IRAN: SANZIONI E ACCORDO. IRAN E USA: FRA NUCLEARE E DAISH

IRAN: SANZIONI E ACCORDO. IRAN E USA: FRA NUCLEARE E DAISH

 

L’Iran continua ad essere un protagonista importante delle vicende mediorientali attualmente piuttosto complicate; sarà sempre un protagonista considerata anche la sua posizione geopolitica e questo elemento va sempre considerato, quale che sia il suo regime politico.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 29 agosto gli Stati Uniti hanno varano nuove sanzioni contro l’Iran imponendo innalzamento delle multe contro 25 aziende e imprenditori sospettati di aver violato le precedenti misure adottate per fermare il programma nucleare. Nel pacchetto sanzionatorio figurano banche che hanno eseguito transazioni finanziarie per e da Teheran e quindi anche le aziende iraniane in rapporto con la Siria.

imagesIl Presidente Hassan Rowani ha criticato apertamente il provvedimento che risulterebbe in questa fase intempestivo e provocatorio per l’Iran ma ha confermato che proseguirà la mappa iniziata nel settembre 2013.

Teheran è impegnata con il Gruppo del “P 5 + 1” (i cinque membri permanenti nel Consiglio di Sicurezza ONU più la Germania) per la firma dell’Accordo conclusivo sul nucleare a scopo civile, prevista per il 20 luglio 2014 ma rinviata su richiesta del Gruppo al 24 novembre.

L’Iran è impegnato anche su un altro fronte, parimenti delicato: l’attivismo dell’Islamic State of Iraq and Sham (ISIS), ribattezzato Califfato alla fine di giugno e denominato Islamic State (IS) dal leader Abu Bakr al-Baghdadi, autoproclamatosi Califfo e discendente dal Profeta Maometto. Ancora prima degli eventi di giugno, da quando l’IS aveva preso il controllo di gran parte del Nord-Ovest dell’Iraq, il Presidente ha offerto ufficialmente il contributo militare del suo Paese contro i jihadisti.

Hassan Rowani ha presentato fatti e non parole. Ha approvato la chiamata del Grande Ayatollah Alì Sistani, al vertice della scuola “quietista” di Najaf obbediente alla divisione tra potere statale e attività religiosa, a tutti gli islamici per superare le loro divisioni e creare un Fronte di lotta comune contro i jihadisti. Segue con favore gli incontri fra Alì Sistani e i vertici della scuola di Qom, improntata alla teocrazia iraniana ispirata al principio del velajat al faqi con il primato della Guida Suprema sul potere politico.

Ha inviato a Baghdad il Generale Qassem Suleimani, Comandante delle Forze Speciali Quds dal 1998, impegnato negli ultimi tre anni in Siria in favore di Bashar al-Assad e a fianco ai combattenti di Hezb’Allah libanese. Di più, Rowani ha offerto la sua disponibilità a collaborare con gli USA per fermare la crescente minaccia di IS ormai evidente per tutto il Mashreq. Ed è il primo ad avere fornito armi ai pashmerga del Partito Democratico curdo del Presidente Massud Barzani, impegnati lungo un confine di 1.300 km per contrastare con un armamento inadeguato l’avanzata di IS appoggiato dai Naqshabandi di Ibrahim al-Douri, tribù sunnite perseguitate e combattenti stranieri con armamento pesante.

Il generale Kassem Suleimani

Il generale Kassem Suleimani

L’arrivo di nuove sanzioni a Teheran hanno precedono di pochi giorni la conquista, il 31 agosto, del settore orientale della città di Amerli, da due mesi nelle mani di IS che ha ucciso migliaia di turcomanni, ezidi, cristiani e ne manteneva in ostaggio i sopravvissuti ormai privi di cibo, acqua, ripari.

USA, U.K. Francia e Australia, nel frattempo, hanno paracadutato aiuti umanitari, spesso finiti nelle mani di IS.

Il 24 novembre scade l’accordo ad interim sul nucleare stipulato un anno fa tra Iran e il Gruppo 5 + 1 (I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU – Cina, Francia Gran Bretagna, Russia e USA – più Germania). La decisiva sessione dei lavori si apre a Vienna il 18 novembre. Gli auspici non sembrano favorevoli per almeno tre complesse situazioni di poco antecedenti al summit in Austria.

In primo luogo, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha evidenziato che l’Iran non ha ancora risposto alle richieste di maggiore trasparenza avanzate dagli ispettori come previsto dall’Accordo di Ginevra dell’anno precedente.

