La “nuova” guerra nel Caucaso

La “nuova” guerra nel Caucaso

Il Caucaso del Nord

Il Caucaso del Nord

Un  Emirato, quello del Caucaso, del quale poco si parla ma che può aiutare a comprendere la politica estera attuale di Putin

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La Russia ha da poco preso parte ad azioni di ricognizione con droni e trasferito diversi aerei da combattimento in Siria per colpire il Califfato islamico. Molto è stato detto circa il motivo che avrebbe spinto Putin ad agire, tra cui evitare che la coalizione internazionale “spodesti” Assad dal potere così da proteggere i propri interessi geostrategici in Siria e mantenere uno sbocco sul Mediterraneo (grazie alla base navale di Tartus). Ma ci sarebbe un secondo motivo, poco conosciuto, che potrebbe aver seriamente influito su tale decisione e portato l’IS ad essere considerato il nemico principale della Russia e una minaccia globale.

In passato, la Russia identificava lo Stato Islamico come un fenomeno temporaneo e come parte di Al Qaeda, sostenuto da Arabia Saudita e Qatar con lo scopo di combattere il regime di Bashar al-Assad, l’Iran e gli sciiti. Ora, invece, la preoccupazione è crescente ed evidente nelle dichiarazioni del governo russo, che identifica il Califfato come una vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale.

Il terrorismo islamico in Russia e nel Caucaso non è una nuova minaccia: basti pensare alla Strage di Beslan nel 2004, ma lo è la penetrazione dell’IS nel Caucaso settentrionale raggiungendo un’alleanza con i salafiti nella regione e portando a compimento, per la prima volta, un attacco dello Stato Islamico nel Caucaso contro forze militari russe. E’ quindi comprensibile il motivo per cui l’atteggiamento del Cremlino nei confronti del Califfato sia cambiato negli ultimi mesi.

In altre parole, la crescente influenza e consenso che lo Stato Islamico sta avendo tra i gruppi jihadisti che operano nel Caucaso settentrionale può aver spinto il Cremlino a un cambio di strategia nella lotta al terrorismo, magari per “stroncare” l’alleanza che sta nascendo tra combattenti ceceni islamici (presenti in gran numero nella regione) e il Califfato.

Ciò che era iniziato nel 1990 come una lotta per l’indipendenza nazionale cecena si è, con gli anni, trasformato in un’insurrezione islamica diffusa in tutta la regione. Questa evoluzione è culminata nel 2007 con la nascita dell’Emirato del Caucaso, che comprende vari gruppi jihadisti locali, sotto la guida, prima, del combattente Dokku Umarov (morto nel 2013), poi sostituito temporaneamente da Aslambek Vadalov nel 2010, poi ancora Umarov ed infine, con la sua morte, da Ali Abu Muhammad al Daghestan (ucciso ad Aprile di quest’anno). Adesso l’Emirato è alla ricerca di un nuovo leader.

Doku Umarov (Foto Ria Novosti)

Dokku Umarov (Foto Ria Novosti)

Questo Emirato racchiude vari gruppi jihadisti locali, che fino a pochi mesi fa erano tutti molto vicini ad Al-Qaeda, salvo poi giurare fedeltà allo Stato Islamico. Il motivo potrebbe essere la necessità di garantirsi una maggiore visibilità mediatica, considerando il successo dell’IS nel campo della comunicazione e propaganda, ma anche la perdita di tre leader in poco più di due anni ha destabilizzato le operazioni dell’Emirato e sembra aver contribuito ai guadagni del Califfato nella regione. Al Qaeda e l’Emirato hanno cercato di arginare la marea di defezioni allo Stato Islamico, che però sembra continuare.

L’adesione di militanti e leaders dell’Emirato del Caucaso all’IS, come per esempio quella di Amir Khamzat, comandante del “Vilaiyat” (unità territoriali-amministrative che corrispondono grosso modo con le repubbliche regionali) ceceno, è avvenuta nel mese di Giugno – Noi proclamiamo la nostra fedeltà e obbedienza al Califfo (Abu Bakr al-Baghdadi) – hanno annunciato in un video su Youtube i leaders di quattro delle sei regioni dell’Emirato del Caucaso.Noi possiamo testimoniare che tutti i combattenti del Caucaso, della Cecenia, del Daghestan, dell’Inguscezia e della Kabardino-Balkaria sono uniti in questa decisione e non hanno divergenze – si afferma nel video.

L’annuncio da parte del portavoce dello Stato Islamico Abu Mohammed al-Adnani, che è stata accettata la fedeltà (bayat) dei miliziani dell’IS nel Caucaso del nord conferma la sempre maggiore influenza che esso ha sul mondo dell’estremismo islamico fuori dal Medio oriente. La regione russa a maggioranza musulmana è passata così allo status di ‘vilayat’, governata dallo sceicco Abu Mohammad al-Qadari. Era da Gennaio che lo Stato Islamico cercava di rafforzare i legami con jihadisti del Caucaso e alla fine è riuscito a proclamare un “Governatorato” che dimostra il riuscito insediamento nell’area.

Successivamente, in un comunicato diffuso online e tradotto dal SITE Intelligence Group si dice – I soldati del Califfato sono stati in grado di portare a termine un attacco contro una caserma dell’esercito russo nel sud Daghestan, nel villaggio Magharamakint. – Il raid presumibilmente ha portato alla uccisione e il ferimento di un certo numero di soldati.

Tutto ciò dimostra quanto efficientemente la macchina propagandistica dello Stato Islamico stia coordinando e diffondendo informazioni in vari paesi, in cui i jihadisti stanno combattendo, per reclutarli ed espandersi.

Funzionari russi stimano che circa 2.200 russi, in gran parte provenienti dal Caucaso del Nord, siano andati a combattere per il Califfato in Iraq e Siria e che oggi stiano tornando proprio per combattere nel Caucaso in nome dell’IS. Tuttavia, al momento, non sembra che l’IS stia progettando di separare un pezzo del Caucaso del Nord per governarlo autonomamente, come invece avviene tra Siria ed Iraq, quanto piuttosto l’intenzione potrebbe essere di usare la regione per attacchi terroristici in Russia, che mostrerebbero la portata dello Stato Islamico oltre il Medio Oriente.

L’arrivo del Califfato nel Caucaso indebolisce Al-Qaeda e rischia di mettere in competizione i due, anche in questa regione. Il pericolo maggiore potrebbe essere una escalation dagli esiti imprevedibili sia in Medio Oriente che nel Caucaso. La strategia non sarebbe tanto quella di finanziare attacchi di grande portata, quanto piuttosto una serie di attacchi minori e meno costosi, per poi competere nella guerra di propaganda e di  informazione per rivendicarne il merito ed enfatizzarne la porta e mostrare la forza dell’organizzazione.

Al momento, pur non essendoci il rischio di grandi attacchi, questa strategia sarebbe sufficiente per portare il Caucaso in un’instabilità costante che sicuramente nuocerebbe agli interessi di Mosca. Quindi la necessità di prevenire un’ulteriore espansione del fondamentalismo  islamico nel Caucaso potrebbe aver spinto Mosca ad agire direttamente contro l’ISIS.

Aslambek Vadalov, nuovo leader dell'Emirato del Caucaso

Aslambek Vadalov, nuovo leader dell’Emirato islamico del Caucaso

Per approfondimenti consultare i seguenti siti:

www.longwarjournal.org/archives/2015/09/islamic-states-caucasus-province-claims-first-official-attack-on-russian-forces.php

http://www.longwarjournal.org/archives/2015/06/islamic-state-spokesman-calls-on-other-factions-to-repent.php

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