà godere di un maggiore risalto mediatico, attrarre nuovi potenziali militanti e avere un’ulteriore supporto economico. Ma il fattore di maggior rilievo è il percorso di evoluzione intrapreso: da gruppo terroristico locale, operante nella Valle di Ferghana, a forza regionale per rovesciare i governi laici in Kirghizistan e Tajikistan (cancellando i confini nazionali), a organizzazione terroristica globale volta a realizzare il progetto del Califfato islamico transnazionale.

L’IMU opera principalmente in Afghanistan, Tajikistan e Kyrgyzstan ma ha recentemente esteso la propria “attività” anche in Iran, Pakistan, Kazakistan e Cecenia.

Nonostante il Movimento Islamico dell’Uzbekistan abbia subito perdite in Afghanistan e Pakistan, così come la defezione di combattenti per un gruppo scissionista (Unione della Jihad islamica), la capacità operativa e l’intenzione di condurre attacchi terroristici non si sono indebolite molto. A partire da fine 2013, il Movimento Islamico dell’Uzbekistan ha dichiarato di avere circa 700 combattenti e 140 tra consulenti e addestratori in Afghanistan, altri 2.000 combattenti in Pakistan e un imprecisato numero attivo altrove.

Il confine uzbeko-afghano è ben sorvegliato, ma il governo teme che ci possano essere infiltrazioni, che minino la stabilità politica del paese considerando anche la debole situazione socio-economica.

Inoltre la recente adesione dell’IMU allo Stato Islamico ha portato il governo uzbeko a promuovere nuove leggi, che però non combattono le vere cause che spingono gli abitanti della regione ad unirsi all’IS. Rigide e repressive leggi nei confronti dell’Islam non hanno mai risolto il problema nel paese. La maggior parte delle persone si unisce all’IS per motivi economici, altri per fuggire da questo clima repressivo. Le economie dei Paesi dell’Asia centrale offrono poche opportunità lavorative e hanno alti tassi di disoccupazione. Per questo molti sono attratti dalla promesse dei reclutatori dello Stato Islamico, che solitamente promettono buoni stipendi per chi si arruola.

In poche parole, le politiche dei Paesi dell’Asia centrale orientate a combattere la minaccia del terrorismo islamico molto probabilmente porteranno all’effetto opposto, aumentando il numero di combattenti islamisti. Alcuni esperti dichiarano infatti che “la principale minaccia all’Asia centrale è l’Asia centrale stessa”.

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Uzbechistan e stati confinanti.

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