ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO. CHI REMA CONTRO

ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO. CHI REMA CONTRO

 

Il Ministro della Difesa USA, Ashton Carter

Il Ministro della Difesa USA, Ashton Carter

Continua la ‘saga’ dell’accordo sul nucleare iraniano…non tutto è andato ‘ a posto’! La politica internazionale si è molto rallegrata e la Mogherini anche….il tempo chiarirà l’effettivo successo dell’Accordo

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                                                                                                                               

Lo storico Accordo firmato a Vienna il 14 luglio fra il G 5 + 1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU + Germania) e l’Iran ha dato voce anche a una forte opposizione.

In Iran, la Guida Suprema Alì Khamenei dichiara che Teheran non cederà mai alle richieste statunitensi che possano ledere la sovranità del Paese, la cui policy in Medio Oriente non cambierà.

Ma quando interviene anche il Comandante dei Pasdaran, il generale Jabari, che fa subito eco alla posizione della Guida Suprema, il Presidente Hassan Rowani diffonde nei media il suo colloquio con l’Emiro del Qatar al quale assicura il miglioramento dei rapporti del suo Paese con i vicini.

Posizione che il Segretario Generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo, Abdel Latif al-Zayani, trova contraddittoria rispetto a quella della Guida Suprema non certo adeguata ai principi di buon vicinato e non ingerenza negli affari interni di altri Paesi, inaccettabile dalle Convenzioni Internazionali, con chiara allusione a Yemen, Iraq, Siria e al supporto alle presenze sciite nei Paesi del CCG.

Il Segretario Generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo, Abdel Latif al-Zayani

Il Segretario Generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo, Abdel Latif al-Zayani

Dall’altro canto, il Segretario della Difesa USA, Ashon Carter, in visita a Tel Aviv il 19 luglio, spiega al Premier israeliano Benjamin Netanyahu che l’Accordo “non fa nulla per evitare l’opzione militare”.

Carter, il più accanito sostenitore di Netanyahu, assicura che Tel Aviv sarà l’unico Paese nel Medio Oriente a ricevere gli F 35 oltre a missili balistici, il supporto al progetto per le batterie anti-razzi Iron Dome e ingenti armamenti oltre alla implementazione del contratto di armamento da 3 miliardi di dollari annui a 4,5 dal 2016.

Carter si recherà poi in Giordania per rifornirla di ulteriore armamento e in Arabia Saudita.

Negli USA, scendono in campo le ‘lobbie’ pro-Israele, a cominciare dall’AIPAC, con raduni a New York e mobilitazione di oltre 100 organizzazioni per chiedere al Congresso di votare contro l’Accordo che il Consiglio di Sicurezza ONU ha invece approvato all’unanimità.

A ulteriore supporto, è previsto l’intervento di esponenti della destra: l’ex Capo CIA, James Woolsey, il leader dei Cristiani Unito pro-Israele, David Brog, e il colonnello Richard Kemp, già Capo delle Forze Britanniche in Afghanistan.

Il voto del Congresso contro l’Accordo costringerebbe il Presidente Obama a porre il veto per il quale, nell’eventuale seconda votazione, occorrerà la maggioranza dei 2/3, che gli sarà difficile acquisire.

Israele e Arabia Saudita – come del resto USA e i Paesi del G 5 + 1 – sanno perfettamente che l’Iran non sta sviluppando alcun programma nucleare a scopi militari e in realtà temono che il ritorno di Teheran ridimensioni la loro posizione di principali alleati degli USA nella Regione Mediorientale.

E quindi presentano l’Iran come la macchina del terrore, pronta a proseguire i progetti per dotarsi di ordigni nucleari dopo aver ripreso gli oltre 100 miliardi di dollari (suoi, peraltro) congelati all’estero per le sanzioni, e poter armare Hezb’Allah e Hamas.

In realtà, nel Medio Oriente finora c’è solo un Paese dotato di atomica ed è Israele, che, al contrario dell’Iran, non ha mai sottoscritto il Trattato di Non Proliferazione e agisce nei territori Occupati Palestinesi in violazione del diritto internazionale potendo contare sul veto che automaticamente oppongono gli USA.

I due Paesi poi dimenticano che a portare la guerra fuori dai confini sono proprio loro: Tel Aviv in Iraq, nel 1981, bombardando il presunto sito atomico di Osirak; sovente in Libano con le guerre 1982 – 2000 e luglio – agosto 2006; nei Territori Palestinesi dal 1948 e tuttora in atto; Riyadh, attualmente, nello Yemen.

In altri termini, la strada dell’implementazione dell’Accordo che porrebbe fine a un conflitto di 36 anni, è ancora in salita.

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Benjamin Netanyahu

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