LA FRAMMENTAZIONE DELLA LIBIA. ISIS IN LIBIA.

LA FRAMMENTAZIONE DELLA LIBIA. ISIS IN LIBIA.

La situazione in Libia è di difficile comprensione…anche per gli addetti ai lavori. Di seguito un tentativo di rendere più chiara, se possibile, l’attuale posizione dei vari gruppi armati presenti.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini  

Il 21 marzo l’ex generale Khalifa Haftar ha dato inizio all’attacco contro le milizie filoislamiche di Fajr Libya (Alba Libica) ad al-Zawiya, al- Ajilat e al-Jamil e agli aeroporti di Tripoli, Mitiga, militare a 10 km dal primo, e quello di Zuwara, a 106 km dalla capitale e vicino al confine con la Tunisia.

Il generale Khalifa Haftar

Il generale Khalifa Haftar (Aljazeera.com)

Khalifa conta sull’aeronautica a lui fedele e obbediente al Premier Abdullah al-Thinni e al Parlamento in esilio a Tobruk e sul supporto di Egitto e Arabia Saudita.

In parallelo, le Forze Armate di terra del Premier, già Ministro della Difesa, avanzano a Sud-Est della Capitale fino a Tarhuna scontrandosi con miliziani di Fajr a soli 50 km da Tripoli.

L’invasione da terra verrebbe supportata dalla truppe egiziane attestatesi a Salloum, confine orientale fra i due Paesi.

L’ex generale Khalifa Haftar, già fedele a Gheddafi, poi rifugiato per 20 anni negli USA, dove ha lavorato per la CIA, rientra in Libia poco dopo l’inizio delle proteste contro il regime.

A capo di un’alleanza multiforme chiamata “Dignità”, l’ex generale tenta più volte dalla primavera del 2014 di conquistare l’aeroporto caduto nelle mani delle milizie islamiste.

L’ONU insorge contro l’iniziativa di Haftar che mette in seria difficoltà i negoziati in corso a Shirkat, in Marocco, portati avanti dal mediatore ONU, Bernardino Léon. con i gruppi rivali in vista di un cessate il fuoco con l’obiettivo di arrivare a un Governo di Unità Nazionale.

Bernardino Léon

Bernardino Léon

Il tentativo è appoggiato da Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna e USA, impegnati con Léon in due giorni (23 e 24) di incontri con le municipalità libiche per discutere anche di aiuti umanitari e accordi di sicurezza.

La situazione di sicurezza sul terreno.

Si stima la presenza di 1.700 milizie di cui centinaia restano indipendenti e sono dediti al traffico di armi e di migranti mentre le altre sono assorbite da Forze combattenti più strutturate. Caratteristica dei militanti è l’alta mobilità tra le diverse formazioni militari.

L’Esercito di circa 40 mila uomini è inadeguato e comprende anche ex disertori ed ex ribelli e, come l’Aeronautica, è diviso tra Haftar e il Consiglio Nazionale di Transizione. Rinforzato da un’Unità di élite (le Forze di al-Saiqa) di oltre 5 mila persone, comprende milizie paramilitari di eterogenea provenienza, tra cui la Guardia per le Strutture Petrolifere, formate nel 2012 da Ibrahim Jadran con il supporto del Governo e poi passato ad Haftar.

In fase crescente dall’autunno del 2013, Fajr Libya assorbe centinaia di milizie fra cui: Cellula per le Operazioni Rivoluzionarie, già governativa e destituita dopo il tentato colpo di Stato del 2013; parte delle Brigate della Libya Shield Force create nel 2012 per integrare i ribelli e provenienti dai Fratelli Musulmani; Brigate di Al Qaqa, forte di 18 mila unità, del Ministro tripolino della Difesa; Brigata di al Sawaiq, a protezione dei leader del Governo Nazionale di Transizione; Brigata dei Martiri del 17 febbraio, attualmente a Benghasi; Ansar al Sharia, legata ad Al Qaeda in the Islamic Maghreb (AQMI) e all’ Islamic State of Iraq and Sham (ISIS) dall’agosto 2014 quando ha dichiarato il Califfato a Benghasi e presente anche a Derna.

