Un sintetico e ‘incalzante’ aggiornamento sullo stato dei rapporti Israele-Palestina-Hamas….
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
Preceduta dalla Relazione presentata al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU con la raccomandazione di deferire Israele al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, si è aperta il 24 settembre la Sessione straordinaria di due giorni del Tribunale Russell su Gaza.
Il Tribunale Russell è un Tribunale internazionale creato da cittadini impegnati nella promozione di pace e sicurezza nel Medio Oriente.
I lavori sono focalizzati sugli attacchi di Israele contro civili e infrastrutture civili durante la campagna di guerra di 50 giorni dall’ 8 luglio al 26 agosto 2014.
La raccolta informativa è stata elaborata utilizzando rapporti e dati di numerose Istituzioni internazionali e da testimonianze.
I dati.
Recentemente, l’Human Rights Watch ha accusato Israele di aver commesso crimini di guerra nel Rapporto sui tre attacchi contro le scuole di Jabalya, Beit Hanoun e Rafah, dove sono state uccise 45 persone di cui 17 bambini.
Anche ONU e Amnesty International hanno trovato prove di crimini di guerra e contro l’umanità, come già emerso negli altri attacchi a Gaza.
Secondo l’ONU, nei 50 giorni di guerra: 2.131 palestinesi sono stati uccisi, fra i quali – come riferisce l’UNICEF – 501 minori al di sotto dei 12 anni e il 70% di vittime civili; 244 scuole sono state bombardate e una utilizzata come base militare.
Il Ministero della salute di Gaza indica 10.918 feriti fra i quali 3.312 minorenni e 2.120 donne.
L’Organizzazione per i Diritti Umani Al Mezan comunica che 10.920 abitazioni sono state distrutte o gravemente danneggiate e 2.853 rase al suolo, colpite 161 moschee, 8 ospedali di cui la metà resa inagibile, 460 ONG, 50 pescherecci e 24 veicoli, 400 mila gli sfollati.
Le testimonianze.
Il Tribunale raccoglie le testimonianze di esperti e testi che sono stati sul posto, tra cui: il giornalista britannico Paul Mason, di Channel 4 News sul bombardamento delle scuole, il Direttore del Raji Sourani sugli attacchi contri civili, i chirurghi Mads Gilbert e Mohammed Abu Arab sugli attacchi a strutture e operatori medici, il giornalista Martin Le Jenne sui bombardamenti di zone industriali e fabbriche, Ashraf Mashhrawi sugli attacchi contro infrastrutture per energia e rifiuti.
Il Governo israeliano ha impedito l’accesso in Israele, a Gaza e nei territori occupati della Cisgiordania alla delegazione ONU, poi transitata dall’Egitto.
I lavori del Tribunale Russell hanno coinciso con il giorno in cui al Cairo sarebbero dovuti riprendere i negoziati a guida egiziana fra le delegazioni di Israele, dell’ANP, di Fatah e delle formazioni gazawi armate sui temi non affrontati nel cessate il fuoco del 26 agosto.
Nella notte fra il 22 e il 23, a Hebron le “Israel Defence Forces” hanno ucciso Amer Abu Haisha e Marwan Qarameh, responsabili del sequestro e dell’omicidio di tre giovani studenti ebrei nel giugno 2014.
La delegazione palestinese, per protesta, non ha partecipato all’incontro prorogato ad ottobre.
Sull’eventuale proseguimento del negoziato con la delegazione israeliana il gruppo palestinese si presenta diviso e non solo su basi ideologico-politiche. Hamas sa che l’Autorità Nazionale Palestinese di Mahmoud Abbas, Israele e l’ONU hanno un accordo sulla ricostruzione di Gaza.
In sostanza, il movimento islamico va escluso, pena l’interruzione dei finanziamenti da parte dei Paesi donatori che si riuniranno alla fine di ottobre in Egitto, e all’ONU spetta il controllo sull’ingresso del materiale edile per evitarne l’uso per fini militari. E Hamas conosce il livello di corruzione che coinvolge Fatah e l’ANP.
In questo quadro, la sera del 25 settembre, al Cairo, i movimenti Hamas e Fatah hanno siglato un Accordo che prevede: l’Esecutivo di Unità Nazionale presieduto da Mohamed Abbas subentrerà al Governo di Hamas nella Striscia di Gaza e prenderà il controllo del valico di Rafah e del corridoio Philadelphia; le modalità di controllo degli altri valichi saranno decisi dalle Nazioni Unite e dal Governo di Unità Nazionale in vista dei negoziati con Israele nel mese di ottobre; l’ANP pagherà lo stipendio ai 45 mila dipendenti del disciolto Governo Hamas (27 mila civili e il resto militari) come promesso ad aprile ma non ancora fatto.
Hamas conosce il livello di corruzione che permea Fatah e l’ANP. Hamas conosce la distanza fra la popolazione palestinese e la leadership: anche dal quotidiano israeliano Haaretz si può sapere che negli ultimi due mesi in Cisgiordania sono stati arrestati 760 palestinesi di cui 260 minori fra i 9 e i 12 anni senza che Fatah e l’ANP siano intervenuti.
Hamas vede che i 5 valichi, di cui l’Accordo del 26 agosto prevedeva l’apertura, restano chiusi e sa che con questi ritmi non basteranno 20 anni per ridare le abitazioni ad oltre 100.000 rimasti senza tetto. Vede sempre più gazawi che, senza speranza, lasciano la Striscia di Gaza per raggiungere, via Egitto o Libia, l’Europa, o morire in mare, invece che sotto le bombe israeliane.
E tutto questo mentre Mahmoud Abbas anticipa che all’Assemblea ONU prevista a fine settembre chiederà l’appoggio per presentare al Consiglio di Sicurezza ONU una Risoluzione che stabilisca la calendarizzazione del ritiro di Israele dai Territori Occupati nel 1967 altrimenti si rivolgerà alla Procura Internazionale, Hamas ha già appreso che lo stesso Abbas ha rifiutato di firmare lo Statuto di Roma che consente l’accesso alla Corte Penale Internazionale.
Hamas vede che, nell’indifferenza dell’A.N.P., il primo convoglio umanitario con medicine, alimenti, materiale scolastico e autoambulanze è rimasto fermo 72 giorni in attesa dei permessi di transito e valico confinario.
Le prime visite per la distribuzione di cibo è stata fatta nel quartiere di Shejaya dove chi vi abitava vive sulle macerie. La stessa situazione è a Khan Younis, Nuseirat, Jabalya, Rafah, Zitun. E nelle scuole dell’UNWRA non trovano alunni, ma sfollati.
L’eventuale ripresa dei colloqui tra le delegazioni di Israele e di ANP-Fatah-Hamas non porterà alcun risultato positivo per la Striscia di Gaza.
Gli eventi geopolitici che stanno sconvolgendo la regione hanno tolto centralità alla questione palestinese ormai da tempo. E Israele non ha solo il sostegno statunitense che gli assicura il veto in sede di C.d.S. ONU ma conta pure su Arabia Saudita, Egitto, Giordania e della maggioranza dei Paesi della Lega Araba.
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