RICORDANDO AMÍLCAR CABRAL E PATRICE LUMUMBA, A 40 – 50 ANNI DALLA LORO MORTE: QUALI LEZIONI PER IL FUTURO? 2.

RICORDANDO AMÍLCAR CABRAL E PATRICE LUMUMBA, A 40 – 50 ANNI DALLA LORO MORTE: QUALI LEZIONI PER IL FUTURO? 2.

 

La seconda e ultima parte dell’interessante saggio di prof Alfredo Manhiça su alcuni problemi dell’Africa subsahariana

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

2. Un approccio critico sul presente con lo sguardo verso il futuro

Nelle prime pagine della Bibbia leggiamo che “Dio creò l’uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra” (Gen 2, 27-28).

Vorrei qui soffermarmi sulla disposizione data da Dio alla specie umana di “soggiogare e dominare” la terra e gli altri essere creati.

Il filosofo inglese, Francis Bacon (1561-1626), sostiene, da un lato, che “Il dominio dell’uomo sulla natura consiste solo nella conoscenza: l’uomo tanto può quanto sa (Tantum possumus quantum scimus); dall’altro, osserva che “il fine a cui è diretta la scienza è il regnum humanis”. Però, proseguendo nelle sue riflessioni, Bacon sostiene ancora che “la natura non la si vince se non ubbidendole” (Natura non nisi parendo vincitur).

Dagli argomenti su accennati si può dedurre innanzitutto che nonostante il genere umano abbia ricevuto da Dio il potere di soggiogare e dominare il mondo e gli altri esseri creati, in realtà questi hanno proprie dinamiche ed intrinseche leggi di natura che l’uomo non può modificare arbitrariamente.

Questo significa che, sebbene l’uomo abbia il potere di soggiogare e dominare il mondo, questo, una volta trasformato dall’intervento umano, acquisisce, a sua volta, il potere di cambiare le abitudini e il comportamento dell’uomo stesso, nel bene e nel male.

Francobollo commemorativo di Amilcar Cabral

Francobollo commemorativo di Amilcar Cabral

Le barbare vicende politiche e militari che ebbero come vittime eccellenti Lumumba e Cabral non vanno viste come casi isolati e accidentali della Guinea-Capo Verde e del Congo, ma come la punta dell’“iceberg” di ciò che è accaduto all’interno di molti movimenti indipendentisti, partiti politici o stati africani, soprattutto nel corso degli anni ’60, ’70 e ’80: trattasi di catalogazione di una sconfitta che va al di là dei singoli fatti e delle sue conseguenze dirette. Negli anni precedenti o successivi all’indipendenza, in molti stati africani che risorgevano dalle ceneri della colonizzazione, le vecchie élite etnico-tribali e le nuove élite costituite dagli impiegati pubblici dell’amministrazione coloniale, che, in un primo momento si erano unite, mosse dal comune ideale di affrancarsi dalla dominazione coloniale, in un secondo momento, si sono divise, combattute o tradite reciprocamente per ottenere il controllo del potere politico e delle risorse economiche.

I movimenti, o i partiti politici, o particolari schieramenti che, all’interno dello stesso movimento o partito, sono riusciti a sopraffare i propri rivali, si sono appropriati dell’amministrazione pubblica lasciata vacante dagli ufficiali coloniali. Subito dopo la proclamazione delle indipendenze cercarono di monopolizzare il potere, creando un sistema di governo personale e promovendo il culto della loro stessa personalità.

Per meglio consolidare il proprio potere politico e assolutizzare il controllo delle risorse economiche, i nuovi dirigenti politici abbandonarono gli ideali che avevano cementato l’unità nazionale tra i differenti gruppi etnico-tribali in funzione di un’unica causa. Le Costituzioni promulgate nelle celebrazioni delle indipendenze furono modificate o riscritte o semplicemente ignorate. In tutto il continente vennero adottate Costituzioni di tipo Presidenziale e lo strumento di legiferazione divenne il Decreto Legge Presidenziale, mentre le Assemblee nazionali – spesso composte prevalentemente da adulatori del regime, pervenuti alla vita pubblica attraverso cooptazioni clientelari o tribali-regionaliste o comunque da persone senza volontà propria – esercitavano funzioni esclusivamente formali. Anche il potere giudiziario venne ovunque subordinato, de jure o de facto, all’esecutivo. I Checks and bilance vennero rimossi. I partiti unici divennero così l’istanza egemonica cui dovevano subordinarsi tutte le altre organizzazioni di carattere sociale: sindacati, intellettuali, organizzazioni dei giovani e delle donne, giornalisti, associazioni sportive e culturali.images

