AFGHANISTAN, grandi incertezze e danni collaterali.

AFGHANISTAN, grandi incertezze e danni collaterali.

Gli avvenimenti di Libia fanno dimenticare quanto accade altrove, ad esempio in Afghanistan, dove la situazione non sembra essersi affatto stabilizzata….

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Dal 3 dicembre a Londra è in corso la Conferenza sull’Afghanistan alla presenza dei rappresentanti di cinquanta Paesi e ventiquattro organizzazioni internazionali.

L’obiettivo è verificare se il Governo di Kabul abbia rispettato l’impegno di realizzare tangibili risultati nella lotta contro la corruzione e in favore dei diritti umani assunto nell’Accordo stipulato a Tokyo nel luglio 2012.

E’ questa la condizione necessaria per assicurare al Paese 16 miliardi di dollari fino al 2016.

Ashraf Ghani

Ashraf Ghani

I lavori partono in salita perché il Presidente Ashraf Ghani presenta solo un piano di riforme strutturali nel settore economico che dovrebbero rendere l’Afghanistan indipendente dai contributi dei donatori.

I dati dimostrano uno scenario gravato da quattro problemi.

Sul fronte economico, rispetto a una previsione di crescita stimata dal Presidente Ghani dell’1,5% per il 2014, Rapporti statunitensi rivelano che Kabul ha una diminuzione di entrate del 3,8% rispetto al 2013.

I documenti americani spiegano che la dipendenza afghana dall’estero è di carattere strutturale e ne indicano i numeri:

  • nel biennio 2011 – 2012, è stato il terzo Paese al mondo più dipendente dai donatori;
  • dal 2002 al 2012, gli aiuti allo sviluppo sono cresciuti da 1,1 miliardi di dollari a 6,2 portando la cifra complessiva a 50,7 miliardi;
  • le Forze di sicurezza per il solo 2012 hanno ricevuto 130 miliardi di dollari.

In secondo luogo, a livello di sicurezza solo nelle ultime due settimane i Talebani hanno eseguito undici attentati, due dei quali di particolare valenza.

Il 23 novembre a Yahya Khel, nella provincia di Paktika lungo il confine Est con il Pakistan, un kamikaze si è fatto esplodere nella folla che assisteva a una partita di palla a volo causando 62 vittime e quasi cento feriti.

I Servizi afghani e statunitensi hanno accusato della strage la rete Haqqani guidata da Sirajuddin Haqqani che opera soprattutto nella zona orientale dell’ Afghanistan e ha il Quartier Generale sul lato pakistano della Linea Durand nel capoluogo del Nord Waziristan, Miran Shah.

Questo evento ha indotto gli USA a dare piena esecuzione al Trattato bilaterale di Sicurezza con Kabul, che garantisce ai residuali 9.800 soldati americani di proseguire le operazioni anti-terrorismo in collaborazione con i locali fino al 2016. I militari USA rimasti si ritireranno in due scaglioni, la metà a fine 2015 e i rimanenti al termine dell’anno successivo.

I soldati statunitensi potranno contare anche su circa diecimila “contractors” con pari status giuridico che ne assicura l’immunità per eventuali reati commessi. Accanto agli statunitensi, opereranno anche dodicimila soldati con compiti di formazione delle locali Forze armate a partire dal gennaio 2015 nella missione NATO “Resolute Support”, che subentra all’ISAF.

Un altro grave attentato, a Kabul, costituisce una prova di forza dei Talebani e del loro controllo del territorio anche nelle aree a maggior sicurezza. Un kamikaze ha superato i dispositivi di sicurezza a protezione di una fondazione culturale finanziata da stranieri e sita a circa 100 metri dal Comando Centrale della Polizia e si è fatto esplodere uccidendo un alto Ufficiale.

Il terzo problema è inerente oltre che alla sicurezza al livello politico. Si tratta dei rapporti con i Talebani.

Il Presidente Ghani, d’etnia pashtun come loro, intenderebbe aprire negoziati accompagnati da accordi di cessate il fuoco per favorirne l’inclusione nel contesto politico-sociale sia pure come forza di opposizione.

Il Primo Ministro, Abdullah Abdullah, d’etnia tajika, faceva parte dell’”Alleanza del Nord”, da sempre ostile ai Talebani, e ora è a capo della corrente politico-militare Jamiat-e-Islami a maggioranza tajika. Abdullah riconosce la necessità di una soluzione politica ma con tempi e modalità difformi da quelle del Presidente perché ritiene i Talebani nemici non affidabili nelle trattative.

Il quarto problema è la matrice dei precedenti.

Soldato ISAF a Helmand (Fonte: Wikipedia)

Soldato ISAF a Helmand (Fonte: Wikipedia)

A fronte di questa complessa situazione, il Governo insediatosi dopo quattro mesi di stallo il 29 settembre ha avuto difficoltà nella scelta dei suoi Ministri.

Di fatto, prima e dopo il ballottaggio del 14 giugno fra i candidati alla Presidenza Ghani e Abdullah, i due esponenti politici si sono scambiati reciproche accuse di frode.

Poi, è intervenuto il Segretario di Stato americano, John Kerry, che ha imposto la formazione di un Governo di unità nazionale introducendo un nuovo soggetto politico, la figura del Premier – una sorta di vice-Presidente – prima sconosciuta nel Paese.

Le conseguenze sono quelle suindicate:

  • mancava ancora il Governo, la cui formazione era stata annunziata alla fine di novembre entro 2 – 4 settimane con il risultato che il Presidente si presentò a Londra senza alcun piano di riforme e scarsa possibilità di ricevere gli aiuti economici previsti;
  • situazione di sicurezza in costante caduta con attentati nella capitale e in tutto il Paese;
  • peggioramento dei rapporti con il Pakistan;
  • coinvolgimento dei Talebani in un dialogo nazionale ancora da iniziare, mentre l’agenda degli islamici rimane ferma sul rifiuto della presenza di truppe straniere sul territorio e sulla strategia stragista;
  • economia in contrazione;
  • contesti politico-sociale, etnico-religioso e tribale in costante peggioramento.

L’avvenire dell’Afghanistan si presenta sempre più vicino a quello degli altri Paesi nei quali l’esercizio della guerra e dei colpi di Stato ha portato solo disastri, come dimostrano Somalia, Iraq, Libia, Siria, Mali, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Egitto, Burkina Faso.

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