IL PRIMO DOCUMENTO IN ITALIANO DI ISIS. Una sintetica analisi di un esperto.

IL PRIMO DOCUMENTO IN ITALIANO DI ISIS. Una sintetica analisi di un esperto.

La lettura del documento è molto ‘interessante’…necessita di riflessione accurata per poterlo giudicare per quel che è…forse troppa pubblicità gli è stata fatta. Certamente è molto ‘importante’ il fatto che sia stato scritto in italiano…ecco: questo è da valutare…

L'indice del documenti

L’indice del documento

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il primo documento in lingua italiana dell’ “Islamic State of Iraq and Sham” (ISIS) in circolazione sin dal novembre 2014 è stato raccolto e pubblicato il 28 febbraio dal sito del giornalista Lao Petrilli.

Il documento è intitolato “Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare” ed è firmato “Il vostro fratello in Allah, Mehdi”.

Mehdi invita alla lettura citando Maometto che in un Hadith ordinò “di ascoltare l’accusato allo stesso modo di come si è ascoltato l’accusatore”.

Nel documento sono illustrati i servizi offerti dall’ISIS alla popolazione, i profili dei più importanti comandanti dello Stato Islamico, la posizione della donna che “dal punto di vista islamico va trattata come una Regina”, e si invita “alla rettitudine” e “all’arruolamento”.

Mehdi chiude dichiarando che il Califfato Islamico conquisterà Costantinopoli e Roma come profetizzò Muhammad perché “lo Stato Islamico sta combattendo una coalizione di quasi 80 nazioni, e ‘insha’Allah’, come è stato citato nell’Hadith, proprio 80 nazioni combatteranno i Musulmani e verranno sconfitti a Dabiq. Che Allah faccia realizzare tutto ciò”.L’autore potrebbe essere un 37enne algerino, da anni all’attenzione della Polizia e probabilmente andato in Libia per riunirsi alla formazione Ansar al-Sharia, vicina a ISIS.

Sul terreno la situazione è complessa.

Mentre in Italia gli apparati di sicurezza innalzano il livello di allarme, ISIS colpisce le minoranze in Sira e Iraq attaccando cristiani, alawiti, armeni, yazidi, turcomanni e sciiti distruggendone villaggi, uccidendo in massa civili, sequestrando donne e bambini, decapitando, stuprando, provocando esodi di massa.

Ancora debole e inadeguata è l’attività della Coalizione. La Gran Bretagna identifica solo alla fine di febbraio Jihadi John, il decapitatore degli ostaggi, nel londinese Mohammed Emwazi, nato in Kuwait, da tempo conosciuto dall’intelligence inglese che per anni lo ha interrogato tentando di reclutarlo prima che partisse per la Siria nel 2012.

Mohammed Emwazi, Jihadi John  (Photo the Guardian),

Mohammed Emwazi, Jihadi John (Photo the Guardian),

Qualche risultato concreto proviene dai peshmerga che hanno scacciato ISIS dal villaggio di Tel Hames, strategico passaggio dal confine siriano a quello iracheno. Ma i curdi non fanno parte della Coalizione, come non ne fanno parte le Guardie Repubblicane iraniane, le Unità combattenti di Hezb’Allah libanese e la Siria.

Il paradosso è che la Coalizione arma i gruppi della c.d. “opposizione moderata” alla Siria, la Turchia attacca i curdi e Israele bombarda le Forze iraniane e libanesi operanti in teatro, i quali sono gli unici che con i curdi infliggono pesanti perdite a ISIS. I raid aerei della Coalizione, privi di soldati sul terreno, provocano limitati danni a ISIS e “danni collaterali”, alla popolazione civile.

Il documento. Critica.

A una prima analisi, colpiscono l’approssimativa conoscenza del panorama islamico e le macroscopiche menzogne. Nel mondo vi sono quasi 1,5 miliardi di musulmani, fra i quali poco più di 300 milioni sono arabi. Fra i principali Paesi musulmani non arabi ci sono Turchia, Pakistan, Iran, e Indonesia, Paese, quest’ultimo dove vive il 13% di tutti i fedeli dell’Islam.

L’ “Umma”, la grande famiglia del Profeta in senso globale, si divide sin dalla sua morte in due rami principali: i sunniti, gli ortodossi seguaci della Sunna (tradizione), sono convinti che la successione spetti ai Governatori, chiamati Califfi; gli sciiti, seguaci di Alì, lo considerano discendente per successione di sangue perché genero di Maometto avendone sposato la figlia Fatima e dunque appartenente alla stessa famiglia.

Nel mondo musulmano i sunniti costituiscono l’85% e gli sciiti, presenti soprattutto in Iran, Libano, Iraq, Bahrein e Oman sono circa il 12%.

