L’Africa è in crisi profonda…Il senso del potere e del suo mantenimento ad ogni costo spinge il Burundi ad una guerra civile.Un’attenta analisi.
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
Il Burundi è sull’orlo di una guerra civile ma questa volta le etnie non c’entrano. All’origine della crisi cominciata il 26 aprile la volontà del presidente Pierre Nkuzunziza di candidarsi per un terzo mandato. A seguito di questo annuncio la popolazione è scesa in strada, la capitale è diventata teatro di violente manifestazioni represse nel sangue dalla polizia, fedele al presidente, con un bilancio iniziale di una cinquantina di morti e centinaia di rifugiati nel vicino Rwanda. Gli scontri armati durante le proteste non sono le uniche cose che preoccupano popolazione e la comunità internazionale, ci sono le spedizioni punitive attuate dagli Imbonerakure, giovani uniti in milizie e armati dal presidente con lo scopo di reprimere le opposizioni e punire i civili che in qualche modo le appoggiano.
Secondo l’articolo 7 degli accordi di Arusha siglati nel 2000 per porre fine alla lunga e sanguinosa guerra civile in Burundi, il presidente della repubblica viene eletto per un mandato della durata di 5 anni rinnovabile una sola volta, il che rende anticostituzionale il terzo mandato voluto da Nkurunziza, il quale però si appella al fatto che la prima volta, nel 2005, egli non fu eletto dal popolo ma nominato dal parlamento, trattandosi del cosiddetto periodo di transizione.
Tentativi di mediazioni tra il governo e la società civile avvengono attorno all’8 maggio, proponendo la liberazione di esponenti dell’opposizione in cambio della sospensione delle proteste ed anche la polizia sembra ridurre l’aggressività delle repressioni per circa 48 ore. La Corte Costituzionale approva finalmente la candidatura per il terzo mandato ma il presidente della stessa fugge dal paese dichiarando di temere per la sua vita e ammettendo di aver ricevuto forti pressioni dal governo per la legittimazione della candidatura presidenziale.
La comunità internazionale ammonisce Nkurunziza. Belgio e Olanda sospendono gli aiuti per le elezioni, Unione Europea, Stati Uniti e Svizzera richiedono un rapporto sulle elezioni, l’Unione Africana condanna apertamente il terzo mandato e Paul Kagame, presidente del Rwanda, consiglia al suo vicino di lasciare il paese.
Tuttavia Nzurunziza decide di perseverare nel suo progetto e depone ufficialmente la sua candidatura dando il via alla ripresa di scontri e manifestazioni, rappresaglie diurne e notturne, chiusura delle principali stazioni radio del paese e tentativi di zittire i social network.
Il 13 maggio l’inaspettato sui generis colpo di stato da parte dell’ex capo dei servizi segreti burundesi, il generale Godefroid Niyombare, ex compagno d’armi del presidente durante la guerra civile e poi caduto in disgrazia in quanto in disaccordo con lo stesso. Niyombare, sostenuto dall’esercito, da sempre più vicino alla popolazione, annuncia la destituzione del presidente durante la sua assenza.
Dalla vicina Tanzania però subito la smentita. Nkurunziza si precipita a Bujumbura per riprendere il potere e il golpista viene immediatamente arrestato.
Nonostante le ammonizioni della comunità internazionale e dei paesi limitrofi, Nkurunziza non ha rinviato le elezioni comunali e legislative che si sono svolte in un clima di tensione il 29 giugno. La CENI (Commission Electorale Nationale Indépendante) non è stata in grado di fornire delle cifre esatte, afferma soltanto che nei quartieri anti-Nkurunziza come Kanyosha l’affluenza alle urne è stata quasi nulla mentre superiore al 50% nei quartieri che non hanno aderito alle manifestazioni.
Le elezioni presidenziali previste per il 26 giugno sono state invece rinviate al 15 luglio. L’opposizione invita al boicottaggio di queste elezioni ormai a candidato unico. La situazione nel paese è sempre più tesa, gli scontri armati e le spedizioni punitive sono all’ordine del giorno. Sempre più persone cercano rifugio nei vicini Rwanda e Tanzania. Ma il testardo presidente continua per la sua strada ignorando tutto e tutti e affermando che sarà nuovamente presidente costi quel che costi.
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