L’ANP VERSO IL BARATRO. A margine di una vicenda relativo al calcio… ANP E NUOVO GOVERNO

L’ANP VERSO IL BARATRO. A margine di una vicenda relativo al calcio… ANP E NUOVO GOVERNO

Anwar Majed Eshki  e l'ambasciatore israeliano all'ONU

Anwar Majed Eshki (a destra) e l’ambasciatore israeliano all’ONU

Gli ultimissimi avvenimenti per quanto riguarda l’ANP e il problema israelo-palestinese.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 29 maggio a Ginevra lo scontro fra le Federazioni israeliana e palestinese si concluse con l’inatteso ritiro della richiesta palestinese di sospendere Israele dalla FIFA per le continue violazione dei diritti dei calciatori, sottoposti ad arresti, ferimenti, uccisioni.

Jibril Rajoub

Jibril Rajoub

Il rappresentante palestinese, Jibril Rajoub, negoziò con il suo omologo israeliano, Ofer Eini, il ritiro della richiesta in cambio di un “Comitato congiunto” che valutasse le pesanti restrizioni imposte ai suoi calciatori. L’Assemblea votò e approvò a larga maggioranza la retromarcia di Rajoub, da lui . assunta da Rajoub poco dopo la disponibilità a risolvere il problema assicurata dal Premier israeliano durante l’incontro con il capo della FIFA.

Ofer Eini

Ofer Eini

In realtà, il giorno successivo il nazionale palestinese Sameh Maraabah venne fermato e detenuto al Ponte di Allenby “per motivi di sicurezza”.

Il comportamento di Rajoub fu aspramente criticato al suo rientro in Cisgiordania e non solo. Al suo arrivo all’aeroporto Queen Alia di Amman, Rajoub fu dichiarato “persona non grata” dalle autorità giordane che ne hanno impedito l’ingresso nel Paese.

Il provvedimento fu adottato perché durante e dopo le votazioni per l’elezione del Presidente della FIFA chiusa con la rielezione del contestato Sepp Blatter in danno del suo rivale, il principe Alì di Giordania, Rajoub era stato ripreso dalle telecamere mentre si congratulava con Blatter. A fronte dell’ira dei giordani, rimase in silenzio Mahmoud Abbas, Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, demarcandosi da una decisione sicuramente concordata.

Per comprendere l’accaduto occorre verificarne i motivi anche perché era ben noto il generale supporto fra i membri delle Federazioni per la richiesta palestinese, tanto da aver suscito la preoccupazione dei leader israeliani, a cominciare dal Presidente Reuven Rivlin, che aveva definito l’eventuale esclusione dalla FIFA “una minaccia strategica”.

Di fatto, Rajoub, è noto per lo zelo con il quale, da capo dell’Intelligence interna in Cisgiordania, operava con Israele nel settore della sicurezza.

Anche l’ANP, però, in più occasioni delude le aspettative della popolazione.

Citando agli episodi più recenti, nel 2008 l’ANP ostacola la richiesta all’ONU di una Risoluzione proposta dal Qatar per la rimozione del blocco a Gaza. L’anno seguente, l’ANP lascia cadere la Risoluzione preparata dall’ “Human Rights Council” per trasmettere il Rapporto del Giudice Richard Goldstone sui crimini di guerra commessi a Gaza da Israele al Consiglio di Sicurezza ONU.

Inoltre, dopo aver più volte rinviato la presentazione al C.d.S. ONU per il riconoscimento dello Stato di Palestina entro il 2016, con i confini del 4 giugno 1967, Gerusalemme Est capitale e il ritorno dei profughi, il Presidente Abbas ne ordina la trasmissione il 30 dicembre, appena in tempo di consentire all’inaffidabile Nigeria di far mancare il 9° voto necessario per l’approvazione. La Nigeria, membro a rotazione del C.d.S. ONU, sarebbe stata, infatti, sostituita; altri Paesi favorevoli allo Stato Palestinese avrebbero fatto parte del Consesso e la Risoluzione sarebbe stata approvata.

In realtà, l’ANP e gran parte della leadership di FATAH, di cui Rajoub è esponente, sono troppo dipendenti da Israele e Paesi Occidentali donatori per difendere gli interessi nazionali.

E se il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina osserva con preoccupazione la passività dell’ANP perché teme non venga presentata alla Corte Penale Internazionale la richiesta di incriminare Israele per l’incessante colonizzazione dei Territori Occupati e la campagna militare a Gaza nel luglio/agosto 2014, dal fronte internazionale arrivano segnali più inquietanti.

