DOPO LA FRANCIA. PER UNA “INTELLIGENCE COMUNE EUROPEA”?

DOPO LA FRANCIA. PER UNA “INTELLIGENCE COMUNE EUROPEA”?

I recenti avvenimenti di Francia pongono numerosi interrogativi anche nel quadro della efficienza e operatività della comunità dell’ intelligence. Notizie su un interessante ‘esperimento’ d’ intelligence condivisa.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

images-2Sui tragici attentati eseguiti a Parigi fra il 7 e il 9 gennaio l’attenzione mediatica resta alta per chiarire diversi punti rimasti oscuri, tra i quali l’appartenenza o meno degli autori delle stragi a una organizzazione strutturata o meno.

In assenza di una rivendicazione inoppugnabile, vi sono tre ipotesi.

A)   Il piano sarebbe stato preparato da “Al Qaeda in the Arabian Peninsula” (AQAP), come dichiara telefonicamente all’emittente francese “BfmTV” Cherif Koauchi, uno dei due terroristi responsabili dell’eccidio negli uffici del giornale satirico Charlie Hebdo.

B)   Gli assalti avvengono su ordine dell’ “Islamic State of Iraq and Sham” (ISIS), come dichiara alla stessa emittente Amedy Coulibaly, uccisore dell’Agente di Polizia a Montrouge e della strage nel supermercato Kosher, dove si asserraglia con 15 ostaggi prima dell’offensiva di Unità delle Forze Speciali contro i quali spara e viene ucciso.

C)   Emerge con certezza che i terroristi si conoscevano da tempo, avevano un vissuto da micro-criminali ed erano stati in carcere prima di recarsi in teatri di guerra, Kouachi o il fratello Said nello Yemen, e Coulibaly in Siria, dove sarebbero stati addestrati all’uso di armi.

I protagonisti di Camp David 2000

I protagonisti di Camp David 2000

Appare plausibile la terza ipotesi anche perché: fra di loro durante i pochi giorni precedenti agli attentati sono state registrate otre 500 telefonate ma nessun contatto con le organizzazioni di cui dicono aver fatto parte; AQAP e ISIS hanno approvato gli attentati senza rivendicarne la paternità.

In altri termini, i terroristi potrebbero far parte di una cellula della quale sono identificati i fratelli Kouachi e Hayat Boumedienne, moglie di Coulobali, già in contatto con le formazioni citate ma non interni alle stesse.

Gli eventi di Parigi colpiscono in modo particolare l’Unione Europea che avverte la necessità di un coordinamento efficace e puntuale fra le diverse Agenzie d’Intelligence. Sarà possibile trasformare il “Fronte Mediterraneo Europeo” in un Centro decisionale-operativo per contrastare le nuove sfide?

In merito, la situazione attuale.

Nel 2013, il Consiglio Europeo, con il contributo di Commissione, Agenzia Europea di Difesa (EDA) e Servizio Europeo per l’Azione Esterna (EEAS), decide di affrontare il tema della sicurezza per avviare la strategia nei prossimi anni dopo le elezioni del Parlamento Europeo del 2014 e l’insediamento della nuova Commissione Europea nel 2015.

Le complesse dinamiche contemporanee sono oggetto di studio all’interno dei grandi Atenei e di diverse Agenzie d’Intelligence. La sinergia fra il mondo accademico e quello dell’Intelligence potrebbe costituire un valore aggiunto fornendo l’acquisizione di conoscenze antropologiche, religiose, culturali ed economiche, facilitando il dialogo invece dello scontro, spesso dovuto alla mancata conoscenza dell’”altro”, e accrescendo il livello di sicurezza.

Una policy europea d’Intelligence potrebbe offrire al potere decisionale dei singoli Stati un panorama più vasto e approfondito indicando ai singoli Governi un ventaglio di ipotesi per la scelta migliore e lo sviluppo di interessi nazionali. Un tale risultato richiede un salto di qualità, un concreto segnale di discontinuità con il passato.

Le Agenzie dovrebbero dare vita a una nuova metodologia info-operativa, accantonando le rigide regole della compartimentazione e dello scambio informativo, ingessati in formule e schemi che ne svuotano il contenuto. Bisognerebbe mettere in comune contatti, conoscenze, esperienze, mezzi.

Ancora oggi, la ”EU Intelligence Community”, che dovrebbe essere il Centro di incontro e fusione degli Agenti d’Intelligence presenti a Bruxelles, rimane un’entità informale perché la “National security” rimane competenza esclusiva degli stati membri dell’EU.

La ”EU Int.cen.” è l’unica struttura in cui convivono e operano insieme i rappresentanti della maggioranza dell’”EU Intelligence and Security Services” e propone informazione su eventi esclusivamente da “Osint” (open sources intelligence).

E’ il primo, importante tassello per diffondere l’importanza dell’ “Intelligence culture”.

Il secondo, ma non in ordine d’importanza, è la realizzazione di una struttura comune, veloce ed efficace, per comprendere le complesse mutazioni sociali e politiche, intercettare i nuovi fenomeni e prevederne i probabili, futuri sviluppi. Dare linfa vitale al progetto significa condividere le conoscenze senza esitazioni. L’auspicio è che il futuro dell’Intelligence europea sia realizzato con il “coraggio di osare”.

