Non se ne parla sui giornali italiani…una regione dimenticata e degli accordi dimenticati…un promemoria su quanto accade…
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
Pochi sanno che nei giorni precedenti il vertice europeo di Riga, il 21 e 22 maggio, si è tenuto il IV summit tra UE e i sei paesi facenti parte del programma del partenariato orientale lanciato nel 2009 (Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Azerbaijan, Armenia e Georgia). Oltre al presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, a Donald Tusk e Federica Mogherini, erano presenti anche i capi di Stato e i ministri degli esteri dei 28 paesi membri.
Al centro della discussione sulla politica estera vi era la crisi tra Russia e Ucraina. In particolare si è cercato di rendere più efficienti e risolutivi gli accordi di Minsk, dello scorso febbraio, per allentare la tensione tra Kiev, separatisti dell’Ucraina orientale e Russia, mantenendo fermi i principi del rispetto di sovranità, indipendenza e integrità territoriale. Per aiutare poi l’economia ucraina, in grave recessione a causa del conflitto, l’Unione Europea si è impegnata ad erogare un piano di aiuti da circa due miliardi di dollari.
L’Ucraina, però, non è la sola ad avere problemi di confini, poiché questa è una condizione che accomuna tutti gli Stati del partenariato orientale, eccezion fatta per la Bielorussia. La Georgia continua, infatti, ad invocare la sovranità su Abkhazia e Ossezia del Sud; la Moldavia è sempre alle prese con la delicata questione della Transnistria: infine Armenia e Azerbaijan formalmente rimangono ancora in guerra per la sovranità sul Nagorno-Karabakh. Questi conflitti, che risalgono agli anni della dissoluzione dell’Unione Sovietica, indeboliscono costantemente i governi locali e rivelano delle profonde spaccature interne, che rendono complicato un loro futuro indipendente.
Tuttavia, come ci si poteva aspettare, non sono emerse particolari soluzioni o passi avanti su queste crisi. L’UE non chiude le porte ai suoi partner dell’est, ma ancora una volta non si è trovata una soluzione per la situazione nel Caucaso tra Georgia, Ossezia del Sud ed Abkhazia. “Abbiamo fatto il massimo di quanto potevamo raggiungere oggi”[1] – ha dichiarato il presidente del Consiglio UE – Donald Tusk, nella conferenza stampa finale del summit.
Così rimangono ancora tutti i dubbi circa il futuro dei paesi a Est: entrare nella neonata Unione euroasiatica o continuare nelle politiche di avvicinamento all’Unione Europea. Solo l’Azerbaijan, che ha enormi ricchezze naturali, non sembra costretto o intenzionato a dover fare una scelta, mantenendosi neutrale sia nei confronti di Mosca sia di Bruxelles. Bielorussia e Armenia hanno già aderito all’Unione euroasiatica, mentre Georgia, Moldavia ed Ucraina puntano verso Occidente, per cercare un appoggio nelle rivendicazioni circa i conflitti interni precedentemente citati.
Ma a Riga, oltre al Primo Ministro georgiano, era presente anche l’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili, che autorizzò l’invasione militare di Ossezia del Sud ed Abkhazia nell’Agosto 2008, causando oltre 2000 morti. Egli è stato invitato a partecipare al meeting del Partito Popolare Europeo, partner del Movimento Nazionale Unito da lui rappresentato. Dopo aver lasciato la Georgia, dove è attualmente ricercato per una serie di reati, si è stabilito prima negli USA poi in Ucraina, in cui è stato addirittura nominato consigliere del presidente Poroshenko.
E sul fronte russo?
Il 15 Maggio si era svolto a Sochi un incontro tra il Presidente russo Vladimir Putin e il presidente dell’Abkhazia Raul Khajimba dopo quello del 70° anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Le parti hanno discusso le prospettive di sviluppo della cooperazione tra la Russia e l’Abkhazia, così Mosca ha avviato un percorso di maggiore avvicinamento alle problematiche che affliggono questa giovane repubblica del Caucaso.
Dal momento della firma del trattato di alleanza e partenariato strategico tra Russia ed Abkhazia, lo scorso novembre, sono state attuate una serie di disposizioni e durante questo incontro sono stati firmati vari accordi sulla previdenza e sugli aumenti salariali a determinate categorie di dipendenti statali, oltre che sulla difesa, sul tema dei confini e sugli affari interni dell’Abkhazia e della Russia.
Da Gennaio 2015, la Russia fornisce fondi pari a cinque miliardi di rubli (268 milioni di euro) all’Abkhazia rispettando l’accordo di Novembre, che prevede anche la formazione di un gruppo comune di forze armate e una maggiore interazione in ambito economico. Il governo georgiano ha sempre condannato questo partenariato definendolo “illecito”, come sostiene il Ministro degli Esteri di Tbilisi Tamar Beruchashvili
e l’UE lo ritiene “una minaccia alla stabilità regionale, una violazione della sovranità georgiana e dell’accordo firmato nel 2008 da Russia e Georgia, con la mediazione dell’UE”, per voce dell’Alto Rappresentate Europeo alla Politica Estera, Federica Mogherini.
A parte questo, però, l’UE non ha altro da offrire. Dopo la guerra del 2008 ha lanciato la politica dell’Impegno Senza Riconoscimento (Non-Recognition and Engagement Policy), sempre stato poco efficace e oggi del tutto inutile. Per poter sperare in un avvicinamento ad una possibile soluzione al problema, sarebbero indispensabili buoni rapporti con Mosca cercando di far prevalere buon senso e lungimiranza, invece di ricorrere a sanzioni, che stanno avendo un effetto negativo sull’economia europea.
[1] http://www.giornaledellumbria.it/article/article227938.html
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See also the English version published June 5.
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