ISIS, che nel gennaio 2015 ha eseguito l’assalto al Grand Hotel Corinthia di Tripoli, è radicato in Libia, da dove sono partiti i militanti responsabili dell’attacco al Museo del Bardo a Tunisi (18 marzo). ISIS può contare anche su: Brigata Rafallah al Salati, costola della Brigata Martiri 17 febbraio e sul Consiglio della Shura della Gioventù Islamica di Derna, centro di riunione delle formazioni orientate o vicine a ISIS.

Sono poi almeno 30 le milizie del Consiglio Rivoluzionario di Zintan, nell’Ovest del Paese, divise in 5 Brigate, autori dell’arresto di Seif al Islam Gheddafi, che tengono ancora prigioniero nelle loro carceri rifiutandone la consegna al Governo di Tripoli.

Misurata può contare su 200 milizie armate con oltre 40 mila persone e la sua Brigata 166 appoggia il Governo di Tripoli.

Numerose sono anche le milizie dei Tuareg e dei Toubou operanti a Sud di Shaba e ai confini con l’Algeria.

Infine, dalla guerra del Mali del gennaio 2014, accanto ai jihadisti rientrati da Iraq e Siria, sono presenti nelle zone desertiche del Fezzan libico combattenti di matrice qaedista, provenienti da AQMI e dal gruppo di Mokhtar Belmokhtar.

Come si è arrivati a questo punto?

Dopo l’attacco in Tunisia, il Presidente degli Stati Uniti riconosce che la nascita di ISIS ha radici nella guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro l’Iraq.

Ma nulla dice sul caos libico, diviso in Cirenaica, Tripolitania e Fezzan in preda a migliaia di milizie che alimentano formazioni strutturate ma confliggenti su basi tribali, etniche, religiose.

La responsabilità della somalizzazione della Libia è della guerra di 7 mesi iniziata da USA e NATO a marzo del 2011 con quasi 10 mila missioni di attacchi a oltre 40 mila bombe e missili da cielo e mare mentre da terra operavano Forze speciali di Francia e Qatar e una rete organizzata dalla CIA (inchiesta del New York Times) riforniva di armi i gruppi che avrebbero alimentato ISIS passando, dopo la missione in Libia, in Siria e Iraq.

Con la confisca dei Fondi Sovrani libici spariscono i 200 miliardi di dollari e le riserve petrolifere e gasiere sono per la maggior parte divise fra chi ha vinto quella guerra. Il Paese è distrutto.

Il lungomare di Tripoli...sotto Gheddafi

Il lungomare di Tripoli…sotto Gheddafi

Quali prospettive?            

Usa e Unione Europea privilegiano la via del negoziato per la formazione di un Governo di Unità Nazionale che consentirebbe ai Paesi interessati missioni di sicurezza e addestramento.

Non è questa la posizione di Haftar, capo dell’Esercito Nazionale Libico del Governo di Tobruk (23.2. 2015, The New Yorker).

Haftar si affretta a ricordare all’Europa che due dei tre terroristi di Tunisi sono stati addestrati nei campi libici per cui è seria e realistica la minaccia che ISIS arrivi in Europa, dove ha già colpito a Parigi e Danimarca.

A meno che, aggiunge il generale, i Paesi occidentali non appoggino il suo tentativo di conquistare Tripoli con le armi, unica soluzione per evitare che fra i migranti clandestini si infiltrino militanti del Califfato. L’obiettivo non detto è duplice: accaparramento delle ingenti riserve energetiche e controllo della posizione invidiabile geo-strategica dl Paese.

Non appaiono indicatori che lascino ipotizzare un positivo esito del negoziato.

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