LA CRISI ALGERINA

LA CRISI ALGERINA

Il Presidente Bouteflika

Il Presidente Bouteflika

Dunque nulla c’è sui media riguardo all’Algeria. Calma e tranquilla? Sembrerebbe ma…una sintetica analisi sullo stato dell’arte in Algeria

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Nel marzo 2015 dopo anni di tensione fra arabi e berberi scoppia una sanguinosa lotta nella regione desertica di Ghardaia distante 600 chilometri a sud di Algeri.

In realtà gli scontri sono la risultante di anni di controversie tra arabi e membri della comunità berbera-mozabiti che vivono a Ghardaia, parlano una lingua diversa da quella della maggioranza algerina e sono di fede ibadita, una forma di Islam che precede la divisione fra sunniti e sciiti.

Gli arabi Chaamba presenti nella zona sono invece sunniti.

Il conflitto tra le due componenti etniche, già in lotta per le poche risorse di terra e lavoro nella zona povera di Ghardaia, risalgono al dicembre 2013 quando un cimitero mozabita è stato profanato.

Gli eventi dell’area danno un quadro di quanto accade in Algeria, dove la popolazione berbera, che si attesta al 30% della popolazione, è stata e resta marginalizzata dalla maggioranza araba, nonostante i ciclici programmi di sviluppo socio-economico della zona promessi dal governo.

E tutto accade nel silenzio della Comunità Internazionale.

Come nel silenzio Abdel Aziz Bouteflika, 77 anni, colpito da ictus nella primavera del 2013 e dopo aver trascorso 3 mesi in un ospedale parigino, rientra ad Algeri su una a sedia a rotelle e viene rieletto nell’aprile 2014 per il 4° mandato consecutivo con l’81,53% dei consensi mentre l’opposizione parla di brogli elettorali anche in considerazione della modesta affluenza alle urne del solo 51,70% dei votanti.

Scomparso dalla vita politica, Bouteflika appare sporadicamente alla TV nazionale in occasione dell’arrivo di delegazioni straniere senza parlare in un periodo in cui si registrano sensibili cambiamenti nelle istituzioni.

Solo a novembre 19 esponenti politici algerini attraverso una lettera pubblica sollevano dubbi sulle reali capacità fisiche e mentali di Bouteflika di controllare il Governo.

La lettera suscita scalpore perché tutti i firmatari, esclusa la Segretaria Generale del Partito dei Lavoratori, sono personalità fedelissimi del presidente.

Maggiore allarme procura il licenziamento a settembre del potente capo dell’intelligence algerina, Mohamed Mediene, noto come Toufik, addestrato negli anni ’70 dal KGB sovietico e per oltre 25 anni capo della spina dorsale del regime, il Département du Reinsegnement et de la Sécurité (/DRS).

La sostituzione di Toufik, preparata da mesi, segue la graduale estromissione di suoi numerosi fedeli a opera del capo di Stato Maggiore Ahmed Gaid Salah e dal numero due del Servizio, Athmane Tartag.

E’ chiaro dunque che nel Paese sia in corso una lotta fra i gruppi interessati ad assumere il controllo del potere in una fase in cui l’Algeria, con pesanti passivi di bilancio, riduce la spesa pubblica e i sussidi sui beni di prima necessità dando avvio anche a una massiccia attività repressiva.

Contestualmente è in atto un piano per la protezione di uffici, residenze presidenziali e aree intorno allo spazio aereo, segnalando il timore di un possibile colpo di Stato.

Per meglio comprendere gli eventi e ipotizzarne il futuro prossimo occorre rivisitare il 1991 quando il Fronte Islamico di Salvezza (FIS) vince il primo turno delle prime elezioni legislative e l’esercito interrompe il processo elettorale, costringe presidente e governo in carica alle dimissioni e nomina un governo provvisorio.

Si scatena una feroce guerra civile fra l’ala armata del FIS e l’esercito che assume il potere insieme al Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) ed entrambi si impossessano dell’intera economia statale ponendo fine al sistema socialista.

Solo nel 1998 USA e Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Iman e Qatar) impongono un negoziato di pace.

I negoziato comprende anche un piano: liberalizzazione del mercato con apertura alle multinazionali delle risorse energetiche di gas e petrolio, amnistia per i militanti pronti a consegnare le armi, gestione di settori dell’ import-export ai vertici militari, aiuti economici ai capi islamici nel commercio interno e nella piccola industria.

A garanzia degli accordi USA e CCG impongono come presidente Abdel Aziz Bouteflika, politicamente da parte da oltre 10 anni. Bouteflika convoca il “referendum per la concordia civile” per l’immunità dei militanti di entrambe le parti del lungo conflitto che si erano resi responsabili di crimini.

Nel tempo, i generali sono quasi tutti deceduti o in pensione l’esercito è stato ridimensionato. Il FLN, controllato dal gruppo del presidente, è rappresentato ora da persone inadeguate, distanti dal popolo e interessati solo alla fedeltà verso il presidente.

Gli attuali Partiti islamici hanno di fatto rinunciato all’assistenzialismo che aveva permesso al FIS di guadagnare consenso negli anni ’90 e si limitano a fare ostruzionismo sulle proposte di legge giudicate laiche.

E così, Partiti come El Islah, Ennada e il Movimento per la Società e la Pace (MSP) presentatisi alle parlamentari del 2012 sotto la bandiera dell’Alleanza dell’Algeria Verde (AAV) ottiene solo 48 seggi dei 462 e alle amministrative dello stesso anno conquista la vittoria solo in 10 municipalità su 1.541.

In questo quadro, con le istituzioni paralizzate, la lotta per clan e una corruzione mai prima raggiunta il malcontento cresce in modo esponenziale e, come accaduto in passato, non mancherà di manifestare il suo disagio, che potrà non essere solo un’altra “rivolta del pane”.

www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Un divertente caricatura di deputati algerini

Una divertente caricatura di deputati algerini dell’AAV…la satira ovunque…

Comments are closed.