DOPO L’ORRORE SPERANZE DI PACE

DOPO L’ORRORE SPERANZE DI PACE

889lm414i_154Un’interessante analisi fatta da chi conosce molto bene quei territori per esserci stato lungo tempo. Un articolo scritto a caldo dopo gli eventi del 13 novembre che OA ha ricevuto sabato ma non ha fatto in tempo a pubblicare. Un’analisi lucida che dà speranza di pace…anche lontana. L’accordo USA-Russia può essere il primo granello che asfalterà la lunga via alla stabilizzazione della regione mediorientale: processo che deve per forza vedere prima l’annientamento totale dell’autoproclamatosi Islamic State. 

Un sentito grazie all’Autore.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini               

Alla vigilia dei Vertici di Vienna del 14 e 15 novembre e del successivo G 20 in Turchia, Daesh (acronimo di Dawla al Islamiyya fi’Iraq wa – Sham, noto in Occidente come Islamic State of Iraq and Syria) esegue due carneficine in danno di inermi civili.

Il 12 tocca al Libano, quando due kamikaze, a piedi e con cinture esplosive celate da un giubbino, si fanno esplodere nel centro commerciale di Burj al Barajneh nel Sud di Beirut nei pressi dell’omonimo campo profughi palestinesi e roccaforte del movimento sciita Hezb’Allah. La strage provoca 41 morti e 181 feriti e Daesh la rivendica stessa notte come ritorsione per l’impegno sciita in Siria.

I jihadisti operano in un Paese in crisi economica anche per il flusso di oltre 1 milione di profughi, Governo e Parlamento neppure in grado dopo 2 anni di eleggere il nuovo presidente.

Il Libano è altamente instabile e diviso in due tra il “Fronte 14 marzo”, filo occidentale e anti-Bashar al-Assad, sunnita radicare appoggiato dall’Arabia Saudita, e lo schieramento “8 marzo”, guidato da Hezb’Allah, vicino al presidente siriano, e i maroniti del generale Aoun.

Ancora più devastanti i massacri eseguiti il giorno successivo a Parigi da 8 kamikaze suddivisi in nuclei in sei luoghi diversi tra Saint-Denis e il centro della città, iniziati vicino allo Stade de France dove era in corso la partita Francia-Germania cui assisteva il presidente francese Hollande. Vengono assaltati bar, ristoranti e il teatro dove era in corso un concerto seguito da 1.500 persone prese in ostaggio fino all’attacco dei corpi armati francesi.

132 morti, 352 feriti fra i quali circa 100 gravissimi, quasi tutti giovani, sono il bilancio dei kamikaze fattisi esplodere, tranne uno, ucciso dalla polizia. Un documento dei terroristi rivendica la carneficina come “risposta ai bombardamenti francesi in Iraq e Siria”.

Il mostro ha perso le squame ed è tra noi, pronto a fare a pezzi bambini, donne, giovani, chiunque, disarmato, abbia a tiro, assicurandosene la morte con il colpo di grazia in testa, come nel peggior stile nazista.

Spesso sono giovani, con pregresso vissuto nella devianza sociale, radicalizzatisi nel circuito carcerario e nel mondo virtuale dei siti jihadisti, non integratisi nei Paesi occidentali di accoglienza, con modesta o nulla formazione islamica.

Oppure si tratta di disertori, o gerarchi Baathisti iracheni vicini a Saddam Hussein, o, come nel caso di Abu Bakr Ibrahim al Baghdadi, autoproclamatosi Califfo e discendente di Maometto, un ex detenuto di Guantanamo e poi scarcerato. Resta un mistero perché nel marzo 2013 abbia incontrato il senatore repubblicano MacKein in Siria.

A Vienna, nel primo giorno dei colloqui i 20 partecipanti raggiungono un accordo anche se rimane irrisolto il destino politico di Bashar al-Assad. E’ presente, nonostante l’opposizione dell’Arabia Saudita, anche l’Iran.

L’intesa prevede entro il 1° gennaio 2016, l’inizio di negoziati tra il governo siriano e l’opposizione dichiaratasi disponibile, la formazione di un esecutivo di transizione composto dalle due parti entro 6 mesi e una tregua che consenta un’ efficace contrasto di Daesh.

La priorità è data, con accordo USA – Russia, alla lotta al terrorismo. Sarà la Giordania a proporre l’elenco dei gruppi armati operanti in Siria e ritenuti terroristi che verranno esclusi dalla tregua e dal Governo transitorio.

