Le notizie su questa parte di Europa…non sono molto diffuse. Vengono alla ribalta solo quando si instaurano conflitti dove le armi si fanno sentire. Qualche notizia su questo mondo molto interessante e cristiano, che aspira a entrare nell’Unione Europea e nella Nato.
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
Nel 2013 il popolo georgiano ha votato per eleggere il nuovo governo, segnando la fine di un’epoca, quella di Mikheil Saakashvili. Uno dei presidenti più giovani della storia, aveva fatto irruzione nell’aula del parlamento a capo di una folla che brandiva rose rosse, guidando la rabbia popolare contro una corruzione devastante del predecessore Eduard Shevardnadze, storico ministro degli Esteri di Gorbaciov e abile governatore della Georgia comunista, nella prima “Rivoluzione colorata”. Saakashvili ha cambiato completamente un Paese che all’epoca sovietica era considerato dominato da tangenti, nepotismo e mafia. Secondo i suoi sostenitori egli ha varato drastiche riforme di liberalizzazione e di contrasto alla corruzione, segnando la fine di un’epoca di complotti, morti oscure e guerre e portando la repubblica caucasica ad essere parte fondamentale della nuova geopolitica occidentale anti-russa. Saakashvili aveva un odio personale nei confronti del Cremlino, a tal punto, si dice, che Putin lo volesse impiccato.
La nuova Georgia, che era uscita sconfitta dalla guerra contro la Russia nell’Agosto 2008 per il controllo delle regioni strategiche dell’Abkhazia ed Ossezia del Sud, con gli anni, ha visto spostare il proprio baricentro verso Mosca con nuovo presidente, senza esperienze in politica, per gestire la transizione georgiana. Secondo i georgiani sembra che sia arrivato ad essere un uomo importante sul piano economico e politico, grazie ai rubli di Putin.
Così, alle elezioni, la strategia pro Stati Uniti è stata sconfitta da Giorgi Margvelashvili, filosofo ed ex rettore universitario non molto noto, che si è aggiudicato la vittoria con circa il 60% dei consensi, sconfiggendo David Bakradze, candidato del presidente uscente che ha ottenuto il 21%, mentre il 10% è andato al terzo candidato, Nino Burjanadze. Nessuno degli altri venti candidati ha ricevuto più del cinque per cento dei voti. Tuttavia questa vittoria nasconde la debolezza della carica e del ruolo del presidente, che resta a capo delle forze armate, ma perde poteri circa eventuali modifiche costituzionali, in favore dell’assemblea parlamentare.
Ciò sembrerebbe un riavvicinamento a Mosca, già con la figura del miliardario Bidzhina Ivanishvili, Primo Ministro dal 2012 a novembre 2013, con la coalizione “Il Sogno Georgiano”. Considerato filorusso ma figura alquanto ambigua, dotato di un patrimonio stimato intorno ai 5,5, miliardi, ha realizzato significativi business durante il periodo delle privatizzazioni post-sovietiche in Russia in campo bancario e metallurgico. Ufficialmente il nuovo governo georgiano di Bidzina Ivanishvili, pur accusando personalmente il presidente Saakashvili e la sua squadra della catastrofe bellica dell’Agosto 2008, continua a chiamare la Russia “invasore” e giura che l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud saranno senz’altro liberate ma soltanto attraverso la via della pace.
Una certa ambiguità dei vertici georgiani sembrerebbe dimostrata anche nella questione dei rapporti con la Russia. Infatti Ivanishvili continua a sostenere sia che i rapporti diplomatici interrotti con Mosca non si possano ristabilire prima del ritiro delle truppe russe dal territorio georgiano, abcaso ed osseto sia la necessità di un cardinale miglioramento nei rapporti con la Federazione. Mosca, invece, ritiene che il ripristino delle relazioni diplomatiche possa solo avvenire a determinate condizioni: la Georgia deve riconoscere le nuove realtà, quindi rassegnarsi all’indipendenza delle ex repubbliche autonome.
Al momento i contatti tra le due capitali si manifestano meglio in due modi: le consultazioni plurilaterali di Ginevra per impedire le tensioni in Abkhazia e Ossezia del Sud che non sono del tutto cessate e le trattative dirette sulle questioni economiche e umanitarie tra il viceministro degli Esteri russo, Grigorij Karasin, e il rappresentante speciale del primo ministro georgiano per i rapporti con la Russia, Zubar Abashidze, che hanno luogo a Praga ma con minore intensità degli incontri di Ginevra.
