ONU E CRISI SIRIANA

ONU E CRISI SIRIANA

Isis in Siria

Isis in Siria

Dipanare i fili della crisi siriana non è facile…occorre andare per gradi e singoli spezzoni di argomento. Azione dell’ONU per risolvere la crisi. Gli assi politici in Medio Oriente. Seguirà un articolo sull’intervento russo

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

In occasione della settantesima sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, l’Osservatorio per i Diritti Umani fornisce dati sui raid della Coalizione a guida USA contro l’Islamic State dopo un anno.

Degli oltre sessanta Paesi impegnati dieci partecipano ai bombardamenti aerei mentre gli altri contribuiscono con l’invio di armi e munizioni alle opposizioni moderate contro il regime siriano.

Il bilancio è di 3.178 militanti di IS uccisi, 225 vittime civili oltre a 136 jihadisti del Fronte al-Nusra e dieci combattenti del gruppo fondamentalista dell’Esercito della Sunnah.

Is e gruppi jihadisti affiliati controllano ¼ del territorio siriano frammentato in vaste aree: dal confine con la Turchia a Nord- Ovest alle alture del Golan a Sud; dalla periferia di Aleppo a Nord – Ovest al confine con l’Iraq lungo la direttiva Centro – Est a Raqqa, Deir al-Zor, al – Qaim; da Homs nel Centro – Sud a Palmira e periferia di Damasco fino al confine libanese.

La situazione dell’Iraq è perfino peggiore con 1/3 del territorio nelle mani di IS sull’intera regione di al-Anbar da Sud verso Ovest al confine siriano e verso Est dalla periferia di Baghdad lungo la direttiva Nord da Samarra ad Haditha, da Kirkuk a Mosul e Siniar al confine siriano.

Il documento dell’Osservatorio conferma quanto ufficialmente ammesso dal segretario di stato americano John Kerry sul fallimento del programma di addestramento e armamento di migliaia di miliziani sunniti iracheni contro il regime damasceno e IS.

In realtà, sul terreno queste eterogenee formazioni hanno portato solo sconfitte, e diserzioni, abbandonando le armi al nemico.

Dopo quasi cinque anni di guerra in Siria e dal ritiro delle truppe USA da Baghdad, gli americani sembrano orientati verso una strategia di discontinuità con il recente passato.

Posto che l’Europa soltanto dopo il sensibile flusso di migranti siriani verso il Mediterraneo si avvicina al problema e Francia e Gran Bretagna si rendono disponibili per i raid aerei, John Kerry apre a Russia e Iran.

Sin dall’inizio, la guerra a Damasco è preparata dagli attori esterni riuniti nel Gruppo degli Amici della Siria ma ora si delinea la formazione di due posizioni geo-strategiche.

  1. A) Da un lato, a supporto di Bashar Assad e contro IS sono attivi da subito Hezb’Allah libanese, i peshmerga curdi siriani e iracheni dal 2013, le unità speciali iraniane guidate dal generale Suleiman Qassam dal 2014.

A livello politico-diplomatico, Assad può contare su Russia e Cina che hanno opposto tre veti in Consiglio di Sicurezza ONU per evitare la guerra preparata a settembre 2013 da USA, Turchia e Gran Bretagna un mese dopo il bombardamento a Ghouta con prodotti chimici, addebitato all’esercito siriano.

E Mosca convince Assad a consegnare per la distruzione tutto l’armamento Nucleare, Batteriologico, Chimico (NBC) in suo possesso.

Anche prima dell’accordo del nucleare fra il gruppo 5 P + 1 (i cinque membri permanenti del C.d.S. ONU) + la Germania e l’Iran, un altro Paese si avvicina al presidente Assad.

E’ l’Egitto, che si allontana dai Paesi del Consiglio della Cooperazione del Golfo e specie dall’Arabia Saudita.

Il presidente Abdel Fatah al-Sisi sostiene i gruppi laici e progressisti dell’opposizione siriana ospitandoli al Cairo e nella Lega Araba si schiera con quanti si oppongono a cedere il seggio di Damasco all’opposizione della “Syrian National Coalition”, supportata da Qatar e Arabia Saudita. Recentemente, ad agosto, riceve l’inaspettata visita del generale Alì al-Mamlouk e promette il ristabilimento delle reciproche relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Nello stesso mese, in visita a Mosca, incontra re Abdullah II di Giordania e l’Emiro Sheikh Mohammad bin Zayid di Abu Dhabi.

In altri termini, va preparandosi un asse arabo-russo che, soprattutto in merito alla Siria, sia in grado di competere con l’asse US- Arabia Saudita, Qatar, Turchia, che forma l’altro spettro di Paesi interessati a Damasco.

  1. B) Accanto a questo secondo asse v’è Israele, il cui Premier Benjamin Netanyahu teme che l’Iran ed Hez’Allah libanese intendano realizzare basi di attacco dal lato siriano delle Alture del Golan per attaccare Tel Aviv con la protezione di Assad.

Nel recente colloquio avuto a Mosca con il Presidente Vladimir Putin, sarebbe stato concluso

un accordo secondo il quale la Russia non ostacolerà la libertà aerea di Israele, impedirà che le armi del suo Paese vengano consegnate a Hezb’Allah e non consegnerà a Damasco i suoi sistemi di autodifesa antiaerea.

Sul punto, il presidente Putin avrebbe assicurato l’interlocutore che l’impegno militare russo in Siria è finalizzato solo ad assistere l’alleato Assad.

Attualmente un’intesa Putin-Kerry prevedrebbe una sorta di ripartizione di compiti con l’obiettivo primario di sconfiggere IS.

In sintesi, Mosca, con Teheran, Hezb’Allah libanese e peshmerga siriani e iracheni opererebbe in Siria mentre USA e i suoi alleati si impegnerebbero in Iraq.

Le attività di Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Israele potrebbero confliggere con quelle della Coalizione anti – IS, come avvenuto anche recentemente.

I fatti dicono che la Turchia, dopo aver autorizzato gli USA e la Coalizione a usare la base di Incirlik, ottenuto la creazione di una buffer zone in territorio siriano e assicurato il suo impegno contro IS ha eseguito un breve raid contro IS e mobilitato il suo esercito contro il PKK.

Il presidente Erdogan ha unilateralmente disposto la fine dei colloqui di pacificazione con i curdi in corso da due anni e temendo la formazione di un Kurdistan siriano autonomo al confine della Turchia come accaduto in Iraq, ha in corso una campagna militare anche contro i peshmerga che combattono IS causando centinaia di morti.

Arabia Saudita e Qatar sono e restano ostili agli sciiti e in particolar modo a Iran, Siria, Hezb’Allah, che ritengono eretici, e la recente guerra scatenata da Riyadh con adeguata Coalizione nello Yemen ne è eloquente dimostrazione.

Israele, per motivi di sicurezza, esegue spesso raid in Siria e da ultimo per bombardare convogli di armi ritenute destinate a Hezb’Allah, postazioni ritenute filo-iraniane nelle Alture del Golan lato siriano e all’inizio del 2015 un suo elicottero da combattimento ha ucciso 12 ufficiali di Hezb’Hallah e un generale iraniano diretti nel sud delle Siria per attività anti-IS.

La sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU fornirà utili chiarimenti sugli eventi prossimi.

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 Al centro, Sheikh Mohammed bin Zayed al- Nahayyan

Al centro, Sheikh Mohammed bin Zayed al- Nahayyan

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