Obiettivo del governo entro 18 mesi è la preparazione di una nuova Costituzione siriana per elezioni libere, parlamentari e presidenziali, con la partecipazione della diaspora.

L’accordo prevede anche un sensibile incremento dell’assistenza umanitaria.

Come si è arrivati a questo accordo USA – Russia?

In realtà, sin dal 29 settembre la Russia consegna al Consiglio di Sicurezza ONU un documento incentrato sulla possibilità riportare la stabilità nelle regioni di crisi privilegiando due obiettivi: attuazione delle già esistenti Risoluzioni del C.d.S. ONU e contrasto degli islamisti radicali appoggiati in questa fase da Paesi compiacenti tra cui Turchia, Arabia Saudita e monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo .

Nel mese di ottobre, il progetto russo assume un aspetto più specifico e concreto.

Il presidente Putin riceve a Mosca il suo omologo siriano che si dichiara pronta ad accettare il piano Usa-Russia e aggiunge di avere già integrato nel suo governo i partiti di opposizione che ne avevano fatto richiesta.

Dopo contatti dei ministri degli esteri di USA e Russia con gli omologhi di Turchia e Arabia Saudita, alla fine di ottobre USA e Russia incontrano i partecipanti alle precedenti riunioni e invitano anche Egitto, Cina, Iraq, Iran, Libano, Oman, Unione Europea e Nazioni Unite.

Caso a parte è Israele che riceve nel colloquio con Putin l’assicurazione che Mosca non interverrà sull’attività di Tel Aviv nella regione, non fornirà armi a Hezb’Allah, non consentirà azioni contro Israele da parte di milizie provenienti dalla Siria.

Ancora meglio sembra possa procedere l’incontro del premier israeliano con il presidente americano che assicura 50 miliardi di dollari in 10 anni di aiuti militari, annuncia che nei rimanenti 12 mesi di mandato presidenziae non muoverà alcun passo sul problema israelo-palestinese.

Poi, mentre il quotidiano Haaretz rende nota l’approvazione di progetti inerenti alla costruzione di oltre 2 mila case per coloni in Cisgiordania a Est di Ramallah, il premier israeliano chiede la presidente statunitense di riconoscere l’annessione a Israele delle Alture del Golan, per prevenire il traffico di armi di Hezb’Allah ai gruppi armati vicini al presidente siriano nella parte siriana delle Alture.

Sul punto il presidente Obama rimane silente mentre un funzionario della Casa Bianca dichiara che gli USA sostengono che il futuro del Golan debba essere oggetto di un negoziato in linea con le risoluzioni ONU 242 e 338.

Rimane il mistero sul raid israeliano su Damasco il giorno dopo la visita a Washington del premier israeliano.

Il documento presentato dalla Russia nella riunione di Vienna prevede anche che il presidente Assad abbandoni in questo periodo il potere a un governo transitorio mentre Mosca garantirà la sua mancata partecipazione a nuove elezioni, per facilitare la formazione di un governo di unità nazionale e fronteggiare il terrorismo.

In sintesi, i punti del documento sono:

  • le opposizioni al regime saranno considerare due: chi accetta di negoziare con Bashar al-Assad e chi continua la resistenza armata;
  • i gruppi d’opposizione che accettano di partecipare al tavolo negoziale con il governo siriano negozieranno un cessate-il-fuoco fra regime e ribelli. Dopo il negoziato, dovrà cessare l’invio di armi da parte dei Paesi che appoggiano l’opposizione siriana;
  • le forze siriane in campo avvieranno negoziati per un accordo su amnistia e rilascio di tutti i prigionieri. Saranno indette elezioni presidenziali e parlamentari anticipate per la formazione di un governo di riconciliazione nazionale. La Costituzione siriana verrà modificata e i poteri del presidente saranno trasferiti al primo ministro;
  • la Russia garantirà che Bashar al-Assad non partecipi alle elezioni ma abbia la possibilità di nominare membri della sua famiglia o personalità scelte fra i suoi collaboratori;
  • tutti i gruppi dell’opposizione armata e le milizie filo-iraniane saranno integrati nell’esercito siriano;
  • la Russia garantirà anche l’amnistia per tutti i combattenti delle opposizioni che dovranno assicurare di non perseguire né Assad né la sua famiglia;
  • la presenza militare Russa in Siria continuerà sotto l’egida di una risoluzione ONU nella quale si stabilisce che la Russia è il Paese garante dell’applicazione degli accordi raggiunti.

Il prossimo incontro del gruppo è previsto entro un mese.

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