Tuttavia per i russi la mancanza di una missione diplomatica a Tbilisi ha più che altro un valore di immagine, poiché i russi in Georgia non hanno problemi per entrare nel Paese; non serve il visto e gli investimenti da Mosca sono accolti favorevolmente come quelli americani o di chiunque altro; il mercato è pieno di prodotti russi e in Georgia si vedono i canali televisivi russi. Sul fronte georgiano, invece, la mancanza di rapporti diplomatici è legata ad un preciso disagio, per il fatto che un certo numero di cittadini georgiani per varie ragioni continua a trascorrere buona parte della sua vita nel territorio della Federazione e pertanto deve risolvere i problemi esistenti attraverso l’ambasciata svizzera. La Russia ha poi aperto i mercati alla produzione georgiana; la comunicazione aerea via charter diventerà presto regolare e verranno sbloccate rotte di commercio via terra e mare., mentre gli accordi con l’Occidente sono più difficili, a causa della difesa dei produttori locali. In tal senso il mercato russo si è ritrovato a essere insostituibile per la Georgia e la sua riapertura è un fattore di grande rilevanza per l’economia di Tbilisi. Nonostante questa riapertura verso investimenti russi, il cambio di governo in Georgia non ha modificato l’orientamento in politica estera. Almeno a parole, Ivanishvili continua a sostenere l’ingresso della Georgia nella Nato e in altre organizzazioni occidentali, ma è un’intenzione che Mosca respinge totalmente. Inoltre nel febbraio di quest’anno l’ex presidente Saakashvili è stato nominato Consigliere per le Riforme dal premier ucraino Poroshenko. L’ex leader georgiano – protagonista della fallimentare guerra per il controllo dell’Ossezia del sud nell’estate che ha preceduto la grande crisi finanziaria mondiale – è nemico giurato di Vladimir Putin, il quale lo ha inserito nella blacklist dei nemici della Russia. Inoltre il procuratore generale di Tbilisi ha chiesto alle autorità di Kiev di estradare Saakashvili e l’ex ministro della giustizia Zurab Adeishvili, affermando, tuttavia, la mancata cooperazione ucraina, nonostante gli accordi reciproci per l’estradizione.
Pochi giorni fa il ministero degli Esteri georgiano ha diffuso un comunicato, in cui viene definito “una violazione delle leggi internazionali” il trattato tra Mosca ed il governo dell’Abkhazia, ratificato l’11 marzo scorso, che prevede una politica estera coordinata tra i due paesi. Già nel novembre dello scorso anno Russia ed Abkhazia avevano firmato un trattato d’amicizia, ma l’accordo per una concertazione della politica estera dei due paesi, che di fatto coinciderebbe con quella dettata dal Cremlino non essendo il governo abcaso un’entità in grado di opporre resistenza alle decisioni di Mosca, è un ulteriore passo avanti verso un sempre più stretto controllo della Federazione Russa su queste regioni che Tbilisi, con l’appoggio di gran parte della comunità internazionale e della Nato, spera un giorno di porre nuovamente sotto la propria sovranità.
Il presidente Vladimir Putin ha firmato un trattato con i ribelli dell’Ossezia del Sud che s’integra quasi completamente con la Russia. Tbilisi ha descritto questo trattato come una “mossa orientata a un’annessione” che gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno ritenuto non riconoscibile mentre l’Unione europea vede l’accordo come una minaccia alla sicurezza e alla stabilità regionale.
Secondo quanto firmato al Cremlino da Putin e dal leader dell’Ossezia del Sud Leonid Tibilov, un ex funzionario del KGB, le forze di sicurezza della regione, militari, economia, servizi doganali e guardie di frontiera saranno profondamente integrate con quelle della Russia. Si riconoscono formalmente le due regioni come Stati indipendenti, anche alla luce di un trattato analogo firmato con l’Abkhazia lo scorso anno.
“Un altro passo in avanti è stato intrapreso oggi per rafforzare la nostra partnership”, ha detto Putin dopo aver firmato quello che ha descritto come un trattato da “punto di riferimento” al Cremlino. Tibilov, firmato il trattato, ha affermato che i funzionari UE ed USA non devono intromettersi, ma Stati Uniti ed Unione Europea non hanno riconosciuto l’accordo. “La posizione degli Stati Uniti sul trattato firmato con Ossezia del Sud e Abkhazia rimane chiara: queste regioni sono parte integrante della Georgia e noi continueremo a sostenere l’indipendenza della Georgia, la sua sovranità e la sua integrità territoriale”, ha affermato Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato.
L’attuale Alto Rappresentante alla Politica Estera e di Sicurezza Comune, Federica Mogherini, ha ritenuto che la firma sarebbe “un altro passo” contro “gli sforzi in corso per rafforzare la sicurezza e la stabilità nella regione”[1]. Nessuna affermazione della diplomazia occidentale potrà mai cambiare l’opinione del popolo osseto, che ha visto la Russia come un salvatore nel dopoguerra, nonostante la regione sia povera, con scarse infrastrutture e una disoccupazione diffusa.
Mosca afferma di aver riversato 43 miliardi di rubli (700 milioni dollari) per risolvere questi problemi, ma organizzazioni indipendenti affermano che gran parte del denaro è stato perso nella corruzione. La Russia ha avuto qualche difficoltà nel mantenere il controllo politico in Ossezia del Sud a causa della sconfitta che il leader uscente, Bibilov, sostenuto dal Cremlino, ha ripotato nelle elezioni presidenziali in cui Alla Dzhioveva è diventata presidente. Tuttavia la Corte Suprema osseta ha annullato il voto dopo la sua apparente vittoria al ballottaggio, indicendo nuove elezioni nella primavera del 2012, in cui un nuovo candidato filorusso, Leonid Tibilov, si è aggiudicato la vittoria.
Situazione decisamente complicata che vedrà nuovi interessanti sviluppi.
[1]http://www.askanews.it/nuova-europa/putin-firma-annessione-ossezia-del-sud-georgia-furiosa_711376925.htm
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