LA GUERRA DI BOKO HARAM

LA GUERRA DI BOKO HARAM

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Poche le notizie su quanto avviene in Nigeria, Ciad, Camerun e sugli interessi concreti della Francia in queste zone…uranio ad esempio per i suoi reattori nucleari. I primi due mesi del 2015 di Boko Haram in questi territori: devastazione e morte.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini 

Per il movimento jihadista nigeriano “Jama’atu Ablis Sunna Lidda’ Awati Wal Jihad” (“Popolo affidatosi agli insegnamenti del Profeta per la preghiera e il combattimento”), noto in Occidente come Boko Haram (“La cultura occidentale è peccato”) il nuovo anno 2015 si apre con un’offensiva che oltrepassa i confini della regione e si estende in Niger, Ciad e Camerun.

E’ la risposta dei terroristi al Presidente Jonathan Goodluck che, alla ricerca di consensi e voti per le elezioni delle presidenziali del 14 febbraio, aveva assicurato l’avvenuta tregua con Boko Haram e la liberazione delle centinaia di persone sequestrate sin dall’aprile 2014.

Il gruppo smentisce e passa ai fatti.

La stessa notte di Capodanno, l’organizzazione esegue due assalti: un commando attacca nel Nord del Camerun un pullman con passeggeri, uccidendone alcuni e sequestrandone altri; un altro gruppo assalta il villaggio di Malari nel Nord Est nigeriano e sequestra oltre 40 giovani tra i 10 e i 20 anni conducendoli nella Sambisa Forest, base di Boko Haram dove si ritiene nasconda la maggior parte degli ostaggi.

Dopo appena una settimana, come da notizie pervenute, un imponente schieramento di Boko Haram circonda 16 villaggi lungo le rive del Lago Ciad, nel Nord-Est nigeriano, utilizza almeno tre giovanissimi kamikaze, costringendo alla fuga l’Esercito e devastando la città di Baga, sede della “Multi-National Joint Task Force” (Mnjtf), composta da militari provenienti da Nigeria, Niger e Ciad.

Il Quartier Generale della Mnjtf cade dopo tre giorni di combattimenti e viene occupato consentendo a Boko Haram di controllare i tre confini dello Stato del Borno, il più importante dei 12 Stati musulmani del Nord nigeriano, con Niger, Ciad e Camerun. La battaglia ha un bilancio di vittime, oscillante fra le 400 e le 2 mila e segna una discontinuità con il passato.

Innanzitutto, indica che l’alleanza del leader nigeriano, Abu Bakar Shekau, con Abu Bakr al Baghdadi, califfo di ISIS (Islamic State of Iraq and Sham), è concreta e l’agenda combattente è identica:

  • guerra al Governo locale e agli Stati “apostati” confinanti per acquisire profondità strategica;
  • fondazione di uno Stato Islamico basato sulla sharia, nel continente africano per Boko Haram e per ISIS nello Sham (Libano, Siria, Iraq);
  • utilizzo di modelli operativi cruenti e ampiamente criticati dalla totalità dei leader religiosi musulmani.

Negli ultimi cinque anni, il movimento ha procurato 1,5 milioni di sfollati e migliaia di vittime, di cui duemila solo nel 2014 ed ha eseguito operazioni anche in Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia.

In più, controlla ormai il 70% dello Stato del Borno, oltre 20 città del Nord-Est e l’importante città di Baga, che consente di fatto l‘accerchiamento della capitale dello Stato del Borno, Maiduguri, che ospita più di 20 mila sfollati in un campo.

Ed è proprio in un mercato affollato di Maiduguri che si fa esplodere un kamikaze: una bambina di 10 anni, che muore insieme alle sue 19 vittime. Operazione ripetuta il giorno dopo nel mercato di Potiskum, con due bambine kamikaze. Subito dopo, circa 300 militanti di Boko Haram assaltano nel Nord Ovest del Camerun la base militare di Kolofata.

Secondo notizie locali confermate dalla Radio Vaticana, sarebbero stati liberati nel villaggio di Woron dello Stato di Yobo 192 ostaggi dei 218 bambini e donne sequestrati il 6 gennaio 2015 da militanti di Boko Haram nel piccolo villaggio di Katarko, nello Stato di Yobo.

Intanto e con maggiore impeto, Boko Haram prosegue gli assalti a Maiduguri, da dove, respinti, si spostano ad Adamawa, al confine con il Camerun.

Nella totale assenza dei militari camerunensi, i terroristi, sparando con mitragliatori e lanciando bombe, distruggono completamente i villaggi di Garta, Ghemci, Kamala, Liddle, Mbororo, Shadu e Mikika. I sopravvissuti raccontano che gruppi degli assalitori sgozzavano donne e bambini e che le vittime sarebbero migliaia.

Dopo un appello del Presidente camerunense Paul Byva, Ciad e Niger dichiarano la loro disponibilità a una più efficace collaborazione. Poi è la Francia, provata dagli attacchi dei jihadisti che hanno seminato la morte a Parigi, a intervenire. Il Presidente francese invita Nigeria, Niger, Ciad e Camerun a fornire 700 militari ciascuno a tutela delle frontiere.

Parigi ha interessi strategici nell’area del Sahel e soprattutto nel Niger, dalle cui risorse di uranio attinge la maggior parte delle sue necessità energetiche soprattutto per il nucleare.

Perché l’intervento della Francia a distanza di un anno da quello in Mali? E quali le future conseguenze?

Massicciamente presente nel Sahel, la Francia riceve dal Niger il 40% del fabbisogno dei suoi 59 reattori nucleari che assicurano a Parigi l’80% dell’energia elettrica. La Francia può contare non solo sui giacimenti di uranio di Arlit e Akauta nel Nord nigerino ma anche sulla multinazionale Areva che detiene da oltre 50 anni il monopolio dello sfruttamento dei giacimenti nigerini e si appresta a inaugurarne un terzo entro il 2015 a Imouraren.

Le preoccupazioni di Parigi sono condivise anche dall’ ”AFRICOM”, il Comando delle Forze USA per l’Africa, che segnala le minacce da non sottovalutare per evitare l’estensione in tutta la regione dell’estremismo islamico e ne indicando quelle prioritarie.

La prima è la minaccia dei jihadisti insediatisi nel Sahel, dove operano soprattutto: il “Mouvement pour l’Unicité et la Jihad en Afrique de l’Ouest” (MUJAO) proveniente dal Mali; Al Qaeda in the Islamic Maghreb” (AQMI) operante in tutto il Sahel; Boko Haram, originato in Nigeria con basi anche in Niger (ha un confine di 950 km con la Nigeria) e attivo in Ciad, Camerun, Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia; gli al-Shabaab somali; il Nigerien Movement for Justice (MNJ) d’etnia dei tuareg, che non hanno aspirazioni indipendentiste come i tuareg maliani ma solo richieste per più equa ripartizione delle risorse e rispetto per l’ambiente.

La seconda fragilità, concernente in particolare il Niger, è data dalle 800 mila persone bisognose di aiuto alimentare, dall’arrivo di sessantamila profughi dal Mali e dall’avere inviato 650 militari in Mali.

Ci sarà un altro fronte di guerra in Africa? La possibilità che Boko Haram ne sia la scintilla appare molto alta.

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Abubakar Shekau, leader di Boko Haram (Fonte: Wikiedia)

Abubakar Shekau, leader di Boko Haram (Fonte: Wikiedia)

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