ISIS IN SIRIA. Il Grande Medio Oriente 2.

ISIS IN SIRIA. Il Grande Medio Oriente 2.

La seconda parte dell’interessante analisi sul progetto del ‘Grande Medio Oriente’, poco conosciuto spesso anche agli addetti ai lavori ma rivelatore di un progetto che sta avendo una attuazione generando un…caos incontrollato?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il passaggio dell’ “Islamic State in Iraq and Sham” da Baghdad a Damasco costituisce il naturale processo della strategia del “Grande Medio Oriente” elaborata da USA e Israele sin dalla seconda guerra del Golfo, come già evidenziato nel precedente articolo ISIS in Siria.1. (7 gennaio 2015)

Il progetto, ripreso dall’amministrazione USA nel 2002 da uno studio israeliano del 1994, prevede: la divisione dell’Iraq in tre piccoli Stati: il Nord curdo, il Centro sunnita e il Sud sciita; il contenimento delle mire egemoniche iraniane smantellandone l’“asse sciita” e il divieto di proseguire la politica nucleare aggredendola con un’orchestrata campagna mediatica e sanzioni con l’accusa che Teheran voglia in realtà dotarsi di ordigni atomici.

La strategia non è nuova: guerra ritorsiva o “umanitaria” e destabilizzazione dei Paesi aggrediti favorendone con ogni mezzo l’opposizione interna.

E’ la strategia nota come “Caos costruttivo”. Modulo che ha finora causato molto caos senza costruire nulla.

Tra gli esempi recenti vi sono Afghanistan, Iraq, Libia, Mali e Siria.

In Siria, interessati agenti esterni intervengono sin dalle prime dimostrazioni popolari del marzo 2011. Nelle iniziali manifestazioni la popolazione chiede solo la fine della legislazione d’emergenza, la liberazione dei detenuti politici, una più equa distribuzione delle risorse e accesso al lavoro.

Diversa è l’agenda degli attori esterni.

Da documentazione dell’Agenzia d’intelligence privata “Stratfor” emerge che Forze Speciali britanniche e statunitensi addestrano sin dal 2011 i militanti della prima opposizione armata siriana con l’obiettivo di sconfiggere il regime alawita di Assad.

Allo stesso fine, intervengono gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) e la Turchia, membro NATO, che finanziano e armano i gruppi più radicali dell’opposizione siriana con la tutela dell’Intelligence militare statunitense.

Per ...sorridere....

Per …sorridere….

Le formazioni islamiche vengono riunite sotto l’ombrello del “Free Syrian Army”, riproducendo il modello sperimentato in Libia.

Infatti, nel febbraio 2011 i primi e disarmati oppositori a Gheddafi vengono soppiantati dalla residua area radicale dell’ “Islamic Libyan Fighting Group” sostenuta inizialmente da esponenti della NATO e poi dai leader dell’FSA presenti a Istanbul – centro di comando e controllo delle operazioni anti/Assad – e dagli USA attraverso finanziamenti e materiale d’armamento pesante.

La guerra USA/NATO scatenata in Libia a poche settimane dalla prima manifestazione si conclude dopo appena 8 mesi con l’uccisione di Gheddafi. E ora regna il caos.

Seguendo il “modulo libico”, Intelligence USA e forze speciali di Israele e Giordania addestrano i ribelli dell’FSA (Free Syrian Army) lungo il confine giordano-siriano, coinvolgendo nell’attività anche militari britannici e francesi.

Secondo “The National” diviene operativo un secondo centro di comando e controllo nei pressi di Amman, con esponenti militari arabi del CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo), statunitensi ed europei che provvedono all’armamento dell’FSA.

Anche il New York Times fa stato dell’assistenza militare fornita da US, Arabia Saudita e Qatar ai ribelli siriani, armi che facilmente transitano alle formazioni jihadiste.

Il website dell’Intelligence militare israeliana “Debkafile” riporta anche che la Turchia rifornisce di armi i ribelli e il Fronte qaedista “al Nusra” e consente il loro passaggio in territorio turco per attaccare la costa Nord-occidentale siriana a Latakia.