La comunicazione avviene a ridosso del Vertice svolto in Oman il 9 e 10 novembre tra Iran, USA ed EU nel corso del quale si fronteggiavano due ipotesi:

–       sospensione della maggior parte delle sanzioni USA contro Teheran, possibile anche senza voto parlamentare, permettendo al Paese di arricchire l’uranio al 5% e confermando il via libera al programma nucleare per scopi civili;

–       nessuna sospensione anche perché, secondo un articolo del New Your Times, le Autorità iraniane avrebbero trasferito ingenti riserve di uranio in Russia che avrebbe convertito l’uranio in barre di combustibile nucleare per alimentare la centrale nucleare di Busheir rendendone estremamente difficile la riutilizzazione per la produzione di armi atomiche.

Nonostante la smentita delle rivelazioni stampa da parte iraniana, la riunione di Mascat si è conclusa in un nulla di fatto, come è stato evidenziato dall’assenza di Alì Akbar Velayati, consigliere della Guida Suprema e Grande Ayatollah Alì Khamenei che vi avrebbe dovuto partecipare.

Il secondo episodio preoccupante è la posizione dell’Ayatollah Khamenei.

Nel corso dei lavori in Oman, la Guida ha polemizzato con USA e Occidente affidando a Twitter le sue dichiarazioni. Alì Kamenei ha ricordato come l’Iran sia stata vittima delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein ricevuto da USA e Paesi occidentali nel silenzio di tutto il mondo.

Il leader ha citato 572 attacchi con ordigni chimici fra il 1983 e il 1988, un milione di persone esposte alle esalazioni chimiche e 100 mila affetti da significative patologie derivanti dall’esposizione a quegli ordigni. E tutto è avvenuto senza che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU abbia dato un segnale o assunto un’iniziativa.

Ali Khamenei

Ali Khamenei

In conclusione, il Grande Ayatollah ha espresso il sostegno ai colloqui. Ma, a lavori non ancora conclusi, esponenti di USA ed EU parlavano di nuove sanzioni e dei pericoli derivanti da un’eventuale cessazione sanzionatori.

Non meno preoccupante per l’esito del Vertice di Vienna è la divulgazione da parte di media USA di una lettera personale “segreta” che il Presidente statunitense avrebbe indirizzato direttamente ad Alì Kamenei in coincidenza con i colloqui in Oman. Nella missiva Obama avrebbe chiesto all’Ayatollah di combattere insieme Daish (Al Dawla al Islamiyyah fi Iraq wah Sham).

La lettera ha preoccupato il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar), Israele e Turchia anche per le ricadute che avrebbe sull’esito dei colloqui di Vienna sul nucleare iraniano.

Cosa succede? Nei giorni precedenti, dopo che militanti di Daish hanno ucciso 11 soldati a Tripoli, nel Nord del Libano, minacciando di innescarvi una guerra civile, gli USA hanno adottato un nuovo piano per contrare il movimento jihadista offrendo sostegno a tutti i Governi che intendano combattere Daish. In questo contesto hanno proposto questo sostegno anche al Libano.

Quello che solo pochi sanno è che l’azione degli USA in questi casi è vincolata da una legge nazionale che obbliga a fornire “un vantaggio militate quantitativo a Israele rispetto ai suoi vicini”.

In realtà in Libano, come in Iraq e Siria, solo Hezb’Allah e le Guardie Rivoluzionarie Iraniane stanno combattendo e vincendo la guerra contro Daish, mentre gli Eserciti di quegli Stati perdono terreno e giordani ed egiziani non intendono parteciparvi.

L’unica vittoria riportata dall’Esercito iracheno a fine ottobre contro i jihadisti a Jurf al Safer, sulla riva dell’Eufrate, in realtà è stata combattuta in prima linea da Hazb’Allah e Guardie Rivoluzionarie Iraniane al cui capo era il generale Ghasem Suleimani. Da qui lo sconcerto dell’ “Asse Sunnita”, che vede il pericolo di una cooperazione militare degli USA con gli esponenti della “mezzaluna sciita”, di cui fa parte anche la Siria.

In senso contrario a questa missiva (ammesso che esista nella realtà), è lo stesso Presidente USA a ribadire (15 novembre) che la guerra a Daish è anche contro la Siria per estrometterne il regime sciita-alawita imposto dalla famiglia Bashar.

In ogni caso, la situazione non presenta indicatori favorevoli a una soluzione politica del caso inerente al nucleare iraniano, mentre nella regione esistono altri Paesi già in possesso di armi atomiche pur non avendo mai aderito al relativo Trattato e al successivo protocollo disciplinati dall’AIEA.

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