In realtà, esiste per una “nuova Intelligence europea” un esperimento poco noto e poco citato dai media, un’esperienza realizzata sul terreno all’inizio del terzo millennio.

Lo stallo dei colloqui di pace israelo-palestinesi inaugurati a Oslo il 13 settembre 1993, il fallimento del tentativo statunitense di portarli a termine nel Vertice di Camp David nel luglio 2000 e l’ingresso del Premier pro-tempore Ariel Sharon con 300 militari sulla spianata delle Moschee a Gerusalemme il 28 settembre 2000 segnò l’inizio di uno scontro che causò in un solo mese 123 morti e 5.862 feriti fra i palestinesi, 7 soldati uccisi fra gli israeliani e la ripresa del conflitto armato fra i contendenti.

Il Presidente dell'Autorità palestinese

Il Presidente dell’Autorità palestinese

La Commissione d’inchiesta degli eventi disposta dal Dipartimento di Stato americano che ne nominò a capo l’ex Senatore George Mitchell non raggiunse tangibili risultati e determinò il ritiro della “Central Intelligence Agency” (CIA) dal ruolo di ponte tra la sicurezza israeliana e palestinese.

Il vuoto creatosi fu colmato dall’Inviato Speciale Europeo Miguel Angel Moratinos che supportava l’Alto Ministro per la Sicurezza Europea Xavier Solana.

Il Ministro incaricò l’Inviato di contattare gli Agenti dell’Intelligence europea presenti a Gerusalemme e di proporsi come coordinatore in un innovativo lavoro di gruppo mostrando visibilità collettiva. L’Inviato divenne l’anello di congiunzione tra il livello tecnico-operativo degli Agenti e quello politico.

Sul territorio l’attività del gruppo doveva essere discreta, gli Agenti avevano a disposizione solo le proprie risorse e continuavano a svolgere i rispettivi compiti ai quali si aggiunsero quelli indicati dall’Inviato per la preparazione degli incontri collettivi con i palestinesi.

Nacque così lo ”Informal European Grup” (GIE).

L’Inviato viene normalmente tenuto al corrente dal GIE sull’esito degli incontri con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), l’Intelligence locale e le formazioni combattenti.

L’Inviato informa sull’attività del GIE il Ministro ponendolo nella condizione di conoscere nell’immediato gli sviluppi del conflitto, le tendenze in atto, la possibilità di ridurre gli scontri e la realtà di un territorio che andava spezzettandosi in particelle sempre più piccole e separate da posti di blocco e di controlli.

Il Presidente dell'Autorità palestinese

Il Presidente dell’Autorità palestinese

Le regole decise sono minimali: informare degli spostamenti il Gabinetto dell’Inviato, massima discrezione, nessun contatto con la stampa, consenso da parte dell’Agenzia di appartenenza, condivisione delle informazioni di sicurezza, riservatezza su nomi e Paesi di appartenenza.

L’adesione degli Agenti fu immediata, spontanea, entusiasta, pur essendo tutti consapevoli che avrebbero moltiplicato il loro lavoro, annullato il già scarso tempo libero, affrontato altri rischi e ulteriori problemi.

Ma prospettive e disegno meritavano ogni sforzo: è uno schema appena accennato, uno schizzo, ma tutti avevano la consapevolezza di partecipare a qualcosa di nuovo, all’embrione di una Europa come auspicabilmente sarebbe divenuta.

Gli Agenti percepirono che si trattava di un salto epocale: passare dal “need to know” al “need to share”, fino alla condivisione dei referenti di fiducia. E misero in comune contatti, conoscenze, esperienze, mezzi. Gli incontri… quotidiani, dove capitava, a spese proprie.

L’attività durò anni nel corso dei quali fu possibile ottenere dalle formazioni palestinesi combattenti anche periodi di tregua unilaterali, la cooperazione per favorire un sensibile affievolimento del livello dello scontro, la risoluzioni pacifica dell’occupazione della Chiesa della Natività di Betlemme da parte di oltre 100 combattenti palestinesi e di giornalisti riparati nella Chiesa durante gli scontri fra l’Esercito israeliano e i palestinesi.

Le Agenzie degli operatori riconobbero l’eccellente collezione informativa prodotta e l’Intelligence israeliana, informata da Inviato e Ministro, diede atto – anche con dichiarazioni ai media – dell’utile lavoro del GIE. Ma i tempi – forse – non erano maturi. Troppo forti i tabù da superare.

In seno alla Comunità politico-diplomatica, informata costantemente da Inviato e Ministro, l’appoggio non fu mai convinto.

La morte del Presidente Yasser Arafat ricoverato a Parigi (11 novembre 2004), le elezioni presidenziali e politiche nei territori palestinesi con un Consiglio Legislativo e un Governo a guida Hamas, il partito islamico risultato maggioritario, e la sostituzione dell’Inviato depotenziano l’attività del GIE, che lentamente si spegne.

Sarà possibile riproporre un’esperienza analoga?

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