INIZIATIVE SAUDITE CONTRO L’IRAN. ANALISI.2.

INIZIATIVE SAUDITE CONTRO L’IRAN. ANALISI.2.

L'ayatollah Roullah Moussawi Khomeiny

L’ayatollah Roullah Moussawi Khomeiny

INIZIATIVE SAUDITE CONTRO L’IRAN. ANALISI.2.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

  1. Quanto accade in questi momenti è perfettamente consustanziale con il progetto elaborato negli anni ’90.

Il progetto, ripreso dall’amministrazione USA nel 2002 da uno studio israeliano prevede la divisione dell’Iraq in tre piccoli Stati – Nord curdo, Centro sunnita e Sud sciita – e il contenimento delle mire egemoniche iraniane smantellandone l’”asse sciita”.

La strategia non è nuova: guerra di ritorsione o “umanitaria” e destabilizzazione dei Paesi aggrediti favorendo, armando e sostenendo l’opposizione interna. E’ la strategia del “caos costruttivo”. Strategia utilizzata in Libia e Siria.

Nel febbraio 2011, i primi e disarmati oppositori a Gheddafi vengono soppiantati dalla residua area radicale dell’ “Islamic Libyan Fighting Group” (ILFG) sostenuta inizialmente da esponenti USA, Gran Bretagna e Francia con finanziamenti, tecnologia e armamenti e soprattutto dai bombardamenti “umanitari” di USA e NATO sulla base di un’interpretazione estensiva di due Risoluzioni adottate nell’arco di 3 settimane (tra febbraio e marzo) dal C.d.S. ONU.

La guerra, alla quale partecipa anche il Qatar, dura solo 8 mesi, il tempo di uccidere Gheddafi e tre dei suoi figli e consegnare il Paese al caos, diviso in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, in preda a 2 Governi e altrettanti parlamenti, milizie, tribù, etnie, Daesh – che controlla Sirte, Derna e parte di Bengasi – e protagonisti esterni, l’Egitto.

Per quanto riguarda la Siria, che si avvicina al 5° anno di guerra, documentazione dell’Agenzia d’intelligence privata Stratfor riferisce che Forze Speciali britanniche e statunitensi addestrano sin dal 2011 i militanti della prima opposizione armata siriana con l’obiettivo di sconfiggere il regime alawita di Bashar al-Assad.

In realtà questa “Opposizione moderata” annovera formazioni jihadiste fino al Fronte Jabbat al-Nusra e, soprattutto, si rivela, come ammesso dagli stessi statunitensi, un fallimento nel corso di battaglie finendo con il disertare, scappare e abbandonare le armi ricevute nella mani degli avversari, che siano gli eserciti dei Paesi aggrediti o i miliziani di Daesh

Allo stesso fine intervengono gli Stati del C.C.G. (Consiglio di Cooperazione del Golfo, cioè Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) e la Turchia, membro NATO, che finanziano e armano i gruppi più radicali, presentati come “opposizione moderata”, con la tutela dell’intelligence militare americana.

Accanto a questi gruppi ci sono Al Qaeda, ufficialmente rappresentata da Jabbat al-Nusra, e Daesh, che si contendono il controllo di ampie aree del Paese.

In sostanza il modello del “caos costruttivo” sperimentato in Libia viene riprodotto, con gli stessi risultati, il caos. E anche in questo caso il modulo continua a causare caos ma di costruttivo non c’è nulla.

La Coalizione anti-Daesh formata per gli interventi in Iraq dagli USA l’8 agosto 2014 – ed estesa il 2 settembre alla Siria – riunisce Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Spagna (alcuni limitati al solo supporto logistico), Turchia e fra i Paesi arabi partecipano Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Marocco e Qatar.

I risultati conseguiti sono modesti perché nessun Paese invia truppe di terra limitandosi a raid aerei senza alcun coordinamento e in Siria, senza dare alcun avviso a quel governo.

Gli unici a combattere sul terreno sono i curdi dell’ “Unità Popolare femminile” (Ypj) e dell’ “Unità di Difesa Popolare” (Ypg), combattenti di Hezb’Allah libanese e dei corpi speciali Al Quds iraniani, da soli o a fianco degli eserciti regolari.

Il paradosso è che non solo libanesi e iraniani non vengono accettati dalla Coalizione a guida USA ma sono anche oggetto di attacchi aerei da parte di Israele nell’area siriana delle Alture del Golan.