Il website aggiunge che USA, Giordania e Israele sostengono oltre 30 formazioni dei ribelli siriani fra i quali vi sono militanti di matrice qaedista insediatisi in Iraq nel 2003 operando come AQI (Al Qaida in Iraq) guidata da Abu Mussab Zarkawi fino alla sua uccisione (giugno 2006) e dall’ottobre 2006 come ISIS.

ISIS nasce dall’unione di numerosi movimenti: Tanzim Qaidat al-Jihad fi Bilad al-Rafidayn (che aveva fondato AQI), Mujahideen Shura Council (già alleati di AQI), Jeish al.Fatiheen, Jund al-Saheba, Katbiyan Ansar al-Tawid wal Sunnah, Jeish al-Talifa al-Mansoura, esponenti radicali di numerose tribù sunnite irachene.

Dal 2013, il movimento, ormai guidato da Ibrahim Abu Bakr al-Baghdadi, dilata significativamente l’attività in Siria, dove lo stesso Baghdadi incontra a maggio il senatore statunitense repubblicano John McCain.1-4899-ffad2-27834

Baghdadi lavora insieme al Fronte al-Nusra fino al febbraio 2014, quando ISIS viene espulso dal leader storico di Al Qaida, Ayman al Zawahiri, che lo accusa di perseguire un’agenda diversa da quella imposta dalla leadership.

In realtà, ISIS e al-Nusra continuano a collaborare anche dopo che nel giugno 2014, al-Baghdadi si autoproclama Califfo del Califfato di Iraq e ragione dello Sham (Iraq, Siria, Libano) affiancando al nome ISIS quello arabo di Daish (Al Dawa al Islamiyyah fi Iraq wah Sham). Molti jihadisti assumono il controllo di Qunejtra, unico transito fra Israele e il Golan siriano, e ricevono assistenza medica e armi.

Il coordinamento fra Israele, Giordania e USA avverrebbe nel centro di comando e controllo presso Amman.

L’intera Coalizione anti-ISIS a guida USA continua ad armare l’ “opposizione moderata” senza tener conto dell’osmosi continua dei “combattenti moderati” e di intere “formazioni moderate” che con armi e finanziamenti della Coalizione vanno a rinforzare ISIS.

Peraltro, uno dei Paesi della Coalizione, la Turchia, continua a supportare ISIS e combatte i curdi che a Kobane, la città curda a Nord della Siria, da 100 giorni resistono all’assedio di ISIS.

Accade che i curdi dell’YPG (Unità popolare femminile) e dell’YPJ (Unità popolare maschile) con poche armi e combattenti riprendono il 60% del territorio respingendo l’occupante ISIS a Sud Est, e Ankara consente a ISIS di occupare in territorio turco un villaggio curdo e trasformarlo in una base di appoggio per attaccare YPG e YPJ.

Accade anche che i 230 mila profughi di Kobane e Sinjar scappati in Turchia e accolti dai comuni curdi turchi in campi profughi sono privi di riscaldamento, cibo e indumenti adeguati alla bisogna.

E l’Egitto, altro partner della Coalizione anti-ISIS, lo contrasta a distanza, inviando in Sinai i suoi militari per contrastare Beit al-Maqdis, la formazione beduina jihadista che ha giurato fedeltà a ISIS.

La Coalizione rifiuta il coordinamento con l’Esercito siriano e con le Forze speciali iraniane e di Hezb’Allah, che insieme ai curdi sono i soli a sconfiggere i militanti di ISIS.

La recente ma non nuova disponibilità siriana a incontrare l’ ”opposizione moderata” al Vertice programmato dalla Russia dopo il 20 gennaio 2015 verrà – come i precedenti Summit Ginevra 1 e Ginevra 2 – rifiutata dai “moderati” e troverà il disaccordo della Coalizione.

Forse perché più che sconfiggere ISIS interessa allontanare la famiglia Bashar ed emarginare gli alawiti per dividere anche la Siria, come sta avvenendo in Iraq ?

Per quanto riguarda il Libano, il Fronte al-Nusra è all’opera da oltre un anno e non certo da solo.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

128501

Lascia un commento