Il wahabismo è il movimento religioso interno all’Islam sunnita fondato nel XVIII secolo in Arabia Saudita, dove si trovano i due luoghi santi: la Mecca, città natale di Maometto e sede della Ka’ba, la pietra nera cubica, unico residuo, dopo il diluvio universale, del primo tempio dedicato al rito monoteistico; Medina, dove Maometto si stabilì e morì nel 622 e dove è sepolto.

L’Arabia Saudita è basata sulla dottrina “Hanbalita”, la più rigorosa e integralista delle quattro maggiori scuole sunnite.images-2

Molti gruppi combattenti di originaria matrice qaedista come ISIS fanno riferimento alla dottrina wahabita, commettendo un grave errore inerente proprio a quell’Islam che pretendono di interpretare.

In breve. La “Sharia” è la legge islamica le cui fonti sono soprattutto il Corano e la Sunna (gli Hadith, i detti del Profeta). E’ stata costituita nel VII e VIII Dopo Cristo.

La Sharia prevede il taglio della mano per i ladri, la lapidazione per le adultere, la legge del taglione (occhio per occhio) e diverse altre forme di giustizia sommaria, però applicate in pochi casi, come in Arabia Saudita, Afghanistan e da militanti di gruppi terroristi più radicali come ISIS. In realtà, se è vero che il testo di riferimento dell’Islam è il Corano, il più sacro perché dettato da Allah al Profeta che lo trascrisse nel VII secolo D.C., da sempre esiste nell’Islam il problema se esso possa o meno venire interpretato e ne susseguono scontri fra l’istanza riformista, nota come “interpretazione evolutiva”, e le scuole più ortodosse.

Il wahabismo sin dalle sue origini indica l’Islam come sfera religiosa e non come ideologia politica.

Vanno quindi distinti:

  • l’ “Islamismo”, che intende l’Islam come ideologia politica, e l’aggettivo “islamista”, che fa riferimento alla dimensione politica dell’Islam;
  • invece, l’ “Islam” riguarda solo la sfera religiosa e gli aggettivi “islamico” e “musulmano” (sottomesso) indicano il fedele, il luogo di culto, un rito, una pratica o qualsiasi ambito inerente solo alla religione.

Inoltre, il sostantivo “Jihad” (termine maschile in arabo) significa “sforzo massimo”.

Nell’Islam ci sono due jihad: il “grande jihad”, che indica il massimo sforzo individuale per la crescita personale, e il “piccolo jihad”, cioè la “guerra santa, che può essere difensiva od offensiva.

Jihadista è il termine recentemente più utilizzato per indicare il combattente, mentre l’aggettivo “islamista”, spesso usato per indicare gli integralisti, si riferisce all’Islam politico, che non è necessariamente jihadista.

In realtà, la parola araba per indicare chi abbraccia la lotta armata è “Mujaheddin” (combattente).

Infine, Mehdi con l’annuncio della fine del mondo attuale il cui segno sarebbe la guerra in Siria non fa altro che alludere alla “battaglia di Armagheddon” prevista dai profeti e ripresa dal Corano.

Mehdi rivela così il suo ingresso in una comunità di cui adotta un’ideologia globale che assicura la salvezza attraverso una pratica religiosa rigorosa propria delle sette apocalittiche e dei gruppi minoritari che sono condannati dalle massime Autorità religiose dell’Islam.

E il vissuto dei “jihadisti” nei più recenti attacchi in Francia (11 gennaio) e Danimarca (19 febbraio) racconta una storia già vista negli attentati in Spagna (11 marzo 2004), Gran Bretagna (7 e 21 luglio 2005).

Gli autori provengono da nuclei familiari assenti o inadeguati, senza risorse economiche né lavoro, emarginati a scuola e nella società. Sono dediti a piccoli crimini che li portano nel circuito carcerario dove si radicalizzano e cercano un’altra vita, una strada in discontinuità con le umiliazioni subite.images-1

Accanto a questo segmento sociale, ISIS trova un fertile humus per il reclutamento fra i disertori delle Forze armate e nelle comunità emarginate di Iraq e Siria, che accanto all’odio contro gli attuali regimi portano un considerevole bagaglio di addestramento militare e di armamento.

Altro bacino di reclutamento è il settore informatico, come nel caso di Mehdi, che da ex studente presso l’Università Orientale di Napoli, subisce il fascino delle insurrezioni armate, comincia a frequentare moschee a Milano e Roma per poi raggiungere la Libia.

E non è un caso isolato.

A livello prospettico, la situazione anche per l’Italia appare ad alto rischio.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Comments are closed.