ARABIA SAUDITA. Il gruppo al potere

ARABIA SAUDITA. Il gruppo al potere

Salman bin Abdul Aziz, re dll'Arabia Saudita

Salman bin Abdul Aziz, re dll’Arabia Saudita

A complemento dell’articolo sulle relazioni tra Arabia Saudita e USA, l’analisi dell’organigramma del gruppo governante saudita

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini         

Alla fine di aprile di questo anno, il re Salman bin Abdul Aziz al Saud nomina principe ereditario il nipote   Mohammed bin Nayef, di 55 anni, vice erede al trono il figlio Mohammed bin Salman, trentenne, e Ministro degli Esteri Adel al Jubeir, 53 anni.

Le nomine costituiscono un segnale di discontinuità sia sotto il profilo generazionale, perché consentono una regolare successione per i prossimi decenni, sia per il condiviso approccio dei nominati verso una politica estera più attiva rispetto alla precedente orientata che privilegiava soluzioni negoziali.

Il principe Nayef appartiene come il Re al gruppo dei “sette Sudairi”, i sette figli avuti dal re Abdelaziz Ibn al-Saud, fondatore del Regno, con Assa bint Ahmed del clan di Nejd, quello dei Sudairi.

Il principe ereditario, già Capo della Sicurezza e Ministro dell’Interno, diplomato alla CIA e a Scotland Yard, è un fautore della guerra al terrorismo.

E lo dimostra sin dalla rigida repressione nei confronti di riformisti e dissidenti interni all’inizio delle dimostrazioni e rivolte manifestatesi nel 2011-2012 nel Regno. Inoltre, ha un ruolo decisivo nell’intervento contro la Siria, dossier prima seguito dal principe Bandar bin Sultan, poi sostituto per asserite cure mediche.

Il principe Nayef condividerebbe la posizione di Israele contro l’Iran, di cui combatte l’influenza nei Paesi della “mezzaluna sciita” (in Iraq, Siria, Libano) e, da ultimo, nello Yemen.

Il vice erede al trono fa parte dei Sudairi e scalza nella linea di successione il fratellastro Muqrin bin Abdulaziz, 65 enne, che era stato nominato dall’ex sovrano, Re Abdallah, e non fa parte dei Sudairi essendo figlio di Baraka al-Yamaniyah, amante yemenita di Re Abdulaziz.

Il principe Mohammed bin Salman, nominato Ministro della Difesa nel gennaio 2015, è lo stratega della guerra iniziata nel marzo contro gli Houthis.

Il Ministro degli Affari Esteri Adel al Jubeir, di 53 anni, già Ambasciatore Washington, non appartenente alla famiglia Sudairi, sostituisce l’ottantenne Saud al Feisal, che ha guidato quel Ministero dal 1975. Diplomatico di carriera, il Ministro Jubeir sostiene la guerra allo Yemen e il confronto duro con l’Iran. Il Ministro ha anche svolto un importante ruolo mantenendo ad alto livello i rapporti con gli USA, soprattutto dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 alle torri gemelle di New York e al Pentagono quando emerse che 19 dei 24 kamikaze erano cittadini sauditi.

Obiettivo del re Salman è quello di mantenere il ruolo di superpotenza regionale ridimensionando l’Iran, punta di riferimento dei Paesi sciiti areali, in ottimi rapporti con Russia e Cina e in procinto di riprendere dopo 37 anni rapporti con gli Stati Uniti.

La metodologia è di intervenire con maggiore forza in Siria, Iraq, Libano e nello Yemen operando in seno a Coalizioni interventiste e supportare le opposizioni contro quei regimi in linea con la politica di Stati Uniti e Israele.

In questo quadro geo-strategico, va letta l’offerta al movimento islamico Hamas di entrare a fa parte della nuova coalizione sunnita che si sta formando con Turchia ed Egitto contro l’Iran. Coalizione che di fatto è già entrata in guerra nello Yemen contro gli Houthis ma mirando a Teheran, come dimostrano gli schieramenti navali statunitensi nel Golfo di Aden, che incrociano le navi iraniane.

Hamas potrebbe ottenere in cambio il controllo di Gaza impegnandosi a evitare attacchi a Israele mentre l’Arabia Saudita s’impegnerebbe a utilizzare le sue relazioni con Egitto, USA e Israele.

L’ipotesi sembra avere in realtà il fine di evitare il rientro di Hamas in seno alla “mezzaluna sciita” rinnegata dal movimento nel 2012 e oggi di nuovo cercata, discreditandola in maniera irreversibile con un invito irritante per Iran e Siria.

Teheran e Damasco, infatti, hanno già perso la fiducia riposta in Hamas che hanno supportato ospitandone e finanziandone leadership e Uffici della Direzione Esterna guidata da Khaled Meshaal, che abbandona Damasco poco dopo l’inizio delle dimostrazioni di protesta, accusa il regime di atrocità, torna a Gaza per poi stabilirsi a Doha, nel Qatar.

Sul piano interno, re Salman segue al momento la tendenza precedente e promette riforme che in 15 anni hanno dato luogo solo alle elezioni amministrative nel 2005, mai più replicate, e alla nomina di poche donne in ruoli di apparente prestigio.

Riconferma il ruolo predominante delle scuole wahabite, che gestiscono da sempre la giustizia e la società e reprimono ogni tentativo di riforme su diritti delle donne, rispetto delle minoranze, redistribuzione delle ingenti ricchezze di là della cerchia dei venticinquemila membri della famiglia reale.

Anche il re Salman investe miliardi di dollari per diffondere nel mondo l’ideologia wahabita soprattutto nei Paesi poveri in Asia e Africa.

Subito dopo l’investitura, come i suoi predecessori, destina 130 miliardi di dollari per il welfare della popolazione ma è ipotizzabile un cambio di passo.

In realtà le donne sono ancora prive della libertà di uscire liberamente, non possono guidare né intrattenere rapporti sociali con uomini estranei alla famiglia.

Le classi più povere vivono appena al livello di sopravvivenza mentre gli immigrati sono spesso senza tutele.

A fronte di questo panorama, non è peregrino ipotizzare che una generazione giovane, ambiziosa di riprendere un ruolo egemonico areale rinforzare le alleanze Occidentali, soprattutto con gli stati Uniti, possa introdurre graduali di riforme almeno sul ruolo delle donne rispetto dei diritti delle classi meno abbienti.

Misure che avrebbero un ritorno in termini di maggiore coesione sociale e una legittimazione più ampia in seno alla Comunità Internazionale.

In sostanza, la nuova generazione saudita assiste a immediati cambiamenti in seno a Paesi ritenuti immutabili, dalla Cina a Cuba, dall’America centrale all’Africa, e potrebbe trarne quegli aspetti positivi e compatibili con religione, costumi e aspettative della popolazione del Regno.

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Mohammed_Bin_Salman_al-Saud, attuale principe ereditario saudita

Mohammed_Bin_Salman_al-Saud, attuale principe ereditario saudita

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