CAOS YEMENITA

CAOS YEMENITA

Nei giornali italiani non viene quasi mai menzionato lo Yemen a meno che non siano rapiti turisti, sempre più rari però di questi tempi. Infatti in Yemen c’è una guerra civile in atto di cui poco si parla…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                                                                                                                                                             

L’ONU ha imposto sanzioni a cinque alti esponenti yemeniti: l’ex Presidente Alì Abdullah Saleh e il figlio Ahmed Alì, già Brigadiere Generale della Guardia Repubblicana, e tre esponenti Houthis Abdul Malek al-Houthi e il fratello Abdul Khaleq e il capo militare Abdel Alì al-Akim.

Con il provvedimento del 21 ottobre, l’ONU ha accusato le personalità di approfittare della fase d’instabilità del Paese per ristabilire l’influenza dell’ex Presidente Saleh senza il cui sostegno gli Houthis – sciita zaiditi, come Saleh – non sarebbero riusciti a controllare Sana’a e una parte del Paese. Le sanzioni peraltro non avranno alcuno effetto perché l’ex Presidente gode dell’immunità diplomatica e i tre ribelli Houthis svolgono un ruolo importante militarmente e nel contesto sociale, non hanno conti bancari e non viaggiano fuori dal Paese.

Le spinte indipendentiste del Sud e le manifestazione nel porto di Aden sono sempre più pressanti. Lo Yemen è nel caos.

Negli ultimi dieci giorni, appena dopo una tregua mediata dall’ONU, due attentati suicidi provocano 47 morti e 73 feriti a Sana’a e la morte di 20 soldati a Mukallah, nel Sud.

images-4Contemporaneamente, il Premier designato, Ahmed Awad bin Mubarak, per placare le proteste Houthi che controllano la capitale dal 21 settembre, ha presentato le dimissioni al Presidente Abd Rabbo Mansour Hadi.

Neppure il nuovo Premier, Khaled Bahah, già inviato dell’ONU e scelto fra una rosa di candidati presentata dagli Houthis, è riuscito a fermare l’ondata di attentati e gli scontri fra i gruppi in lotta per il controllo del potere. Infatti, gli Houthis in pochi giorni hanno preso il controllo di Taaz, dei porti di Medi e Dawaymeh al confine con l’Arabia Saudita e della strategica città di Hodeidah sulla costa. Riyad, preoccupata per le sue esportazioni di greggio verso l’Europa attraverso Bab al-Mandab sul Mar Rosso dove si affaccia Hodeidah, ha accusato l’Iran di pilotare e aiutare l’avanzata degli Houthis e ha ottenuto una breve tregua mediata dall’ONU. Contemporaneamente, un convoglio degli Houthis diretti verso Radda, cittadina a sud della capitale e sotto il loro controllo, è stato assaltato da militanti qaedisti di Ansar al-Sharia che hanno provocato 10 morti.

Lo stesso gruppo ha eseguito un attacco suicida a Bayda’a e rivendicato il precedente sequestro di 12 Houthis, nonchè due importanti operazioni militar-terroristiche anche i militanti di “Al Qaeda in the Arabic Peninsula” (AQAP).

Il primo, è nella cittadina di Odayn (200 mila abitanti in provincia di Ibb); ne hanno occupato gli uffici governativi e vi hanno issato la bandiera nera di Daish (Al Dawla, al Islamyyah fi Iraq wa Sham) per sottolineare l’alleanza stretta con la formazione attiva in Siria, Iraq e ai confini con Libano (Fattorie di Sheeba), Turchia (Kobane) e Israele (Alture del Golan).

Il secondo è stato l’assalto all’aeroporto militare di Umm al Maghreb, nella regione centrale dell’Hadramout, vicino al confine saudita, saccheggiandone tutto l’armamento.

I recenti eventi yemeniti, oscurati dalla inarrestabile avanzata di Daish, potrebbero portare a un altro “failed State”, come Libia, Siria e Iraq.

La recente storia del Paese spiega l’unificazione dello Yemen del 1989 come frutto di due leader trovatisi in posizioni opposte. L’ex Presidente Saleh, autorevole, sciita Houthi, appoggiato da USA, Arabia Saudita e componenti del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) al picco della sua autorevolezza, e Salem al-Berdh, sul punto di perdere il potere.

L’unificazione fra i due leader cementata dalla promessa di Saleh di una condivisione di potere si rivela un inganno. La realtà racconta l’immediato depotenziamento delle prerogative di al-Berdh e l’emarginazione socio-economica e politica del Sud.

Saleh attua la stessa strategia di dominio centralizzato anche nei rapporti con il piccolo gruppo tribale del Nord, i suoi correligionari Houthis. Ma la minoranza sciita del Paese conta sull’appoggio iraniano e si dota di un braccio armato e diventa un costante nemico di Sana’a.

Disordini in Yemen ( foto Al Jazeera)

Disordini in Yemen ( foto Al Jazeera)

La deposizione pilotata da USA e Arabia Saudita di Saleh, che può ancora contare su una parte dell’Esercito e sul forte Partito-movimento Al-Islah, può rivelarsi come un altro “vaso di Pandora” scoperchiato. Come accaduto in Libia.

Lo Yemen ha una recente storia di riunificazione, una popolazione la cui età media è di 17,4 anni e un PIL pro capite di 2.470 dollari, ad alto tasso di povertà, ha raggiunto una soglia critica che l’avvicina all’implosione.

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