LA POSSIBILE RIPRESA DELLA SIRIA. La posizione del Libano.

LA POSSIBILE RIPRESA DELLA SIRIA. La posizione del Libano.

 

La mappa di Quneitra

La mappa di Quneitra

Attualmente la zona strategica della Siria e del Libano sembra essere di minor interesse perché la Libia sta attirando l’interesse dei media ma la situazione nei primi due territori continua ad essere in evoluzione e non affatto più chiara di qualche tempo addietro. Alla luce dell’avanzata del DAISH si impone una soluzione a livello internazionale soprattutto per quanto riguarda la posizione di Bashir Al-Asad.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Staffan De Mistura

Staffan De Mistura

Il 17 febbraio, Staffan De Mistura, delegato delle Nazioni Unite per la Siria, consegna al Consiglio di Sicurezza ONU la relazione sulla visita fatta nei giorni precedenti a Damasco al Presidente Bashar Assad.

L’incontro del delegato ONU con il Presidente siriano segue i colloqui svolti a Mosca alla fine di gennaio fra Bashar Jaafari, rappresentante siriano all’ONU, ed esponenti dell’opposizione moderata.

Mosca sostiene la possibilità di una soluzione politica al conflitto che ha finora un bilancio di 210.060 morti – di cui 100 mila civili compresi 10.664 minorenni – oltre 1,5 milioni di feriti gravi e più di 9 milioni fra rifugiati all’estero e sfollati all’interno.

Il rappresentante siriano ha accusato Turchia, Arabia Saudita, USA, Francia, Giordania e Israele di avere favorito formazioni armate e di matrice qaedista contro Damasco.

Il Vertice di Mosca ha evidenziato la frammentazione dei gruppi di opposizione alcuni dei quali tuttavia non hanno escluso un’iniziale tregua ad Aleppo.

De Mistura espone al C.d.S. ONU la necessità di una soluzione politica al conflitto senza l’uscita di scena immediata del Presidente Assad, tuttora in grado di controllare il 50% del Paese e svolgere un ruolo di pacificazione.

Il delegato ONU avrebbe ricevuto un positivo segnale che potrebbe consolidarsi con l’invio in area del Segretario di Stato statunitense John Kerry.

I fatti sul terreno parlano di un’offensiva lanciata a Deraa e Quneitra e nel resto del Sud siriano dall’Esercito governativo coadiuvato da combattenti di Hez’b Allah e Forze d’élite iraniane. La zona ha un interesse strategico per la contiguità con Israele e la breve distanza da Damasco. Dall’autunno 2014, l’intera area è militarmente occupata dal Fronte al-Nustra, dal Fronte Meridionale (ombrello di oltre trenta formazioni jiadiste di diversa matrice) e da un’importante presenza dell’Islamic State of Iraq and Sham (DAISH/ISIS).

E’ anche oggetto di frequenti incursioni aeree di Tel Aviv che a più riprese ha bombardato postazioni militari siriane senza mai attaccare l’opposizione al regime mentre ha ucciso in un raid nella parte siriana del Golan nel gennaio 2015 almeno dodici combattenti di Hez’b Allah libanese e di unità speciali iraniane, fra i quali due generali, che erano impegnati contro ISIS.

Da pochi giorni, dopo la diffusione da parte di ISIS del video riproducente l’uccisione del pilota giordano, bruciato vivo subito dopo la cattura, Amman bombarda i militanti di ISIS nel Nord del territorio siriano mentre a Sud sostiene l’opposizione anti-Assad in coordinamento con USA e Israele. Nell’intera zona la situazione è confusa con incessanti scontri fra le parti che registrano alternativi arretramenti e conquiste.

L’Esercito siriano annuncia di avere ripreso il controllo dell’autostrada Damasco – Deraa e dei vicini villaggi limitando il flusso di rifornimenti dei militanti di Jaish al Islam che da al-Ghouta lanciano razzi sulla capitale siriana. Dall’altra parte, l’opposizione sostiene di avere bloccato l’offensiva dei governativi e inflitto considerevoli perdite anche alle forze di Hez’b Allah e dell’Iran.