Nella spietata lotta per il controllo del potere politico nell’Africa post-coloniale i movimenti o i partiti politici o le élite dirigenti o i personaggi emergenti che soccomberono non erano meno criminali dai loro avversari. In molti casi, l’unica differenza è che gli uni sono stati sconfitti, uccisi o annientati, mentre gli altri ne sono usciti vincitori. Infatti, durante la lotta armata in Guinea Bissau, i guineensi morivano vittime della polizia segreta portoghese – la Polícia Internacional e de Defesa do Estado/Direcção-Geral de Segurança (PPIDE/DGS) -, dei bombardamenti aeri e dei tradimenti per opera dei compagni del PAIGC. Nell’intervista concessa all’Agenzia d’informazione “LUSA”, il 31 marzo 2013, lo storico leader dell’allora partito União do Povo das Ilhas de Cabo Verde (UPICV), José Leitão da Graça, ha descritto Cabral come un dirigente prepotente e responsabile dell’uccisione di molta gente.

Uno sguardo globale su come la questione politica viene gestita nell’Africa subsahariana, a partire dagli anni della decolonizzazione fino ai giorni nostri, fa sospettare che l’insieme delle vicende che ruotarono intorno alle uccisioni di Lumumba e Cabral costituiscano il vero e proprio “peccato originale” della politica africana. Quelle vicende e l’esito che hanno avuto si sono subito trasformati in strumenti paradigmatici del fare politica interna ed estera. Infatti, nella storia della politica africana i casi di tradimento fra i compagni di partiti o movimenti politici; o l’annientamento dei partiti d’opposizione o la manipolazione dell’identità etnico-tribale per purgare gli avversari o per consolidare il proprio potere, non solo si sono verificati in molti altri stati, oltre che in Congo e in Guinea Bissau, ma sono diventati una costane nel tempo.

L’immagine di diplomazia che l’Africa ha offerto di se stessa alle antiche e alle nuove potenze mondiali è di una diplomazia della guerra, di colpi di stato o di uccisioni degli esponenti politici indesiderati. Per questo, le potenze mondiali, quando devono affrontare qualsiasi tipo di conflitto d’interessi che coinvolge un paese africano ricorrono a strumenti del tipo: la guerra per procura, il sostegno ad un colpo di stato, ad un’uccisione importante o l’appoggio ad una ribellione armata. Gli stessi gruppi politici africani d’opposizione ai governi in carica, l’unico tipo di lobbying che sanno fare presso i governi delle potenze mondiali è la ricerca di forme e di sostegno per eliminare chi è al potere.

Insieme a Lumumba e Cabral e a molti altri che hanno avuto lo stesso loro destino, fu ucciso anche il sogno che gli africani e l’intera umanità nutrivano, negli anni ’60 e ’70, di trasformare le colonie africane in stati sovrani forti e prosperi, capaci di stabilire un rapporto di parità col resto del mondo.

La prova che il crimine, l’illegalità, l’impunità e tutte le forme di manipolazioni messi in atto negli anni della nascita degli stati africani erano diventati strumenti paradigmatici per fare politica in Africa è divenuta palese ed è stata confermata dai fatti nella prima metà degli anni Novanta, allorché molti governi africani introdussero i processi di democratizzazione delle loro istituzioni politiche ma furono architettati in modo da mantenere il potere e il controllo istituzionale nelle mani di chi già li deteneva. Ancora oggi, infatti, la maggior parte delle elezioni che si realizzano in molti paesi africani sono caratterizzate da gravi irregolarità.

Nonostante questa nebulosità, avvolga e condizioni il continente africano, la salvezza dell’Africa non può che risiedere negli africani. Ci sono ancora molti condizionamenti e ostacoli che tendono a perpetuare le logiche stabilite e favorite da diversi fattori nel periodo della decolonizzazione. La manovra per istituzionalizzare il multipartitismo e la regolarità delle elezioni, nonostante non abbia necessariamente democraticizzato le istituzioni politiche, va considerata come un tentativo di riforma di un sistema politico – quello, appunto, basato sulla illegalità ed impunità – che contiene in sé il seme della sua negazione. Proprio l’introduzione del modello democratico – anche se ancora segnato da gravi imperfezioni – ha avviato lo sviluppo progressivo della coscienza e del desiderio della partecipazione attiva nei gruppi d’interessi intesi a difendere i propri interessi e a influenzare i principali centri decisionali.

BIBLIOGRAFIA DI BASE

GENTILI A. M., Il leone e il Cacciatore – storia dell’Africa sub–sahariana, Carocci, Roma, 2008.

SANTOS D., Amílcar Cabral – um novo olhar, Chiado Editora, Praia, 2014.

FANON F., Potevamo fare altrimenti?, in Fanon: Opere scelte, vol. 2, a cura di G. Pirelli, Einaudi, Torino, 1971.

MEREDITH M., The State of Africa – A History of the Fifty Years of Independence, Free Press, London, 2006.

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