Nel 48° anniversario della Guerra dei 6 giorni (4 – 10 giugno 1967), a Washington il generale saudita Anwar Majed Eshki, il direttore del Ministero degli esteri israeliano Dore Gold e l’ex generale israeliano Shimon Shapira comunicano ufficialmente le relazioni consolidate fra i due Paesi e il loro coordinamento anti – Iran. Aggiungono di avere scoperto di avere di fronte le stesse sfide e le stesse risposte dallo Yemen alla Siria e all’Iraq.

Il generale saudita espone anche un piano in sette punti per il Medio Oriente, fra cui la creazione di un “Kurdistan indipendente” formato dai tre territori ora in Iraq, Turchia e Iran.

Ostentatamente non si parla più di Palestina.

E’ ipotizzabile che in queste alleanze a geometria variabile, Israele trovi come interlocutore non più l’ANP ma il più affidabile ed efficace Consiglio di Cooperazione del Golfo.

CCG non nuovo a queste imprese perché fu proprio saudita la proposta presentata al Vertice arabo di Beirut nel marzo 2002 su uno scambio “terra per la pace”, indicando il ritiro di Israele sul confine del 1967 in cambio della normalizzazione con il mondo arabo.

Ma oggi la proposta non sarebbe la stessa, per il mutato quadro geo-strategico e la debolezza dall’ANP.

ANP E NUOVO GOVERNO

Il 20 giugno al Cairo il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius espone al Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas un piano per la ripresa dei colloqui di pace con Israele. L’iniziativa sarebbe coordinata dagli USA e prevede una Conferenza con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU e altri Stati europei e arabi per concludere l’accordo finale sui nodi del conflitto entro 18 mesi.

Laurent Fabius

Laurent Fabius

La proposta, subito bocciata dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu, è raccolta dal Presidente Abbas che auspica la fine dell’occupazione e uno Stato Palestinese indipendente che comprenda Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est, capitale dei due Stati.

In realtà, la situazione è più complessa.

Il 15 e 16 giugno, pochi giorni prima dell’incontro del Ministro Fabius con il Presidente dell’ANP, circola la notizia che USA e UE intenderebbero aprire un dialogo con il movimento islamico palestinese Hamas e rimuoverlo dalla Black List delle organizzazioni terroristiche. Decisione che deriverebbe dalla sospensione da parte di Hamas degli attacchi suicidi da oltre 10 anni e dal recente inizio di incontri del movimento con esponenti arabi ed europei a Gaza e a Doha su mandato dell’Intelligence israeliana con la quale non v’è alcun contatto diretto né ufficiale.

In merito a questa trattativa segreta vi sono due versioni opposte.

Hamas nega ogni contatto e lo ribadisce nel corso di colloqui con i rappresentanti del Fronte Popolare, del Fronte Democratico, del Jihad Islamico e del Partito Popolare. Dall’altro canto, l’Agenzia di Stampa Francese rivela che tramite mediatori Hamas avrebbe proposto una tregua dai 5 ai 120 anni in cambio della fine del blocco su Gaza da terra e mare. Alla stessa AFP la conferma verrebbe da israeliani.

I recenti pochi fatti certi mostrano una singolare cronologia.

La sera del 17 giugno il Presidente Abbas annuncia l’intenzione di dimissionare il Governo di Unità Nazionale dell’aprile 2014 dopo l’Accordo Fatah – Hamas, rivelatosi inefficiente.

Durante l’incontro con il Presidente Abbas, il ministro Fabius dichiara ai media che il suo interlocutore non avrà elementi di Hamas nel nuovo Governo di cui faranno parte solo persone che riconoscono Israele, rinunciano alla violenza e sono in accordo con la posizione del “Quartetto” (ONU/USA, UK, EU, Russia).

Dai fatti emerge anche che: Musa Abu Marzouk, vice del movimento, si è recato a Doha; l’Egitto ha finalmente aperto il valico di Rafah per consentire l’ingresso a Gaza del cemento per la ricostruzione; l’ala militare di Hamas sta sorvegliando l’area della frontiera israelo-palestinese di Heretz, dopo i razzi esplosi dal JIP contro le colonie vicine.

Né va omesso il fatto che il Governo Fatah – Hamas non è mai decollato.

Da un lato le Brigate Ezzed din al-Qassam non hanno mai ceduto la gestione dei varchi alla Sicurezza di Fatah che hanno e persino ostacolato durante la commemorazione dell’undicesimo anno dalla morte del Presidente Yasser Arafat (11 novembre 2004, a Parigi).

Dall’altro, l’ANP ha lasciato senza lavoro e reddito i circa 40 mila dipendenti pubblici di Gaza dopo lo scioglimento del Governo di Hamas guidato da Ismail Haniyeh, mentre oltre 20 mila abitanti della Striscia, dipendenti dall’ANP rimasto in carica fino al 2007, continuano a percepire lo stipendio senza lavorare.

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Brigate Ezzed din al-Qassam

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