Per quanto riguarda i curdi è la Turchia (membro NATO) a scatenare una guerra dal luglio 2015. Con il pretesto di dare inizio alla lotta contro Daesh, interrompe i colloqui di pace in atto da due anni con il PKK, dichiara terroristi tutti i curdi che ritiene contigui al PKK e ne uccide oltre 3.200 (al gennaio 2016) fra l’Iraq e Siria bombardandone le postazioni in Iraq in violazione della sovranità irachena, arrestandone centinaia e imponendo lunghi assedi ai loro villaggi lungo il confine siro-turco.

L’arrivo in teatro della Russia che dal 30 settembre 2015 dà inizio alla lotta contro Daesh in coordinamento con Siria, curdi siriani, Hezb’Allah libanese, iraniani e Giordania – e dal mese successivo anche con Iraq – infligge numerose sconfitte ai jihadisti, che arretrano sensibilmente perdendo larga parte dei territori controllati.

Attualmente il territorio siriano è così diviso: alla famiglia Assad, regione Ovest dalle coste di Latakia a Damasco, a Daesh zone delle regioni a Nord-Est dalla peria di Aleppo al confine dell’Iraq passando per Raqqa; all’ “opposizione moderata” (da Nusra all’ FSL) zone a Sud della frontiera con Israele e aree a Nord-Ovest.

Per quanto riguarda il Libano, il Fronte al-Nusra è all’opera da oltre un anno e non certo da solo.

Il progetto del Grande Medio Oriente prosegue anche a costo di altre “missioni di pace” e “guerre umanitarie” in Mali, con presenze attive nel Sahel, Pakistan, in Sud Sudan e Somalia.

Il 15 marzo, l’Arabia Saudita forma una Coalizione con 10 Paesi ufficialmente per contrastare gli Houthi, sciiti, iniziando una guerra devastante tuttora in corso nello Yemen, e il 15 dicembre una annuncia un’ “Alleanza militare islamica” contro Daesh in Siria e Iraq e “qualunque gruppo terroristico”.

A formare la Coalizione nel quadro di un accordo stabilito con 34 Paesi della regione ci saranno le monarchie del Golfo, Turchia, Egitto, Pakistan e altri Stati africani fra i quali Tunisia, Libia, Libano, Marocco, Nigeria e Autorità Nazionale Palestinese.

La situazione odierna

Il bilancio delle guerre al terrorismo è nell’ordine di milioni di morti, in aumento esponenziale con l‘apparizione di Daesh.

Cos’è Daesh?

Questa formazione sta riproducendo nel nome dell’Islam moduli di combattimento già utilizzati dagli Almoravidi dell’XI secolo che imposero in Spagna la sharia con la spada e, più recentemente, sono stati imitati in Algeria dal “Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento” (GSPC) negli anni ’90 (decapitazione dei monaci di Tibhirine, 1996) e nei primi anni del 2000 da Boko Haram.

Sconfessati da tutte le scuole coraniche, i miliziani di Daesh ricordano a islamici e cristiani che in passato erano i cristiani a diffondere la conversione con le armi e le Crociate.

E’ dunque un ritorno al passato? Uno scontro di civiltà? Si ritiene di no.

La domanda è: ci può essere un rapporto fra le guerre in Somalia, Afghanistan Iraq, Libia, Siria, Yemen, i conflitti in Mali, Sud Sudan, Sahel (Camerun, Niger, Chad), Nigeria, Pakistan e l’ascesa di Daesh? E tra gli “omicidi mirati”, i “danni collaterali” e l’odio contro l’Occidente e i sui alleati islamici?

Si cita il libro di Graham Fuller, già consulente CIA e specialista dell’Islam: “Yes, It is islamic Extremism – But Why?” (22 febbraio 2015, http://grahamefuller.com), di cui si riportano le sintetiche conclusioni:

“Esistono…buone ragioni al di là dell’Islam e della religione per cui i rapporti tra Occidente e Medioriente sono cattivi……….. crociate.. imperialismo, colonialismo, controllo occidentale sulle risorse energetiche mediorientali, sostegno attivo alle dittature filoccidentali, costanti interventi politici e militari occidentali, frontiere ridisegnate, creazione per mano dell’Occidente dello Stato di Israele, invasioni e guerre statunitensi……

Niente di tutto questo ha alcun rapporto con l’Islam… (anche se) le reazioni della regione sono… in termini religiosi e culturali… (perché) in ogni grande scontro si cerca di difendere la propria causa con il più elevato modello morale…”.

www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Saddam Hussein

Saddam Hussein

Comments are closed.