Il riposizionamento statunitense auspicato da De Mistura collide con numerosi e interessati protagonisti esterni fra i quali spiccano Arabia Saudita, Francia, Israele e Turchia. Riyadh ha sempre controllato la Siria, snodo geostrategico dell’intera regione, attraverso il Libano imponendovi Presidenti e Premier in chiave anti-sciita.

Non a caso, contestualmente alla relazione presentata da Staffan de Mistura, si sono moltiplicati gli appelli di esponenti politici libanesi contro la presenza in Siria di combattenti Hez’b Allah.

Il Ministro della Giustizia Ashraf Rifi accusa il Segretario Generale Sayyed Hassan Nasrallah di aver coinvolto il Paese nella guerra in Siria inviandovi i suoi militanti per aderire all’agenda iraniana.

Saad Hariri

Saad Hariri

Saad Hariri, già Premier e leader del partito anti-siriano Mustaqbal, rientrato in Libano per il decimo anniversario dell’assassinio del padre, Rafiq, avvenuto sul lungomare di Beiruth, anticipa le parole del Ministro. Entrambi fingono di ignorare la realtà sul terreno.

In Siria centinaia di libanesi pagati dai Paesi del Golfo combattono insieme ad al-Nusra, Esercito Libero Siriano e ISIS contro Assad. Hariri mantiene la roccaforte salafita impegnata da decenni nel Nord libanese, a Tripoli, contro la maggioranza alawita con picchi di attacchi coincidenti con l’inizio della guerra scatenata in Siria.

L’attuale Premier libanese, Tammam Salam, gode del supporto attivo dell’Arabia Saudita. USA e Francia hanno appoggiato le forze politiche libanesi dello schieramento occidentale “14 marzo”, dopo l’attentato a Rafik Hariri, favorendo l’ascesa del giovane Saad a Premier.

La Turchia, Paese NATO, opera sin dall’inizio delle pacifiche dimostrazioni di protesta come vero e proprio hub per combattenti e aspiranti tali destinati ad alimentare le numerose milizie anti-Assad. E non combatte ISIS ma continua a contrastare le componenti curde contigue al PKK che, invece, con poche armi a pochi combattenti hanno scacciato ISIS da Kobane.

Più defilata la posizione israeliana, interessata a evitare che sciiti libanesi e iraniani consolidino postazioni ai piedi del Golan e, nello stesso tempo, teme che la caduta del regime possa avere conseguenze disastrose per l’instabile equilibrio regionale, con il rischio di un’ulteriore espansione dell’ISIS.

L’appello del Presidente statunitense Barak Obama, che si è rivolto a tutta la componente islamica chiedendone la mobilitazione contro ISIS e le frange jihadiste che offendono la loro stessa religione, potrebbe essere un primo segnale di avvicinamento alle indicazioni ricevute da De Mistura. L’appello si inserisce nel solco di quanti sostengono non si tratti di scontro di civiltà né di una questione culturale e religiosa, ma sociale ed economica.

In sostanza, se in Occidente restasse alto il livello di giustizia sociale, se si impedisse la diffusione di ideologie razziste in vantaggio di pratiche economiche includenti, l’esistenza di ISIS perderebbe l’humus necessario alla sua esistenza.

ISIS attrae giovani, musulmani e non, con un vissuto di emarginazione, privati del futuro, gruppi oppressi e senza prospettive, spesso senza famiglia e con pregresse esperienze di devianza sociale e conseguente circuito carcerario, di non elevata istruzione e poco conoscitori di temi religiosi

Segnale che trova sponda nella recente dichiarazione del Presidente Assad sul costante contatto operativo in atto con la “Coalizione” a guida USA per contrastare ISIS. Pur precisando la mancanza di rapporti diretti con gli USA, il leader siriano sottolinea il contributo sul terreno fornito alla Coalizione in merito alle dislocazioni di ISIS.

L’ipotesi di De Mistura è sul piatto. Spetta alle Autorità decisionali agire in conseguenza.

Subito.

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